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Speranza e felicità, come siamo messi per il 2022?

Posted by Valentina Beretta on
Speranza e felicità, come siamo messi per il 2022?

Cosa ci riserverà il 2022? E con quale stato d’animo lo affrontiamo? Inutile sottolineare che gli ultimi due anni  – più o meno – hanno condizionato la vita di tutti, sul Pianeta. E se il virus è ancora il protagonista dei pensieri dei cittadini, quali sono gli atteggiamenti verso tutti gli aspetti dell’esistenza? A queste domande ha cercato di rispondere il sondaggio di Fine Anno – la storica rilevazione condotta a livello globale fin dal 1979 dagli istituti di ricerca appartenenti al network Gallup International, di cui BVA Doxa è parte ed è responsabile della raccolta dati in Italia. Realizzata in più di 40 Paesi e basata su oltre 40.000 interviste, la ricerca è una tradizione consolidata in tutto il mondo, con i suoi Hope e Happiness Index e il tracking relativo all’andamento delle aspettative sulla congiuntura economica.

Il sentiment in Italia… 

Ottimisti o pessimisti? Uguali nel sentire sia al Nord sia al Sud dello Stivale? Insomma, come vivono il momento gli italiani e come si aspettano il futuro prossimo? Quasi la metà dei nostri connazionali (il 48%) afferma che l’anno prossimo sarà del tutto simile al 2021, mentre la quota di chi crede che il 2022 sarà peggiore del 2021 si attesta al 36%. Solo poco più di un italiano su dieci (14%) vede nel 2022 un anno migliore rispetto a quello che sta per concludersi. I giovani, i laureati e i cittadini del Nord-Ovest risultano più ottimisti guardando al 2022, mentre i più pessimisti sono gli over 54 e i residenti al Nord-Est. Sul fronte delle aspettative sulla congiuntura economica, la maggioranza degli italiani crede che il 2022 sarà caratterizzato da difficoltà (il 46%) o da una situazione equivalente a quella già vissuta nel 2021 (41%). Anche in questo caso, un italiano su dieci è convinto che il 2022 sarà un anno di prosperità economica. Nonostante il quadro dettato dall’emergenza pandemica, i giovani sono più positivi anche sulla possibilità di superare le difficoltà economiche. Nonostante la pandemia non stia lasciando ampi spazi a scenari diversi da quelli vissuti quest’anno, sembra che tra gli Italiani prevalgano sensazioni positive: il 39%, infatti, si dice felice, contro solo un 7% che si dichiara infelice, mentre la maggioranza si dice né felice né infelice (53%). Anche in questo caso, i giovani italiani, insieme ai laureati e ai cittadini del centro Italia sono le persone più felici del nostro Paese. Il Nord-Est, al contrario, si conferma l’area con la quota più elevata di pessimisti.

… e nel resto del mondo

A livello globale, il 38% della popolazione mondiale pensa che il 2022 sarà migliore del 2021, il 28% si aspetta un anno peggiore e il 27% crede che il 2022 sarà uguale al 2021. Il quadro appare simile a quanto si rilevava a fine 2020. Quanto al confronto con il passato recente, il 2008 resta ancora l’anno in cui si è registrato il tasso più alto di pessimismo nei confronti del futuro a livello globale. Secondo l’Hope Index di Gallup International Association, dato dalla differenza tra le risposte “migliore” e “peggiore” date dai cittadini in tutto il mondo alla domanda circa le aspettative sul nuovo anno, la top 5 dei Paesi ottimisti è la seguente: Indonesia (+72), Albania (+65), Azerbaijan (+53), Nigeria (+51), Messico e Vietnam (entrambi con punteggio +47).
La top 5 dei Paesi meno ottimisti, al contrario, vede la Turchia e la Bulgaria al primo posto (entrambe con un punteggio di -34), seguite da Afghanistan (- 32), Polonia (-30) e Repubblica Ceca (-25). 

Economia

Credito al consumo in crescita, +18,8% rispetto al 2020

Posted by Valentina Beretta on
Credito al consumo in crescita, +18,8% rispetto al 2020

Nei primi nove mesi del 2021 i flussi di credito al consumo registrano una crescita del +18,8% rispetto al 2020. I volumi però non tornano ai livelli pre-pandemia: il confronto con i primi nove mesi 2019 evidenzia infatti ancora una contrazione (-9.7%). Tuttavia, nel corso del 2021il gap si riduce progressivamente, in particolare nel terzo trimestre. I prestiti personali sono il prodotto che più ha risentito degli effetti della crisi, segnando -18.1% sui flussi erogati rispetto al 2019. Sulla domanda incide ancora la prudenza verso impegni finanziari maggiori, e sull’offerta la maggiore attenzione al merito creditizio dei richiedenti, anche a seguito di normative prudenziali più stringenti.
Sono alcune evidenze emerse dalla 51a edizione dell’Osservatorio sul Credito al Dettaglio, realizzato da Assofin, CRIF e Prometeia.

Mutui immobiliari, prosegue il trend positivo
Le erogazioni di mutui immobiliari alle famiglie nei primi nove mesi del 2021 registrano una crescita del +21,3%, e il confronto sul periodo corrispondente del 2019 restituisce un incremento ancora più elevato: +36,8%. Trainano la crescita i mutui con finalità d’acquisto (+39,8%), che rappresentano il 79% dei flussi finanziati superando il valore pre-pandemia (75%). Il trend ha beneficiato dei tassi di riferimento ancora ai minimi storici e degli incentivi governativi. Il comparto sta inoltre fornendo un contributo alla transizione ‘verde’ dei consumi attraverso l’offerta di mutui green, che incidono per l’8% sul totale mutui acquisto. Le surroghe invece nel terzo trimestre 2021 accentuano il calo (-45,6%) per via dell’esaurimento dei contratti in essere che potrebbero migliorare le condizioni economiche applicate.

L’analisi della rischiosità
Il rischio di credito si colloca, rispetto al totale dei prestiti alle famiglie, sul livello più basso degli ultimi anni, con il tasso di default 90 past due che a settembre 2021 si posiziona all’1,2%.
La contrazione dei trimestri centrali del 2021 coinvolge sia i prestiti finalizzati (0,8% a settembre 2021) sia i prestiti personali (1,9%). Anche per i mutui immobiliari il tasso di default a 90 giorni segue un percorso di riduzione, passando dall’1,2% di marzo 2021 allo 0,7% di settembre. Al mantenimento di un’elevata qualità del credito hanno contribuito, oltre agli strumenti di sostegno del reddito, anche l’atteggiamento responsabile delle famiglie e i tassi di interesse confermati dalla BCE ai minimi storici.

Le prospettive per il biennio 2022-23
Lo scenario macroeconomico considerato dall’Osservatorio rimane cautamente ottimistico, ma un elemento cruciale sarà la capacità delle istituzioni di attuare nei tempi e nei modi concordati con la Commissione europea gli interventi previsti dal PNRR. Dopo il rimbalzo del 2021 i flussi complessivi di credito al consumo nel biennio 2022-23 consolideranno una crescita guidata dai prestiti finalizzati, mentre sarà più lento il recupero dei prestiti personali. Sul fronte delle politiche di offerta, la solvibilità della clientela resterà un elemento decisivo, soprattutto nel 2022, quando il termine delle moratorie e la riduzione degli interventi di sostegno porterà a un peggioramento della rischiosità.

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Il bonus prima casa si può ottenere due volte

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Il bonus prima casa si può ottenere due volte

L’agevolazione fiscale sull’acquisto della prima casa, meglio nota come bonus prima casa, spetta a chi compra un immobile nel Comune ove ha la residenza e dove non possiede altre abitazioni. Inoltre, non deve essere proprietario di altro immobile per il quale, in precedenza, abbia già usufruito della medesima agevolazione fiscale. Ciò induce a pensare che l’acquisto di una seconda casa non possa scontare di nuovo il bonus. Non è però sempre così. Secondo l’interpretazione giurisprudenziale, è possibile ottenere una seconda volta il bonus prima casa quando il contribuente è costretto a cambiare abitazione perché la precedente è divenuta oggettivamente inidonea all’uso.  Come spiega laleggepertutti.it, l’esempio tipico è quello di una casa ormai inagibile a seguito di un terremoto, o perché sottoposta a un ordine del Comune di ristrutturazione. Si pensi anche al caso di una coppia, che avendo avuto figli, non possa più a vivere nella precedente abitazione perché troppo piccola rispetto alle mutate esigenze del nucleo familiare.

Ampliamento dell’appartamento

La Suprema corte ha ricordato che in tema di agevolazioni prima casa ‘l’idoneità’ dell’abitazione pre-posseduta va valutata sia sotto il profilo oggettivo (effettiva inabitabilità), sia sotto quello soggettivo (fabbricato inadeguato per dimensioni o caratteristiche qualitative), nel senso che il beneficio trova applicazione anche nell‘ipotesi di disponibilità di un alloggio che non sia concretamente idoneo, per dimensioni e caratteristiche complessive, a soddisfare le esigenze abitative dell’interessato.

Acquisto di un alloggio adiacente 

Una seconda ipotesi in cui si può usufruire una seconda volta del bonus prima casa si verifica quando si acquista un appartamento adiacente al primo per poterlo allargare. Anche in questo caso, il contribuente che ha già ottenuto il bonus prima casa per l’acquisto del precedente appartamento può estendere la medesima agevolazione anche sull’acquisto del secondo, se dimostra di avere ampliato l’abitazione principale perché divenuta inidonea all’uso. Condizione per poter fruire dell’agevolazione è che l’alloggio non sia di lusso, ovvero, che non sia accatastato nelle categorie A/1, A/8 o A/9, indipendentemente dai metri quadri di ampiezza.

Procedere all’unificazione dei locali entro tre anni dal rogito

Per come chiarito già dalla Cassazione, i benefici per l’acquisto della prima casa possono quindi essere riconosciuti anche quando siano più di una le unità immobiliari contemporaneamente acquistate. Sono però necessarie due condizioni: la destinazione di queste unità nel loro insieme a costituire un’unica unità abitativa, e la qualificabilità come alloggio non di lusso dell’immobile ‘unificato’.
L’agevolazione presuppone che entro il termine di tre anni dalla registrazione deve essere dato effettivo seguito all’impegno assunto dai contribuenti, in sede di rogito, di procedere all’unificazione dei locali. Tale principio è stato poi esteso dalla stessa Agenzia delle Entrate agli atti di acquisto tra loro successivi se caratterizzati dall’accorpamento di unità immobiliari confinanti.

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La tecnologia facilita la qualità della vita: i trend digitali del futuro

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La tecnologia facilita la qualità della vita: i trend digitali del futuro

Samsung Electronics Italia celebra i suoi 30 anni in Italia, e per l’occasione rilascia i dati di una ricerca condotta in collaborazione con il Politecnico di Milano. Obiettivo, delineare le tendenze e gli scenari digitali del futuro connessi alle aspettative degli italiani nei confronti delle aziende tecnologiche e delle loro innovazioni. E sviluppo sostenibile, miglioramento della qualità della vita e remotizzazione sono i macro-trend emersi dalla ricerca. Tecnologia, quindi, come facilitatore per la qualità di vita delle persone e come mezzo prezioso per migliorare il mondo in cui viviamo, rendendolo più sostenibile, sicuro, accessibile ed equo. Questo è il potenziale che gli italiani attribuiscono all’innovazione, sempre più centrata sull’uomo e capace di supportare e spingere il progresso sociale. 

Il digitale contribuisce a ridurre l’impatto ambientale

Secondo la ricerca il 62% degli italiani pensa che il digitale possa contribuire alla riduzione dell’impatto ambientale, il 49% lo reputa motore di progresso sociale e il 47% strumento per la promozione di una società più equa e inclusiva. La smart home è il luogo da dove partire per ridurre il proprio impatto sull’ambiente: il 54% associa la casa intelligente alla possibilità di controllare e ridurre i consumi. Ma la sostenibilità è anche tra le caratteristiche della città intelligente: la smart city deve rispecchiare l’idea di un luogo sostenibile nel rispetto del pianeta e delle esigenze del singolo (48%). L’87% degli intervistati è inoltre fiducioso nell’impatto positivo della tecnologia sulla qualità dell’istruzione, e il 30% immagina che la realtà aumentata consentirà di seguire lezioni in aula o da remoto completamente immersive e interattive. 

Dispositivi per la salute e sicurezza della smart city

Le nuove tecnologie sono sempre più associate al miglioramento delle aspettative di vita. La diffusione di dispositivi per la salute risulta essere il fattore più interessante per il 58% degli italiani, mentre la sicurezza è una delle principali caratteristiche cercate dagli intervistati nella casa del futuro (46%). Non è tutto. La sicurezza si conferma fra le tematiche più sentite dagli italiani anche nel contesto cittadino. In una smart city, la presenza di tecnologie per il monitoraggio di situazioni di pericolo e telecamere intelligenti per il rilevamento di situazioni pericolose sono ritenute interessanti da rispettivamente l’81% e il 76% degli intervistati.

Remotizzazione e casa intelligente

Se prima dell’emergenza sanitaria la tendenza alla remotizzazione riguardava prevalentemente il mondo dell’impresa ora il concetto si è esteso. Remotizzazione infatti viene associato sempre più spesso anche alla casa intelligente. Secondo il 34% degli italiani smart home significa poter aver il controllo della propria abitazione da qualsiasi luogo, e per il 65% la tecnologia attuale è già in grado, o sarà entro i prossimi 5 anni, di rendere un’abitazione totalmente autonoma e domotica. Ma per migliorare la qualità della vita è necessario che le aziende tecnologiche mettano al centro della propria strategia la sostenibilità, la formazione e una maggiore accessibilità della tecnologia. Questo è ritenuto cruciale, rispettivamente dal 54%, 27% e 19% degli intervistati.

Economia

Da novembre 2020 i prestiti bancari alle imprese tornano a scendere

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Da novembre 2020 i prestiti bancari alle imprese tornano a scendere

Grazie al ‘Cura Italia’, al ‘Decreto Liquidità’ e al ‘Garanzia Italia’, tra la fine di febbraio e novembre 2020 gli impieghi bancari al lordo delle insolvenze hanno subito un’impennata, che ha permesso di invertire una tendenza negativa che durava ininterrottamente dall’agosto del 2011. Nel periodo più ‘nero’ della pandemia gli impieghi bancari lordi erogati alle imprese sono infatti aumentati di oltre 40 miliardi. Successivamente, il flusso dei prestiti alle imprese è tornato a scendere, e tra il mese di novembre dell’anno scorso e il mese di agosto 2021 il flusso si è contratto di 22 miliardi, portando lo stock complessivo dei prestiti a quota 732,2 miliardi. In pratica, a partire da novembre 2020 i prestiti bancari alle imprese sono tornati a scendere.

In un anno la riduzione è stata di quasi 9 miliardi di euro

Solo nell’ultimo anno, da agosto 2020 su agosto 2021, la riduzione è stata di quasi 9 miliardi di euro, precisamente, 8,9 miliardi di euro. Questo, nonostante durante l’anno in corso i principali istituti di credito italiani abbiano registrato utili importanti, e in alcuni casi anche miliardari. Da quanto emerge dai dati indicati dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre, se poi si allarga l’arco temporale di osservazione di questo fenomeno agli ultimi 10 anni, il crollo è stato pesantissimo: pari a -267,6 miliardi di euro. Almeno in quest’ultimo anno, sottolinea la Cgia, è però difficile comprendere le ragioni di questa tendenza.

Le misure restrittive in materia di valutazione del credito

Nonostante le garanzie pubbliche messe in campo e rifinanziate anche per il 2022, pare che a seguito delle misure restrittive in materia di valutazione del credito introdotte a livello europeo dopo le crisi 2008-2009 e 2012-2013, per gli istituti di credito erogare liquidità alle imprese non costituisce più un grande ‘affare’. Nel mercato creditizio del nostro Paese il ruolo delle grandi banche, fa sapere l’Ufficio studi della Cgia, è determinante. Secondo la Banca d’Italia, nel 2020 erano 11 gli istituti di credito classificati come significativi, e a questi era riconducibile l’80%o circa delle attività complessive del sistema.

È il Lazio registra la regione con la contrazione più significativa: 42,2 miliardi

Sebbene il fenomeno riguardi un po’ tutte le regioni italiane, tra le regioni più importanti del Paese è il Lazio la realtà che ha registrato la contrazione in termini percentuali più significativa sia nell’ultimo anno, ovvero da agosto 2020 ad agosto 2021, sia nell’ultimo decennio (agosto 2011 su agosto 2021). Nel primo caso, riporta Ansa, la riduzione degli impieghi bancari lordi alle imprese è scesa di 6,2 miliardi (-7,8%), nel secondo caso, di 42,2 miliardi (-36,5%).

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Stranieri in azienda: dall’Ipsos il punto sulle difficoltà e opportunità

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Stranieri in azienda: dall’Ipsos il punto sulle difficoltà e opportunità

Quante aziende italiane, in percentuale, hanno dipendenti stranieri? Qual è il loro apporto e quali difficoltà incontrano nel nostro Paese, anche in seguito alla pandemia? Risponde a queste e molte altre domande “Difficoltà ed opportunità d’inclusione degli stranieri in azienda”, indagine Ipsos condotta per l’UN Global Compact Network Italia, la realtà con la quale nel nostro Paese opera il Global Compact delle Nazioni Unite con obiettivi di sviluppo, sostenibilità e responsabilità d’impresa. 

I risultati del sondaggio sono stati presentati recentemente, durante la 6° edizione dell’Italian Business & SDGs Annual Forum, l’appuntamento annuale che costituisce un’occasione di dialogo e confronto sul ruolo del settore privato nel raggiungimento degli obiettivi per lo sviluppo sostenibile indicati dalle Nazioni Unite.

I diversi profili del lavoratore straniero

I dati raccolti dall’indagine Ipsos identificano un panorama molto variegato in termini di figure professionali, motivazioni e percentuali. Per iniziare dai numeri, più del 72% delle aziende ha almeno un dipendente straniero arrivato in Italia per motivi legati a scelte non forzate dalla necessità economica o di sicurezza personale, il 45% ha almeno un migrante e il 9% impiega almeno un richiedente asilo o rifugiato politico. Le principali motivazioni all’inserimento degli stranieri risultano essere la necessità di manodopera, ma in un contesto in cui più del 70% delle aziende considera maggiori le opportunità rispetto alle difficoltà dell’inserimento degli stranieri. Da notare che, per quanto riguarda l’inserimento degli stranieri arrivati in Italia per motivi legati a scelte non forzate dalla necessità economica o di sicurezza personale, le opportunità risultano essere sostanzialmente maggiori rispetto all’inserimento degli stranieri migranti, rifugiati politici o richiedenti asilo. In particolar modo, si evidenza la differenza nell’opportunità di aumentare la propensione all’innovazione (59% vs 34%).

Pochi pregiudizi, tante difficoltà liguistiche

Sul fronte delle difficoltà, quelle linguistiche sono le principali seguite da quelle organizzative, mentre i pregiudizi culturali da parte di tutte le componenti aziendali sono considerati ostacoli all’inclusione in minima parte. Rispetto alle misure introdotte, si rilevano percentuali molto basse di programmi di formazione e iniziative di diverso tipo. Mentre si evidenzia la presenza leggermente maggiore di misure come la traduzione delle informazioni in più lingue (23%) e le ferie basate su particolari festività religiose (16%).

L’impatto del Covid-19 sull’inclusione

Per quanto riguarda l’impatto della pandemia, le aziende intervistate rilevano un  impatto negativo sul piano economico e psicologico degli stranieri con una percentuale molto bassa, il 5%. Infine, poco più del 60% ritiene che a causa del Covid-19 il tema della multiculturalità in azienda subirà un rallentamento; ben il 54% sostiene però che sarà momentaneo.

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Italiani e passioni: vince il collezionismo di libri, computer, fotografia e moda

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Italiani e passioni: vince il collezionismo di libri, computer, fotografia e moda

La passione è un tratto distintivo del carattere degli italiani, e quando si parla di passioni che durano nel tempo non siamo secondi a nessuno. Oltre il 94% degli italiani, la percentuale più alta in Europa, coltiva almeno una passione nella propria vita, e con una media di 4,7 passioni a testa guidiamo la classifica tra gli europei. Ma gli italiani sono anche i più inclini a collezionare, soprattutto libri, computer, fotografia e moda. Il 42% dichiara infatti di dedicarsi almeno a una collezione, e il 16% sta pensando di iniziarne una nuova. Sono alcuni risultati emersi dalla ricerca sulle passioni realizzata da Catawiki, la piattaforma di aste online per oggetti speciali, e condotta da YouGov in cinque paesi europei su più di 6.000 partecipanti. 

Coltivare una passione richiede impegno, dedizione e tempo

Sul podio delle passioni degli italiani spiccano i libri (44%) seguiti dal computer (32%) e la fotografia (26%). A conferma che l’Italia è anche un paese di ‘fashion victim’, seguono moda (23%), e borse e accessori (21%). Ma come nasce una passione e quando viene coltivata? Quasi la metà degli intervistati (49%) dichiara di “aver sempre avuto questa passione”, mentre il 21% “cercava un modo per occupare il tempo libero”. Coltivare una passione richiede impegno, dedizione e tempo: il 67% degli italiani lo fa almeno una volta alla settimana. E se cercare informazioni sul web o sui social è fondamentale per il 57% degli intervistati, il 30% guarda contenuti legati alla propria passione, oppure compra qualcosa in più (35%) e partecipa a eventi o esperienze live (20%)

Condividere la propria passione è importante per il 37% degli italiani 

La passione significa felicità per il 70% degli intervistati, ma il tempo è uno dei maggiori vincoli per poterla vivere a pieno. Quasi il 60% afferma di perdere la cognizione del tempo quando è impegnato con la propria passione, e il 56% ha dichiarato che ne coltiverebbe di nuove se avesse più tempo. Più della metà vorrebbe trasformare la propria passione in un lavoro, e meno di 1 su 5, il 19%, ha la fortuna di farlo già. Ma per gli italiani passione significa anche condivisione. Nonostante la sfera personale rimanga preminente, la condivisione è importante per il 37% degli italiani, e il 57% dichiara che “tutti sono a conoscenza” della loro passione.

La pandemia non ha cambiato le abitudini di spesa

Il 35% spende in media 117 euro al mese per acquistare oggetti legati alla propria passione. E l’indagine mostra, come riporta Ansa, che gli italiani sono i più inclini a risparmiare per la loro passione (37%). La pandemia ha cambiato il tempo che gli italiani dedicano alle passioni, ma non le abitudini di spesa, consentendo di “rinnovare le nostre passioni” (45%) o di “iniziarne di nuove” (28%), come la lettura. Una grande percentuale di connazionali, quasi uno su cinque, (19%), dall’inizio della pandemia considera anche la possibilità di vivere della propria passione.

Economia

Il mercato delle criptovalute supera 2 mila miliardi di dollari

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Il mercato delle criptovalute supera 2 mila miliardi di dollari

Nel mese di settembre 2021 il valore totale del mercato delle criptovalute ha superato 2.000 miliardi di dollari, una cifra dieci volte superiore rispetto all’inizio del 2020. In particolare, i soli stablecoin hanno toccato quota 120 miliardi, quadruplicando il valore dall’inizio dell’anno. Il calcolo è del Global financial stability report del Fondo monetario internazionale. Secondo l’Fmi, insieme a “un nuovo mondo di opportunità”, crescono anche sfide e rischi. E se finora gli incidenti registrati “non hanno avuto un impatto significativo, man mano che il settore diventerà sempre più mainstream, la loro importanza in termini di implicazioni potenziali per tutta l’economia è destinata ad aumentare”, si legge nel report. In particolare, l’Fmi mette in guardia sui rischi che corrono i consumatori. Di oltre 16.000 token quotati in vari scambi, soltanto 9.000 esistono ancora oggi, mentre il resto si è volatilizzato in varie forme.

Pericolose lacune di dati dovute all’anonimato delle criptoattività 

Questo perché, ad esempio, molti token non hanno più volume sufficiente o perché gli sviluppatori si sono ritirati dal progetto. O anche perché erano stati creati per mera speculazione o direttamente con intenzioni fraudolente. Inoltre, osserva il rapporto, l’anonimato delle criptoattività crea lacune di dati per i regolatori e può aprire le porte al riciclaggio o al finanziamento del terrorismo. Per quanto le autorità siano in grado di tracciare le transazioni illecite, possono avere difficoltà a risalire alle parti coinvolte. Senza dimenticare che la differenza delle cornici regolatorie tra i vari Paesi complica il coordinamento, con molte transazioni che avvengono tra entità che operano principalmente in centri finanziari offshore. “Ciò – avverte il Fondo – rende la supervisione e il controllo non solo complicato, ma quasi impossibile senza collaborazione internazionale”.

I rischi legati alla criptizzazione dell’economia

A preoccupare gli economisti di Washington è anche il rapido diffondersi delle criptoattività nei Paesi emergenti e in via di sviluppo. 
“Guardando al futuro – avverte il Gfsr – un’adozione così rapida e diffusa può porre significative sfide rafforzando la dollarizzazione dell’economia, o in questo caso la criptizzazione, con i cittadini che cominciano a usare criptovalute al posto della moneta locale. E ciò può ridurre la capacità delle banche centrali di condurre con efficacia la propria politica monetaria”. Le criptoattività potrebbero inoltre favorire l’evasione fiscale e i deflussi di capitale. 

La regolamentazione degli stablecoin

Di qui l’esortazione del Fondo ad agire in modo deciso, rapido e ben coordinato a livello globale, riporta Agi. Cinque sono i suggerimenti che arrivano da Washington, e il primo è l’invito a regolatori e supervisori a monitorare il rapido sviluppo di questo ecosistema e i rischi che può porre, affrontando il nodo della carenza di dati. I regolatori nazionali, inoltre, dovrebbero dare la priorità all’applicazione degli standard globali esistenti. E quanto al ruolo degli stablecoin, la regolamentazione “dovrebbe essere proporzionata ai rischi che pongono e alle funzioni che svolgono, allineandola a quella di altre entità che forniscono strumenti simili, come depositi bancari o fondi monetari di mercato”.

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Estate 2021, la rivincita della campagna e degli agriturismi

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Estate 2021, la rivincita della campagna e degli agriturismi

L’estate 2021 sarà ricordata per la ripresa dei viaggi e delle vacanze, ma soprattutto per il successo degli agriturismi. Anche se le limitazioni sono state allentate, i turisti – sia italiani sia stranieri – hanno comunque privilegiato formule di soggiorno che mettevano in primo piano la sicurezza e il distanziamento, senza per questo rinunciare alla bellezza e alla possibilità di vivere esperienze inedite. Da qui, il vero e proprio boom delle location rurali con gli ampi spazi, i ritmi, il contatto con la natura, le atmosfere familiari ed il buon cibo. “Tocca ora riuscire a cogliere questa opportunità contribuendo, con le nostre offerte uniche, alla promozione dei territori rurali, una ricchezza nazionale da valorizzare di più” ha detto Augusto Congionti, presidente di Agriturist, facendo un bilancio dell’estate e delineando le prospettive per il settore.

Stagione da record

In base ai dati registrati, è evidente che la stagione 2021 è stata decisamente migliore dello scorso anno e, spesso, addirittura meglio del 2019 e le presenze hanno tenuto anche per tutto settembre. A seguito della pandemia, sottolinea l’associazione che riunisce le aziende agrituristiche di Confagricoltura, sono cambiate diverse abitudini di viaggio, comprese quelle relative alle prenotazioni: si sono visti meno last minute, soggiorni più lunghi e maggiore attenzione alla sicurezza. A riscoprire la vacanza in campagna, oltre alle famiglie con bambini, anche moltissimi i gruppi di giovani, che hanno premiato soprattutto le strutture vicino al mare o quelle che offrono percorsi esperienziali, capaci, attraverso la scelta di attività inconsuete per chi vive in città, di renderli protagonisti della propria vacanza. Per quanto riguarda la composizione delle presenze nelle 24.000 strutture, il 70% è rappresentato dagli italiani – con punte del 90% ad agosto – , mentre il 30% è la componente straniera.

Tutto esaurito dal Nord al Sud dell’Italia

Il buon andamento della stagione ha riguardato tutto lo Stivale, anche se con alcune differenze. Ad esempio in Costiera Amalfitana, Sorrentina e in Veneto le città d’arte come Venezia, Verona, Vicenza e Padova hanno attirato molti stranieri, mentre Belluno ha fatto il pieno con soggiorni italiani. Positivo anche il bilancio della Toscana, molto buoni i risultati in Piemonte, che ha registrato numerose presenze di turisti stranieri “di prossimità”, e bene anche l’andamento della Liguria, che ha visto molti arrivi dall’Est Europa. Il Lazio segnala un andamento positivo, in particolare, vicino ai laghi con presenze estere prevalenti e in Maremma laziale, bene anche le strutture vicine alla Capitale che offrono attività e ristorazione. La regina dell’estate si conferma la Puglia, che ha messo a segno il pieno di prenotazioni già da maggio.

Economia

Italia, ad agosto i mutui più bassi del mondo

Posted by Valentina Beretta on
Italia, ad agosto i mutui più bassi del mondo

Chi sta progettando di comprare casa è ancora in tempo: mai come in questo momento i tassi per i mutui sono particolarmente vantaggiosi. E nel nostro paese, stando alle rilevazioni, ancora di più: ad agosto, ad esempio, i tassi dei mutui italiani si sono posizionati tra i più bassi del mondo. A dirlo sono Facile.it e Mutui.it che hanno analizzato gli indici registrati in 14 Stati scoprendo come, fra questi, l’Italia sia la nazione dove chiedere un mutuo costa meno.

Come è stata condotta l’analisi comparativa con i paesi europei…

L’analisi, effettuata sui valori registrati ad agosto, ha considerato un immobile dal valore di 180.000 euro, una richiesta di finanziamento di 120.000 euro ed un piano di restituzione pari a 20 anni. In Italia, nel periodo di riferimento, questo tipo di finanziamento era indicizzato con taeg tra 0,88% e 0,98% se fisso e fra 0,67% e 0,77% se variabile. Senza dubbio il migliore fra le 14 nazioni dell’indagine.
Guardando unicamente al tasso fisso e al taeg, in Europa si avvicina ai valori italiani solo la Germania, dove il mutuo viene indicizzato a partire dall’1,18%. Fanno peggio, invece, alcuni Stati europei che, tradizionalmente, avevano tassi di interesse più simili a quelli del nostro Paese: è il caso della Spagna, dove il finanziamento è indicizzato dall’1,64%, e del Portogallo (a partire dall’1,91%).
Sempre restando entro i confini del Vecchio Continente, dall’analisi è emerso come le indicizzazioni del tasso fisso, considerando ancora una volta il taeg, partano dal 2,30% in Norvegia e dal 2,40% nel Regno Unito. Sebbene per queste due nazioni sia stato possibile rilevare solo il tan e non il taeg, è evidente come anche in Albania e in Grecia i mutuatari si trovino a pagare tassi notevolmente maggiori e pari, rispettivamente, al 3,00% e al 3,20%. Anche rispetto al tasso variabile (considerando il taeg), in Europa, tra i Paesi analizzati, nessuno fa meglio dell’Italia e le offerte rilevate partono dall’1,53% della Spagna fino all’1,95% del Portogallo.

… e con il resto del mondo

L’indagine ha però varcato anche i confini dell’Europa e ha esplorato le condizioni applicate ai finanziamenti anche in altre parti del mondo, considerando come indice di riferimento di ciascuna nazione, il tan, e non il taeg. Guardando ai tassi fissi, gli indici partono dall’1,44% in Canada, dall’1,89% in Australia, dal 2,13% in Giappone e dal 2,25% negli Stati Uniti. Per quanto concerne i tassi variabili, invece, il Canada è l’unico Stato che, con un tan dello 0,98%, si avvicina a quello del nostro Paese; continuando l’analisi extra-europea i valori rilevati partono dall’1,41% in Giappone, dall’1,83% negli Stati Uniti, fino all’1,85% dell’Australia. Appaiono invece altissimi i tassi applicati da alcuni stati come la Russia e il Brasile: qui i tassi fissi partono, con una differenza enorme rispetto a quelli italiani, rispettivamente dal 4,95% e dal 6,70%.