Valentina Beretta


Economia

PMI europee, le priorità per il 2024 sono lo sviluppo tecnologico e l’acquisizione di nuovi clienti

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PMI europee, le priorità per il 2024 sono lo sviluppo tecnologico e l’acquisizione di nuovi clienti

Qonto, soluzione specializzata nella gestione finanziaria delle aziende in Europa, ha presentato il suo primo rapporto sullo stato delle piccole e medie imprese (PMI) europee nel 2023. I dati, ottenuti attraverso una collaborazione con la società di ricerca di mercato Appinio e un sondaggio condotto su 2.000 dirigenti aziendali e responsabili finanziari in Francia, Germania, Italia e Spagna, evidenziano il buon andamento delle imprese europee nel 2023, con prospettive positive anche per il 2024. Tuttavia, emergono preoccupazioni riguardo alle incertezze macroeconomiche, in particolare legate all’inflazione e agli eventi geopolitici. La priorità per il 2024 per le PMI europee è lo sviluppo tecnologico e l’acquisizione di nuovi clienti.

Il 2023? Una buona annata per il business

Il 2023 è stato considerato un anno più che soddisfacente per la maggior parte delle PMI nei quattro paesi analizzati. Il 71% dei dirigenti ha dichiarato che le performance aziendali hanno superato le aspettative, con solo il 5% che non ha raggiunto i target prefissati. In Italia, il 63% degli intervistati ha riferito di risultati migliori o decisamente migliori del previsto, mentre in Francia questo dato è del 68%. Le PMI tedesche (78%) e spagnole (75%) hanno superato significativamente le aspettative.

L’inflazione è la principale preoccupazione

L’inflazione è emersa come la principale preoccupazione, seguita dalla mancanza di richieste e dagli eventi geopolitici. In Germania, il 68% delle PMI ha indicato l’inflazione come principale ostacolo, seguito dal 61% in Spagna. In Francia e in Italia, almeno il 50% ha menzionato l’inflazione come un problema. Oltre all’inflazione, la mancanza di domanda è stata citata dal 57% delle aziende, mentre eventi geopolitici sono stati menzionati da quasi un terzo.

Le sfide variano anche a livello locale. Ad esempio, la concorrenza è stata indicata come un problema dal 38% degli imprenditori italiani e dal 28% di quelli francesi, ma solo dall’11% in Germania. La mancata digitalizzazione è un aspetto rilevante in Italia e Germania (rispettivamente 15% e 16% degli intervistati), meno in Francia e Spagna.

Ottimismo per il futuro

Per il 2024, nonostante le sfide, l’ottimismo è elevato. L’85% degli intervistati italiani si sente ottimista riguardo alla crescita dei ricavi nel prossimo anno, seguito dal 86% in Spagna, 84% in Germania e 74% in Francia. La priorità per gli investimenti nel 2024 riguarda la tecnologia e la digitalizzazione, con il 38% degli imprenditori italiani e il 28% di quelli francesi che vedono la concorrenza come un problema, rispetto all’11% in Germania. La sostenibilità è un’area di miglioramento, con il 52% delle PMI impegnate a ridurre l’impatto ambientale.

L’imprenditorialità è una scelta che piace, con quasi il 75% dei leader aziendali che considera l’apertura di una propria azienda. In Italia, l’86% è interessato a lanciare la propria attività, mentre in Francia, Spagna e Germania le percentuali sono rispettivamente del 70%, 70% e 73%. Insomma, regna l’ottimismo, anche se con qualche ombra: ad esempio, la fatturazione elettronica obbligatoria è stata percepita come un onere per la maggior parte delle PMI italiane, con oltre un terzo che ha dichiarato un impatto “molto elevato” e un ulteriore 45% un impatto “elevato”. 

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La società italiana del 2023 nel 57° Rapporto Censis

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La società italiana del 2023 nel 57° Rapporto Censis

Sonnambuli e ciechi dinanzi ai presagi: è così che definisce gli italiani il capitolo La società italiana al 2023 del 57° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese.
Un Paese affetto da una profonda crisi demografica, tanto che nel 2050 avremo quasi 8 milioni di persone in età lavorativa in meno.

Intrappolati nel mercato dell’emotività, per il 69% la globalizzazione porta più danni che benefici e il 60% ha paura che scoppierà una guerra mondiale. Intanto monta l’onda delle rivendicazioni dei diritti civili individuali e delle nuove famiglie. E nella siderale incomunicabilità generazionale va in scena il dissenso senza conflitto dei giovani.

Il mercato dell’emotività

Resi più fragili dal disarmo identitario e politico, feriti da un profondo senso di impotenza, l’80,1% degli italiani (84,1% giovani) è convinto che l’Italia sia irrimediabilmente in declino.

Nell’ipertrofia emotiva in cui la società italiana si è inabissata, le argomentazioni ragionevoli possono essere capovolte da continue scosse emozionali. Tutto è emergenza, quindi, nessuna lo è veramente. Così trovano terreno fertile paure amplificate, fughe millenaristiche, spasmi apocalittici, l’improbabile e il verosimile.
È poi il tempo dei desideri minori: non più uno stile di vita all’insegna della corsa ai consumi per conquistare l’agiatezza, ma una ricerca di piaceri consolatori per garantirsi uno spicchio di benessere.

Occupazione e inquietudini sociali

Siamo passati rapidamente dall’allarme sulla disoccupazione al record di occupati, mentre il sistema produttivo lamenta sempre più frequentemente la carenza di manodopera e figure professionali.
Inoltre, se le famiglie in Italia sono 25,3 milioni (tradizionali, 52,4%) il numero dei matrimoni si riduce (da 246.613 nel 2008 a 180.416 nel 2021) e oggi 1,6 milioni di famiglie (11,4%e) sono costituite da coppie non coniugate.

Sembra poi giunta a maturazione una nuova stagione di rivendicazioni di diritti civili: il 74,0% è favorevole all’eutanasia, il 70,3% approva l’adozione da parte dei single, il 65,6% è a favore del matrimonio tra persone dello stesso sesso e il 54,3% dell’adozione di figli da parte di persone dello stesso sesso, e il 72,5% è favorevole all’introduzione dello Ius Soli.

Dissenso senza conflitto: l’incomunicabilità generazionale

La distanza esistenziale dei giovani di oggi dalle generazioni precedenti sembra abissale. Oggi i 18-34enni sono poco più di 10 milioni (17,5% della popolazione): in vent’anni ne abbiamo perso quasi 3 milioni.

I giovani sono pochi, esprimono un leggero peso demografico, quindi contano poco. La grande maggioranza degli italiani (57,3%) riconosce che i giovani, in questo momento, sono la generazione più penalizzata di tutte.
Gli anziani rappresentano invece il 24,1% della popolazione complessiva, e quelli di domani saranno sempre più senza figli e sempre più soli.
Nel 2040 le famiglie unipersonali aumenteranno fino a 9,7 milioni (37,0% del totale), e di queste, quelle costituite da anziani diventeranno quasi il 60% (5,6 milioni).

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Startup EdTech: il fatturato supera 2,8 miliardi di euro

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Startup EdTech: il fatturato supera 2,8 miliardi di euro

In Italia il valore del mercato digital learning nel 2022 si attesta a circa 2,8 miliardi di euro (+26% vs 2021). La maggior parte delle aziende offre soluzioni software (75%) in ambito educativo, e i più grandi mercati di riferimento sono scuole (54%) e aziende (54%).

Le aziende nel 2022 hanno dedicato il 40% dell’intero budget della formazione a forme di digital learning, per una media di circa 480mila euro per organizzazione. Nelle università in media il 5,6% del budget di Ateneo nel 2023 è destinato alla trasformazione digitale, e circa 6 su 10 (57%) hanno aumentato gli investimenti rispetto all’anno precedente.
Insomma, cresce l’interesse da parte di aziende pubbliche, private, scuole e università verso le nuove tecnologie digitali a supporto dell’apprendimento. Lo conferma l’Osservatorio EdTech della School of Management del Politecnico di Milano.

Un mercato globale da 142 miliardi di dollari

Se le startup italiane del settore non sembrano aver sofferto del generale calo dei finanziamenti a livello globale, raddoppiando la raccolta complessiva di fondi nell’arco di dodici mesi, le previsioni per il 2023 a livello globale indicano che il fatturato delle aziende EdTech raggiungerà 142 miliardi di dollari (+15,4%). In generale, il settore dovrebbe crescere con un tasso medio annuo del 13,6% fino al 2030.

Il 40% del mercato riguarda il segmento delle scuole primarie e secondarie, trainato dalla crescente adozione del digitale a supporto della didattica. La fetta più grande del fatturato appartiene ai prodotti hardware (41%), che predominano su soluzioni software e di contenuti.

Formazione scolastica e universitaria

Il 97% delle scuole ha presentato una o più progetti negli ultimi 3 anni per la ricezione di finanziamenti volti a favorire l’innovazione tecnologica, in particolare, nell’ambito del PNRR. I vantaggi legati all’adozione di soluzioni digitali per la didattica riguardano maggior coinvolgimento degli studenti (78%), inclusione dei ragazzi più introversi o con bisogni particolari (68%) e aumento dell’efficacia (50%). Le tecnologie più diffuse sono software per creare mappe concettuali, indicate soprattutto per chi soffre di Disturbi Specifici dell’Apprendimento (78%).

Il 72% delle università ha inserito la trasformazione digitale nel proprio piano strategico, e la maggior parte degli atenei offre una buona percentuale di corsi di studio in presenza supportati da strumenti digitali (96%).
Gli strumenti più innovativi maggiormente diffusi? Open badge (58%), sistemi di gamification (46%) e realtà virtuale e/o aumentata (31%).

Formazione corporate

Benché la maggior parte del Top Management sia consapevole dell’importanza della formazione per il raggiungimento degli obiettivi strategici, solo il 35% delle organizzazioni integra formalmente i piani formativi nei piani strategici aziendali.
Oggi, il canale del digitale è quello più utilizzato per erogare contenuti formativi, e supera la tradizionale lezione d’aula.

Il digitale viene utilizzato principalmente a supporto della formazione obbligatoria, inclusi i temi legati alla sicurezza sul lavoro, e della formazione linguistica. E il trend di investimento in digitale da parte delle aziende per il 2023 è previsto in crescita del 4,9%.

Acquisti

A Natale 2023 gli italiani preferiscono i regali second-hand

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A Natale 2023 gli italiani preferiscono i regali second-hand

Quest’anno Il 60% degli italiani durante lo shopping natalizio strizzerà l’occhio agli oggetti usati. Lo shopping di prodotti second-hand è una tendenza in crescita anche per chi è alla ricerca dei regali di Natale. Soprattutto fra le generazioni più giovani, quelle più inclini a fare questa scelta (71%).

A indagare le tendenze di acquisto degli italiani per le prossime festività è la ricerca condotto da Wallapop, piattaforma di prodotti second-hand, in collaborazione con mUp.
Secondo la ricerca 1 italiano su 5 ammette poi che quest’anno spenderà di più per comprare regali ‘usati’ rispetto allo scorso anno. In particolare, il budget dedicato sarà mediamente di 49,13 euro, per l’acquisto di oltre 3 oggetti riutilizzati.

L’economia circolare piace anche durante le feste

Insomma, l’economia circolare piace anche a Natale. Fa bene al portafoglio, al Pianeta e a coloro che vogliono mettere in vendita gli articoli che non usano più e ricavarne un guadagno extra. Nel 2022 chi ha scelto di acquistare e vendere oggetti second-hand su Wallapop ha contribuito a evitare la produzione di 22.031 tonnellate di plastica, l’equivalente di materiale che servirebbe a creare una fila di fenicotteri gonfiabili da Parigi a Barcellona, e 31 tonnellate di rifiuti, tanti quanti sono generati nella città de L’Aquila in un anno.

Di fatto, 3 italiani su 4 quest’anno compreranno prodotti second-hand per Natale. Tra le ragioni che li spingono a fare questa scelta il 32% sottolinea la possibilità di trovare oggetti unici, e il 29% il risparmio economico.

I più giovani sono i più sostenibili

Tuttavia, la sostenibilità sta diventando una motivazione decisiva. Infatti, circa 1 italiano su 4 prenderà in considerazione questo aspetto in misura maggiore rispetto allo scorso anno in occasione dello shopping natalizio.

Se sono soprattutto gli intervistati di età compresa tra 18 e 24 anni i più propensi a valutare la sostenibilità dei regali di Natale (33%), la maggior parte degli italiani (84%) si mostra comunque aperta a questo tipo di consumo ed è consapevole dell’impatto ambientale delle proprie azioni.
Gli italiani sono anche aperti a ricevere un regalo second-hand. Oltre l’80% vorrebbe volentieri un prodotto riutilizzato come dono di Natale, purché sia in condizioni perfette.

Sotto l’albero green soprattutto libri

I libri sono i regali second-hand più apprezzati da ricevere per la maggior parte degli intervistati (41%), riporta Adnkronos, seguiti da piccoli elettrodomestici (27%) e smartphone (22%).

Per quasi la metà degli italiani (49%) un libro è anche il miglior regalo riutilizzato da mettere sotto l’albero, seguito da piccoli elettrodomestici (31%) e giocattoli (24%).
La maggior parte degli intervistati (72%) crede poi che i bambini difficilmente riuscirebbero a distinguere un prodotto nuovo da uno usato.

Economia

Imprese, nel terzo trimestre stabile la domanda di credito 

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Imprese, nel terzo trimestre stabile la domanda di credito 

Nel terzo trimestre del 2023, la domanda di credito presentata dalle imprese italiane rimane stabile, con solo una minima variazione del +0,1% rispetto allo stesso periodo del 2022. L’importo medio richiesto subisce una diminuzione minima del -0,5% rispetto all’anno precedente, attestandosi a 125.404 Euro (Fonte: Sistema di Informazioni Creditizie EURISC).

Più attive le imprese individuali

Analizzando il tipo di imprese, anche in questo caso, non si osservano significative variazioni nella domanda. Le società di capitali registrano una leggera flessione del -0,2%, mentre le imprese individuali mostrano un aumento minimo del +0,6%.
Dopo due trimestri consecutivi di crescita decisa nell’importo medio richiesto, si verifica una pausa per le imprese individuali con una diminuzione del -4,7% (35.334 Euro), mentre per le società di capitali l’oscillazione è minima, con un aumento dello +0,1% (167.035 Euro).

Aziende italiane caute verso i piani dii investimento

Le imprese italiane continuano a mostrare cautela nei confronti dei piani di investimento, preferendo utilizzare le proprie riserve per coprire le spese correnti e ritardare i piani di investimento a lungo termine. Tuttavia, emerge una domanda latente, evidenziata dall’osservatorio ESG Outlook, che individua una carenza di adeguatezza ESG in quasi il 60% delle imprese. Ciò implica che le istituzioni finanziarie dovranno incentivare le imprese a raggiungere i requisiti ESG richiesti dall’Europa.

Nel contesto delle classi di importo delle richieste di credito da parte delle imprese, la distribuzione rimane stabile. Le fasce più richieste includono importi inferiori a 5.000 Euro, rappresentando il 30,7% delle richieste, e importi superiori a 50.000 Euro, con una quota del 28,4%.

Servizi e commercio i settori in cima alla lista

Nonostante i notevoli cambiamenti macroeconomici degli ultimi anni, la distribuzione delle richieste di credito per settori economici non ha subito variazioni significative. I settori dei Servizi (25,6%) e del Commercio (23,1%) rimangono in cima alla lista, mentre il settore delle Costruzioni rappresenta il 17,3% delle richieste.

In sintesi, nel terzo trimestre del 2023, la domanda di credito delle imprese italiane è rimasta sostanzialmente stabile, con solo lievi variazioni nell’importo medio richiesto e nelle preferenze dei settori economici. La cautela delle imprese nei confronti dei piani di investimento e la crescente importanza degli aspetti ESG rappresentano elementi chiave in questo contesto finanziario.

Varie

Mobilità sostenibile, il motore dell’innovazione in città 

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Mobilità sostenibile, il motore dell’innovazione in città 

La mobilità è un comparto in forte crescita, anche grazie alle soluzioni sostenibili proposte dalle imprese. Il 5,7% delle start-up innovative italiane, pari a 836 imprese, è infatti attivo proprio nei settori legati alla mobilità.
È una delle prime evidenze emerse dal rapporto ‘Le start-up innovative in ambito mobilità’, l’analisi curata dal Centro Studi di Assolombarda presentata a Milano nell’ambito della rassegna MCE 4×4 – Incroci e Transizioni, promossa da Assolombarda e da Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi. 

L’iniziativa, giunta alla sua ottava edizione, ha offerto alle imprese del settore una piattaforma di incontro e di confronto con le aziende ‘mature’.
Obiettivo, generare nuove opportunità di business e favorire la circolazione di nuove idee e soluzioni innovative.

Vertici più giovani, più brevetti e software depositati

Le start-up legate alla mobilità sostenibile operano soprattutto nei settori automotive, servizi di delivery, logistica, mobilità elettrica e micro mobilità.

Tali start-up si distinguono dalle realtà che operano su altri mercati per due fattori significativi: un numero maggiore di brevetti depositati e software registrati (+3,8% rispetto al resto delle start-up), e una più spiccata prevalenza giovanile (+3,9%) tra gli amministratori e soci. 
Non solo. Nel 2021 hanno generato 140,6 milioni di euro di valore della produzione e 28,6 milioni di euro di valore aggiunto, occupando più di 1.300 dipendenti.

Lombardia in testa per distribuzione territoriale

In termini di distribuzione territoriale, il 35% delle start-up della mobilità si concentra nel Nord-Ovest. In particolare, quasi il 27% è localizzato in Lombardia.

Inoltre, più della metà delle start-up ha sede in città metropolitane, di cui il 18% in quella di Milano.
Anche il valore totale della produzione è concentrato per oltre un terzo nel Nord-Ovest, in particolare, sempre in Lombardia (28%).

“Agire immediatamente sulle emissioni”

“Il trasporto è responsabile per circa il 28% delle emissioni di gas serra e, dunque, rappresenta uno dei fattori più significativi su cui agire immediatamente – dichiara Gioia Ghezzi, vicepresidente Assolombarda con delega a Infrastrutture, Mobilità e Smart City -. Per questa ragione, anche in considerazione degli impegni assunti a livello internazionale in tema di sostenibilità, occorre mettere al centro un nuovo tipo di mobilità capace di esaltare soluzioni innovative con un impatto minore sull’ambiente”.

“Un sistema di trasporto sempre più sicuro, conveniente e green”

Considerando le caratteristiche economiche dell’area di Milano, dove esiste un distretto importante di produttori del mondo della bicicletta, la Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi ha individuato un segmento specifico di mobilità sostenibile, quello della bike economy.
“Un ambito pilota di valorizzazione del territorio e delle filiere collegate al settore – aggiunge Alvise Biffi, consigliere Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi -. In linea con gli obiettivi fissati a livello europeo, pensiamo che iniziative come MCE 4×4 – Incroci e Transizioni possano contribuire a creare per le nostre città e comunità un sistema di trasporto sempre più sicuro, conveniente e green”.

Varie

Nuove professioni nella moda: AAA esperti di sostenibilità cercasi 

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Nuove professioni nella moda: AAA esperti di sostenibilità cercasi 

Nel corso della seconda metà del 2023, il comparto della moda deve affrontare nuove sfide. In particolare, è in atto un cambiamento radicale per quanto riguarda le professionalità più richieste. Questo trend è stato messo in evidenza da un rapporto dell’osservatorio Assolavoro Datalab di Assolavoro, l’associazione che rappresenta oltre l’85% delle agenzie per il lavoro del settore.
Il documento, anticipato ad Adnkronos/Labitalia, sottolinea che due nuove figure professionali, i “Sustainability Specialist” e i “Fashion and Environmental Reporting Coordinator”, sono diventate tra le più richieste nel mondo della moda.

Necessario un salto di qualità

Secondo Assolavoro, la crescita significativa e la crescente specializzazione necessaria nel settore richiederanno un salto di qualità nelle competenze professionali specifiche. Ciò comporterà la necessità di un maggior numero di manager e tecnici capaci di guidare le aziende attraverso il complesso mondo della sostenibilità.
Questo includerà aspetti come la gestione delle materie prime, il controllo del ciclo di vita dei prodotti e attività concomitanti come la raccolta dati, la rendicontazione e l’informazione accurata al pubblico.

Nuovi specialisti green

Nel corso del 2023, Assolavoro Datalab ha svolto un’indagine dei profili professionali più ricercati sui principali portali di ricerca di lavoro, come Linkedin, Trovit e Indeed. Questa indagine ha portato all’identificazione di 19 famiglie di profili professionali e oltre 40 etichette professionali che saranno al centro della domanda nei prossimi mesi. Questi profili sono stati suddivisi nelle principali aree funzionali aziendali e coprono un ampio spettro del settore manifatturiero, che conta più di 400.000 occupati, compresi i marchi di distribuzione.

Il focus dell’indagine si è concentrato su due nuove figure professionali: il “Sustainability Specialist” nel settore della moda e il “Fashion and Environmental Reporting Coordinator”. Queste figure si collocano all’interno delle funzioni di pianificazione e controllo, enfatizzando la necessità di garantire una gestione sostenibile.

La sostenibilità coinvolge l’intera filiera

Nell’area della gestione aziendale e dell’amministrazione, emergeranno nuovi ruoli come il “Finance & Controlling Specialist” e l'”Finance Governance and Compliance Analyst”, richiedendo competenze aggiornate in materia di finanza e conformità.
Nell’area dell’analisi e del monitoraggio, saranno fondamentali figure quali l'”Analista Dati Business Intelligence” e il “Digital Analytics Manager”, oltre all'”Business Performance Management Analyst”.

Nell’ambito della progettazione, il settore richiederà la presenza di professionisti specializzati come “Fashion Designer” e “Designer Prodotti”, con una forte enfasi sulla sostenibilità.
Nella gestione della produzione, saranno coinvolte figure come il “Production Manager”, il “Production Planner” e il “Quality Control Manager” per garantire il rispetto dei nuovi standard.

Anche i “Buyer” e gli “Analisti della Catena di Fornitura” dovranno tenere in considerazione le metodiche EPR e la normativa Reach aggiornata, mentre i professionisti della comunicazione e del marketing, come il “Communication Specialist”, il “Marketing Manager” e lo “Specialist Communication Manager”, dovranno garantire il rispetto delle norme sui “claims ambientali”.
In sintesi, il mondo della moda sta vivendo una trasformazione importante, spingendo i professionisti a sviluppare competenze e competenze specializzate in sostenibilità per soddisfare la crescente domanda del settore.

Economia

L’84% degli imprenditori pensa che la burocrazia sia un freno allo sviluppo 

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L’84% degli imprenditori pensa che la burocrazia sia un freno allo sviluppo 

L’84% degli imprenditori ritiene che la burocrazia sia un freno allo sviluppo economico del paese. Questa situazione diventa ancora più critica in previsione dell’attuazione dei progetti legati al recovery plan, che spesso richiedono interdisciplinarietà e innovazione. Uno studio condotto da Federcontribuenti evidenzia che in un solo anno, un’azienda di piccole/medie dimensioni può essere soggetta a ben 125 controlli da parte di 20 enti diversi. Complessivamente, il sistema burocratico italiano conta ben 136.000 norme e comporta una spesa di circa 70 miliardi di euro.

Quando una riforma sostanziale della burocrazia?

Dalla nascita dell’Unità d’Italia fino al 1990, si è discusso della necessità di riformare la burocrazia in Italia. Nel corso di questi anni, il paese ha assistito a diverse riforme dell’Amministrazione Pubblica, alcune delle quali hanno avuto un impatto significativo. La riforma più importante è stata quella promossa da Cassese, che ha introdotto i concetti di efficienza ed efficacia nell’apparato statale. Successivamente, le varie riforme legate al nome di Bassanini hanno introdotto la devolution e la sussidiarietà, che hanno comportato la maggiore svendita o liberalizzazione del patrimonio pubblico. Queste riforme hanno anche aperto il fronte per una riforma del Titolo quinto della Costituzione, creando una notevole confusione e sovrapposizione di competenze tra il Centro e la Periferia. In seguito, sono state attuate la riforma Madia e la riforma Brunetta. Nonostante tutti questi sforzi, la burocrazia italiana rimane un grave problema per il paese, spesso affrontato con complessi artifici burocratici.

I due principali problemi 

Federcontribuenti ha analizzato due dei principali problemi che ostacolano la Pubblica Amministrazione nell’adattarsi alla crescente velocità della società civile. Il primo è il “Deep state,” un insieme di alti funzionari di Stato, alti burocrati, capi di Gabinetto e direttori di Ministeri, spesso selezionati per cooptazione e con una formazione giuridica. Questi individui cercano di accrescere la loro influenza controllando i processi decisionali e sono esperti nella creazione di complesse strutture giuridiche, rendendo indispensabile il loro supporto. Possiedono il potere della conoscenza di dettagli tecnici che possono bloccare o ritardare ogni provvedimento, usando l’abuso di ufficio come strumento di controllo.Il secondo problema riguarda la burocrazia diffusa sul territorio, composta da piccoli funzionari che gestiscono i servizi e le pratiche, in particolare delle piccole imprese, delle imprese artigiane e dei cittadini. Questa burocrazia è spesso caratterizzata da procedure eccessive, mancanza di informazioni adeguate, progetti telematici scarsi e problemi con i pagamenti elettronici. Federcontribuenti sottolinea che il principale responsabile di questi problemi è lo Stato, seguito dai Comuni, dall’INPS e dall’Agenzia delle Entrate. 

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Dispositivi indossabili, il settore riprende la crescita

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Dispositivi indossabili, il settore riprende la crescita

L’agenzia di analisi di mercato Canalys ha recentemente pubblicato i nuovi dati sull’andamento del mercato dei dispositivi indossabili, inclusi smartwatch e smartband, offrendo interessanti insights sul settore. Nel secondo trimestre dell’anno, che va da aprile a giugno, il settore ha registrato una crescita del 6%, segnando una svolta positiva dopo sei mesi di trend negativi. Gli esperti attribuiscono questa ripresa principalmente alla crescente domanda da parte dei consumatori. Jack Leathem, analista di ricerca presso Canalys, ha affermato: “Il mercato dei dispositivi indossabili sta tornando in vita, spinto dalla crescente domanda dei consumatori. La richiesta in diversi segmenti sta riprendendo, costringendo i fornitori a soddisfare le esigenze specifiche delle persone.”

Gli smartwatch low cost piacciono sempre di più

Tra i vari segmenti del mercato, quello degli orologi economici ha mostrato la crescita più significativa, soprattutto grazie a marchi come Huawei, Xiaomi e Huami. In alcuni Paesi, come l’India, questa categoria di prodotti ha registrato una crescita impressionante del 73% anno su anno. Nel complesso, all’interno della categoria dei “dispositivi indossabili”, il 37% della quota di mercato è occupato dagli smartwatch, come l’Apple Watch, il 44% dagli smartwatch economici e il rimanente 19% dalle smartband, i braccialetti progettati principalmente per il monitoraggio dell’attività fisica e la visualizzazione limitata di notifiche.

Apple si conferma il brand leader

Per quanto riguarda i marchi leader, Apple mantiene la sua posizione di primo piano nonostante una leggera flessione del 3% rispetto al secondo trimestre del 2022. La società di Cupertino detiene ancora il 18% della quota di mercato, con 8,1 milioni di dispositivi spediti. Al secondo posto si posiziona Xiaomi, con una quota del 11% e 4,8 milioni di unità spedite, seguita da Huawei, che ha registrato una crescita del 13% nell’arco di un anno e ora detiene il 10% di quota di mercato (4,3 milioni di unità). Nel quadro competitivo, Noise (+93%) e Fire-Boltt (+86%) emergono con una quota di mercato rispettivamente dell’8% e del 7%. Canalys segnala che Samsung è uscita dalle prime cinque posizioni, con una quota di mercato inferiore al 7%.

La competizione fa bene al… consumatore

In conclusione, il mercato dei dispositivi indossabili sta vivendo un momento di ripresa, trainato dalla crescente domanda dei consumatori e dalla varietà di prodotti offerti dai principali marchi. La competizione rimane accesa, con nuove opportunità di crescita e innovazioni nel settore che stanno contribuendo a plasmare il futuro di questa categoria di dispositivi.

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Prestiti per lo studio: erogati oltre 220 milioni di euro

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Prestiti per lo studio: erogati oltre 220 milioni di euro

Più di 220 milioni di euro: questo è il valore dei prestiti personali erogati agli italiani nei primi otto mesi del 2023 per affrontare spese legate all’istruzione secondo le stime di Facile.it e Prestiti.it. L’analisi si basa su oltre 260.000 domande di finanziamento raccolte online da entrambi i portali e rivela due tendenze significative.

L’importo medio? 6.752 euro

Innanzitutto, l’importo medio richiesto è stato di 6.752 euro, in calo del 4% rispetto all’anno precedente. Tuttavia, il peso percentuale delle richieste di prestiti per scopi educativi è aumentato del 6,2%. Questo suggerisce che, nonostante una riduzione nell’importo richiesto, sempre più persone cercano finanziamenti per sostenere i costi legati all’istruzione.
Aligi Scotti, Responsabile BU prestiti di Facile.it, sottolinea: “Il costo dell’istruzione in Italia può essere elevato, e l’incremento dei prezzi dell’ultimo anno non aiuta le famiglie. Già dalle prime fasi scolastiche, le spese possono arrivare a centinaia di euro, ma quando si parla di istruzione universitaria o post-universitaria, i costi possono essere molto più elevati. Un prestito personale può rappresentare una soluzione per alleggerire il carico di queste spese sul bilancio familiare e un modo per continuare a investire nel proprio futuro senza dover rinunciare all’istruzione”.

Un terzo delle richieste è fra i 3.000 e i 5.000 euro

Esaminando più da vicino gli importi richiesti per finanziamenti legati all’istruzione, emerge che quasi un terzo delle richieste era per meno di 3.000 euro. Le domande per importi medi, tra i 3.000 e i 5.000 euro, sono aumentate significativamente, rappresentando il 31% del totale (rispetto al 26% dell’anno precedente). Al contrario, le richieste di oltre 10.000 euro sono diminuite del 10% su base annua.

L’età media dei richiedenti? 35 anni

Analizzando il profilo dei richiedenti prestiti personali per spese educative, emerge che l’età media è di 35 anni, ma i giovani under 26 rappresentano il 30% delle richieste, con un aumento di quasi il 5% rispetto all’anno precedente. Inoltre, i prestiti per l’istruzione sono particolarmente richiesti sia dai giovani che dalle donne; il 41% delle richieste proviene dal campione femminile, un dato significativo considerando che, nel totale dei prestiti, le donne rappresentano meno del 27% delle richieste.
In sintesi, i prestiti personali per coprire le spese legate all’istruzione sono diventati sempre più comuni in Italia, con un importo medio in calo ma un numero crescente di richieste. Questo riflette la crescente consapevolezza dell’importanza dell’istruzione e la volontà di investire nel proprio futuro, anche attraverso soluzioni finanziarie.