Valentina Beretta


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Stranieri in azienda: dall’Ipsos il punto sulle difficoltà e opportunità

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Stranieri in azienda: dall’Ipsos il punto sulle difficoltà e opportunità

Quante aziende italiane, in percentuale, hanno dipendenti stranieri? Qual è il loro apporto e quali difficoltà incontrano nel nostro Paese, anche in seguito alla pandemia? Risponde a queste e molte altre domande “Difficoltà ed opportunità d’inclusione degli stranieri in azienda”, indagine Ipsos condotta per l’UN Global Compact Network Italia, la realtà con la quale nel nostro Paese opera il Global Compact delle Nazioni Unite con obiettivi di sviluppo, sostenibilità e responsabilità d’impresa. 

I risultati del sondaggio sono stati presentati recentemente, durante la 6° edizione dell’Italian Business & SDGs Annual Forum, l’appuntamento annuale che costituisce un’occasione di dialogo e confronto sul ruolo del settore privato nel raggiungimento degli obiettivi per lo sviluppo sostenibile indicati dalle Nazioni Unite.

I diversi profili del lavoratore straniero

I dati raccolti dall’indagine Ipsos identificano un panorama molto variegato in termini di figure professionali, motivazioni e percentuali. Per iniziare dai numeri, più del 72% delle aziende ha almeno un dipendente straniero arrivato in Italia per motivi legati a scelte non forzate dalla necessità economica o di sicurezza personale, il 45% ha almeno un migrante e il 9% impiega almeno un richiedente asilo o rifugiato politico. Le principali motivazioni all’inserimento degli stranieri risultano essere la necessità di manodopera, ma in un contesto in cui più del 70% delle aziende considera maggiori le opportunità rispetto alle difficoltà dell’inserimento degli stranieri. Da notare che, per quanto riguarda l’inserimento degli stranieri arrivati in Italia per motivi legati a scelte non forzate dalla necessità economica o di sicurezza personale, le opportunità risultano essere sostanzialmente maggiori rispetto all’inserimento degli stranieri migranti, rifugiati politici o richiedenti asilo. In particolar modo, si evidenza la differenza nell’opportunità di aumentare la propensione all’innovazione (59% vs 34%).

Pochi pregiudizi, tante difficoltà liguistiche

Sul fronte delle difficoltà, quelle linguistiche sono le principali seguite da quelle organizzative, mentre i pregiudizi culturali da parte di tutte le componenti aziendali sono considerati ostacoli all’inclusione in minima parte. Rispetto alle misure introdotte, si rilevano percentuali molto basse di programmi di formazione e iniziative di diverso tipo. Mentre si evidenzia la presenza leggermente maggiore di misure come la traduzione delle informazioni in più lingue (23%) e le ferie basate su particolari festività religiose (16%).

L’impatto del Covid-19 sull’inclusione

Per quanto riguarda l’impatto della pandemia, le aziende intervistate rilevano un  impatto negativo sul piano economico e psicologico degli stranieri con una percentuale molto bassa, il 5%. Infine, poco più del 60% ritiene che a causa del Covid-19 il tema della multiculturalità in azienda subirà un rallentamento; ben il 54% sostiene però che sarà momentaneo.

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Italiani e passioni: vince il collezionismo di libri, computer, fotografia e moda

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Italiani e passioni: vince il collezionismo di libri, computer, fotografia e moda

La passione è un tratto distintivo del carattere degli italiani, e quando si parla di passioni che durano nel tempo non siamo secondi a nessuno. Oltre il 94% degli italiani, la percentuale più alta in Europa, coltiva almeno una passione nella propria vita, e con una media di 4,7 passioni a testa guidiamo la classifica tra gli europei. Ma gli italiani sono anche i più inclini a collezionare, soprattutto libri, computer, fotografia e moda. Il 42% dichiara infatti di dedicarsi almeno a una collezione, e il 16% sta pensando di iniziarne una nuova. Sono alcuni risultati emersi dalla ricerca sulle passioni realizzata da Catawiki, la piattaforma di aste online per oggetti speciali, e condotta da YouGov in cinque paesi europei su più di 6.000 partecipanti. 

Coltivare una passione richiede impegno, dedizione e tempo

Sul podio delle passioni degli italiani spiccano i libri (44%) seguiti dal computer (32%) e la fotografia (26%). A conferma che l’Italia è anche un paese di ‘fashion victim’, seguono moda (23%), e borse e accessori (21%). Ma come nasce una passione e quando viene coltivata? Quasi la metà degli intervistati (49%) dichiara di “aver sempre avuto questa passione”, mentre il 21% “cercava un modo per occupare il tempo libero”. Coltivare una passione richiede impegno, dedizione e tempo: il 67% degli italiani lo fa almeno una volta alla settimana. E se cercare informazioni sul web o sui social è fondamentale per il 57% degli intervistati, il 30% guarda contenuti legati alla propria passione, oppure compra qualcosa in più (35%) e partecipa a eventi o esperienze live (20%)

Condividere la propria passione è importante per il 37% degli italiani 

La passione significa felicità per il 70% degli intervistati, ma il tempo è uno dei maggiori vincoli per poterla vivere a pieno. Quasi il 60% afferma di perdere la cognizione del tempo quando è impegnato con la propria passione, e il 56% ha dichiarato che ne coltiverebbe di nuove se avesse più tempo. Più della metà vorrebbe trasformare la propria passione in un lavoro, e meno di 1 su 5, il 19%, ha la fortuna di farlo già. Ma per gli italiani passione significa anche condivisione. Nonostante la sfera personale rimanga preminente, la condivisione è importante per il 37% degli italiani, e il 57% dichiara che “tutti sono a conoscenza” della loro passione.

La pandemia non ha cambiato le abitudini di spesa

Il 35% spende in media 117 euro al mese per acquistare oggetti legati alla propria passione. E l’indagine mostra, come riporta Ansa, che gli italiani sono i più inclini a risparmiare per la loro passione (37%). La pandemia ha cambiato il tempo che gli italiani dedicano alle passioni, ma non le abitudini di spesa, consentendo di “rinnovare le nostre passioni” (45%) o di “iniziarne di nuove” (28%), come la lettura. Una grande percentuale di connazionali, quasi uno su cinque, (19%), dall’inizio della pandemia considera anche la possibilità di vivere della propria passione.

Economia

Il mercato delle criptovalute supera 2 mila miliardi di dollari

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Il mercato delle criptovalute supera 2 mila miliardi di dollari

Nel mese di settembre 2021 il valore totale del mercato delle criptovalute ha superato 2.000 miliardi di dollari, una cifra dieci volte superiore rispetto all’inizio del 2020. In particolare, i soli stablecoin hanno toccato quota 120 miliardi, quadruplicando il valore dall’inizio dell’anno. Il calcolo è del Global financial stability report del Fondo monetario internazionale. Secondo l’Fmi, insieme a “un nuovo mondo di opportunità”, crescono anche sfide e rischi. E se finora gli incidenti registrati “non hanno avuto un impatto significativo, man mano che il settore diventerà sempre più mainstream, la loro importanza in termini di implicazioni potenziali per tutta l’economia è destinata ad aumentare”, si legge nel report. In particolare, l’Fmi mette in guardia sui rischi che corrono i consumatori. Di oltre 16.000 token quotati in vari scambi, soltanto 9.000 esistono ancora oggi, mentre il resto si è volatilizzato in varie forme.

Pericolose lacune di dati dovute all’anonimato delle criptoattività 

Questo perché, ad esempio, molti token non hanno più volume sufficiente o perché gli sviluppatori si sono ritirati dal progetto. O anche perché erano stati creati per mera speculazione o direttamente con intenzioni fraudolente. Inoltre, osserva il rapporto, l’anonimato delle criptoattività crea lacune di dati per i regolatori e può aprire le porte al riciclaggio o al finanziamento del terrorismo. Per quanto le autorità siano in grado di tracciare le transazioni illecite, possono avere difficoltà a risalire alle parti coinvolte. Senza dimenticare che la differenza delle cornici regolatorie tra i vari Paesi complica il coordinamento, con molte transazioni che avvengono tra entità che operano principalmente in centri finanziari offshore. “Ciò – avverte il Fondo – rende la supervisione e il controllo non solo complicato, ma quasi impossibile senza collaborazione internazionale”.

I rischi legati alla criptizzazione dell’economia

A preoccupare gli economisti di Washington è anche il rapido diffondersi delle criptoattività nei Paesi emergenti e in via di sviluppo. 
“Guardando al futuro – avverte il Gfsr – un’adozione così rapida e diffusa può porre significative sfide rafforzando la dollarizzazione dell’economia, o in questo caso la criptizzazione, con i cittadini che cominciano a usare criptovalute al posto della moneta locale. E ciò può ridurre la capacità delle banche centrali di condurre con efficacia la propria politica monetaria”. Le criptoattività potrebbero inoltre favorire l’evasione fiscale e i deflussi di capitale. 

La regolamentazione degli stablecoin

Di qui l’esortazione del Fondo ad agire in modo deciso, rapido e ben coordinato a livello globale, riporta Agi. Cinque sono i suggerimenti che arrivano da Washington, e il primo è l’invito a regolatori e supervisori a monitorare il rapido sviluppo di questo ecosistema e i rischi che può porre, affrontando il nodo della carenza di dati. I regolatori nazionali, inoltre, dovrebbero dare la priorità all’applicazione degli standard globali esistenti. E quanto al ruolo degli stablecoin, la regolamentazione “dovrebbe essere proporzionata ai rischi che pongono e alle funzioni che svolgono, allineandola a quella di altre entità che forniscono strumenti simili, come depositi bancari o fondi monetari di mercato”.

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Estate 2021, la rivincita della campagna e degli agriturismi

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Estate 2021, la rivincita della campagna e degli agriturismi

L’estate 2021 sarà ricordata per la ripresa dei viaggi e delle vacanze, ma soprattutto per il successo degli agriturismi. Anche se le limitazioni sono state allentate, i turisti – sia italiani sia stranieri – hanno comunque privilegiato formule di soggiorno che mettevano in primo piano la sicurezza e il distanziamento, senza per questo rinunciare alla bellezza e alla possibilità di vivere esperienze inedite. Da qui, il vero e proprio boom delle location rurali con gli ampi spazi, i ritmi, il contatto con la natura, le atmosfere familiari ed il buon cibo. “Tocca ora riuscire a cogliere questa opportunità contribuendo, con le nostre offerte uniche, alla promozione dei territori rurali, una ricchezza nazionale da valorizzare di più” ha detto Augusto Congionti, presidente di Agriturist, facendo un bilancio dell’estate e delineando le prospettive per il settore.

Stagione da record

In base ai dati registrati, è evidente che la stagione 2021 è stata decisamente migliore dello scorso anno e, spesso, addirittura meglio del 2019 e le presenze hanno tenuto anche per tutto settembre. A seguito della pandemia, sottolinea l’associazione che riunisce le aziende agrituristiche di Confagricoltura, sono cambiate diverse abitudini di viaggio, comprese quelle relative alle prenotazioni: si sono visti meno last minute, soggiorni più lunghi e maggiore attenzione alla sicurezza. A riscoprire la vacanza in campagna, oltre alle famiglie con bambini, anche moltissimi i gruppi di giovani, che hanno premiato soprattutto le strutture vicino al mare o quelle che offrono percorsi esperienziali, capaci, attraverso la scelta di attività inconsuete per chi vive in città, di renderli protagonisti della propria vacanza. Per quanto riguarda la composizione delle presenze nelle 24.000 strutture, il 70% è rappresentato dagli italiani – con punte del 90% ad agosto – , mentre il 30% è la componente straniera.

Tutto esaurito dal Nord al Sud dell’Italia

Il buon andamento della stagione ha riguardato tutto lo Stivale, anche se con alcune differenze. Ad esempio in Costiera Amalfitana, Sorrentina e in Veneto le città d’arte come Venezia, Verona, Vicenza e Padova hanno attirato molti stranieri, mentre Belluno ha fatto il pieno con soggiorni italiani. Positivo anche il bilancio della Toscana, molto buoni i risultati in Piemonte, che ha registrato numerose presenze di turisti stranieri “di prossimità”, e bene anche l’andamento della Liguria, che ha visto molti arrivi dall’Est Europa. Il Lazio segnala un andamento positivo, in particolare, vicino ai laghi con presenze estere prevalenti e in Maremma laziale, bene anche le strutture vicine alla Capitale che offrono attività e ristorazione. La regina dell’estate si conferma la Puglia, che ha messo a segno il pieno di prenotazioni già da maggio.

Economia

Italia, ad agosto i mutui più bassi del mondo

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Italia, ad agosto i mutui più bassi del mondo

Chi sta progettando di comprare casa è ancora in tempo: mai come in questo momento i tassi per i mutui sono particolarmente vantaggiosi. E nel nostro paese, stando alle rilevazioni, ancora di più: ad agosto, ad esempio, i tassi dei mutui italiani si sono posizionati tra i più bassi del mondo. A dirlo sono Facile.it e Mutui.it che hanno analizzato gli indici registrati in 14 Stati scoprendo come, fra questi, l’Italia sia la nazione dove chiedere un mutuo costa meno.

Come è stata condotta l’analisi comparativa con i paesi europei…

L’analisi, effettuata sui valori registrati ad agosto, ha considerato un immobile dal valore di 180.000 euro, una richiesta di finanziamento di 120.000 euro ed un piano di restituzione pari a 20 anni. In Italia, nel periodo di riferimento, questo tipo di finanziamento era indicizzato con taeg tra 0,88% e 0,98% se fisso e fra 0,67% e 0,77% se variabile. Senza dubbio il migliore fra le 14 nazioni dell’indagine.
Guardando unicamente al tasso fisso e al taeg, in Europa si avvicina ai valori italiani solo la Germania, dove il mutuo viene indicizzato a partire dall’1,18%. Fanno peggio, invece, alcuni Stati europei che, tradizionalmente, avevano tassi di interesse più simili a quelli del nostro Paese: è il caso della Spagna, dove il finanziamento è indicizzato dall’1,64%, e del Portogallo (a partire dall’1,91%).
Sempre restando entro i confini del Vecchio Continente, dall’analisi è emerso come le indicizzazioni del tasso fisso, considerando ancora una volta il taeg, partano dal 2,30% in Norvegia e dal 2,40% nel Regno Unito. Sebbene per queste due nazioni sia stato possibile rilevare solo il tan e non il taeg, è evidente come anche in Albania e in Grecia i mutuatari si trovino a pagare tassi notevolmente maggiori e pari, rispettivamente, al 3,00% e al 3,20%. Anche rispetto al tasso variabile (considerando il taeg), in Europa, tra i Paesi analizzati, nessuno fa meglio dell’Italia e le offerte rilevate partono dall’1,53% della Spagna fino all’1,95% del Portogallo.

… e con il resto del mondo

L’indagine ha però varcato anche i confini dell’Europa e ha esplorato le condizioni applicate ai finanziamenti anche in altre parti del mondo, considerando come indice di riferimento di ciascuna nazione, il tan, e non il taeg. Guardando ai tassi fissi, gli indici partono dall’1,44% in Canada, dall’1,89% in Australia, dal 2,13% in Giappone e dal 2,25% negli Stati Uniti. Per quanto concerne i tassi variabili, invece, il Canada è l’unico Stato che, con un tan dello 0,98%, si avvicina a quello del nostro Paese; continuando l’analisi extra-europea i valori rilevati partono dall’1,41% in Giappone, dall’1,83% negli Stati Uniti, fino all’1,85% dell’Australia. Appaiono invece altissimi i tassi applicati da alcuni stati come la Russia e il Brasile: qui i tassi fissi partono, con una differenza enorme rispetto a quelli italiani, rispettivamente dal 4,95% e dal 6,70%.

Economia

Nei prossimi 6 mesi le micro imprese italiane prevedono assunzioni

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Nei prossimi 6 mesi le micro imprese italiane prevedono assunzioni

Più della metà delle micro imprese italiane nei prossimi sei mesi dell’anno ha intenzione di assumere nuovo personale. Si tratta di un contributo alla crescita dell’occupazione nel nostro Paese, frenato però dalle difficoltà, e in molti casi dalla impossibilità, di reperire tutte le figure professionali necessarie. Lo rileva una indagine condotta dalla CNA, la Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa, su un campione di oltre 2 mila aziende, rappresentative del tessuto imprenditoriale nazionale, composto per più del 90% da imprese con meno di dieci addetti. Più in dettaglio, il 55,1% delle imprese che hanno partecipato all’indagine vorrebbe realizzare assunzioni entro gennaio 2022. Di queste, il 52,7% ipotizza nel periodo in esame una assunzione, il 33,8% ne prevede due, e l’8,2% tre.

Non si tratta di un aumento transitorio della domanda

Assunzioni che non sono destinate a fare fronte a un aumento meramente transitorio della domanda. Quasi due nuovi lavoratori su tre, infatti, sarebbero reclutati mediante contratti ‘stabili’. In particolare, il 29,4% con contratto a tempo indeterminato, il 20,2% di apprendistato, e il 14,8% tramite tirocinio formativo. Il 27,7% delle imprese invece punta su contratti a tempo determinato, che rappresenta la formula giuridica ideale a soddisfare la flessibilità richiesta alle imprese più piccole. Marginale risulta invece il ricorso alle collaborazioni professionali (4,1%) e al lavoro occasionale (3,8%).

La difficoltà di reperire figure professionali spesso è insormontabile

La volontà delle imprese, e in particolare delle imprese artigiane, micro e piccole, di ampliare l’organico in funzione delle nuove necessità richieste dal mercato nel dopo pandemia, rischia però di essere frustrata dalla difficoltà, spesso insormontabile, di reperire le figure professionali. Solo il 12,9% delle imprese che stanno assumendo, o vorrebbero farlo, assicura di non avere avuto (e si dice convinto che non avrà) problemi a selezionare candidati dotati delle competenze richieste disposti ad accettare l’offerta. Al contrario, la grande maggioranza del campione denuncia difficoltà. Il 79,9% delle imprese, infatti, non riesce a trovare candidati idonei alle mansioni richieste. E il rimanente 7,2% si imbatte in candidati insoddisfatti delle offerte economiche avanzate dalle imprese, riporta Italpress.

Meglio usare il passaparola per cercare personale 

Sotto questo aspetto, dall’indagine CNA emerge un quadro “inquietante anche se non nuovo: il nostro Paese non ha un sistema in grado di coniugare domanda e offerta di lavoro – sottolinea l’associazione -. Tanto che il 41,1% delle imprese ammette di cercare il personale prevalentemente tramite il cosiddetto passaparola. Una quota quasi doppia rispetto a quella delle imprese che si rivolgono alle agenzie interinali e di ricerca o selezione del personale, che si ferma al 21,5%. Il 16,6% del campione – continua la CNA – si indirizza a scuole o a istituti di formazione, l’11% si affida ai mezzi di comunicazione specializzati e appena il 3,8% ricorre ai centri per l’impiego. A riprova del fatto che il canale pubblico riesce solo per una esigua parte a favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro”.

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Gli italiani dormono male, e poco

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Gli italiani dormono male, e poco

In Italia i disturbi del sonno sono in crescita, e risultano più frequenti tra gli anziani e le persone con un livello socioeconomico inferiore. Quasi un italiano su tre di notte dorme un numero insufficiente di ore, e uno su sette riporta una qualità scadente del proprio sonno. Si tratta dei risultati principali di uno studio sulla qualità del sonno degli italiani, condotto nei mesi di febbraio e marzo 2019 da BVA Doxa insieme ai ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità, l’Università Bocconi e l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, e pubblicato all’interno della rivista Scientific Reports.

Si dorme in media 7 ore a notte

Stando ai risultati della ricerca la media delle ore di sonno degli italiani è pari a circa 7 per notte, ma il 30% degli intervistati dichiara di dormire un numero insufficiente di ore. La percentuale di italiani che hanno valutato il proprio sonno come insoddisfacente, ovvero giudicato qualitativamente basso o molto basso, è infatti del 14%. Fra questi, le donne sono in numero più alto rispetto agli uomini, mentre per quanto riguarda la quantità di ore di sonno non si evidenzia una differenza di genere nelle risposte. Un dato è comunque certo: all’aumentare dell’età aumenta sia l’insufficienza sia l’insoddisfazione del proprio sonno.

Istruzione, fumo e redditi bassi peggiorano il sonno

È inoltre rilevabile un importante gradiente socioeconomico: un basso livello di istruzione e un basso reddito sono associati a maggiori problemi di sonno. Chi fuma, poi, più frequentemente dorme un numero insufficiente di ore, sia rispetto a chi non ha mai fumato sia rispetto a chi ha smesso di fumare. Le relazioni più interessanti si osservano però “entrando” nelle case delle famiglie italiane. Oltre all’attesa associazione tra matrimonio e sonno, confermata dal fatto che le coppie sposate dormono meglio, lo studio mostra un’inattesa relazione inversa fra chi vive con figli minori di 14 anni e i relativi problemi di sonno.

Matrimonio, figli e animali domestici: quale impatto sul riposo?

Parte della spiegazione di tale fenomeno potrebbe risiedere nell’effetto “adattamento”, che col tempo porterebbe i genitori ad adattarsi alla minore qualità e quantità di sonno, tipicamente associata all’esperienza dei primi mesi di vita del bambino. Altrettanto interessante è notare che nelle case in cui sono presenti animali domestici si dorme peggio. Questo, però, non significa che cani e gatti peggiorino necessariamente il sonno. Piuttosto, questa associazione potrebbe nascondere un rapporto di causalità inversa, secondo cui cani e gatti sono accolti più frequentemente in famiglie dove siano già presenti fattori di rischio per una peggiore qualità e quantità del sonno, come insonnia, ansia e depressione.

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Colloqui a distanza, la soluzione digitale che piace a HR e a candidati

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Colloqui a distanza, la soluzione digitale che piace a HR e a candidati

Il Recruiting virtuale, ovvero la selezione a distanza del personale, composta da tutte le fasi del processo – dalla lettura del CV fino al colloquio – è oggi divenuto un processo collaudato all’interno di moltissime aziende italiane. Un processo che ha dimostrato sul campo la propria efficacia e validità: ad esempio, per quanto riguarda lo smartworking  non tutte le opinioni sono positive, mentre la selezione a distanza ha convinto un gran numero di candidati e “cacciatori di teste”.  Il 60% delle persone intervistate da CleverConnect, realtà specializzata in tecnologia etica per le aziende, a maggio 2020 ha ritenuto che questa esperienza fosse positiva. 

Evoluzioni necessarie

Gran parte delle imprese si è trovata, a causa del lockdown e delle tante restrizioni, a dover ripensare i propri processi interni, dallo smartworking fino, appunto, ai colloqui di selezione per assumere il nuovo personale. E l’impossibilità di condurre colloqui faccia a faccia ha spinto le aziende ad accelerare la digitalizzazione e a scegliere una modalità di incontro da remoto. Una modalità che stata accolta con favore dalla gran parte delle imprese tricolori, e un buon segno per il Paese perché significa che – anche in tempi di Covid – le aziende hanno continuato ad assumere e ad innovarsi. Guardando oltre alla crisi sanitaria, i recruiter si sono davvero resi conto che il video è un approccio adatto a risparmiare molto tempo, a favore anche dei candidati. Per alcune posizioni il video può tranquillamente sostituire del tutto il CV o il classico colloquio telefonico. In questi casi, il risparmio di tempo è veramente senza precedenti.

Come cambia la ricerca di un’occupazione

Anche grazie alla tecnologia, le persone sono al centro del processo di ricerca del lavoro. Oggi l’89% degli italiani a caccia di un’occupazione inizia la ricerca proprio sul web, utilizzando portali dedicati, job board e pagine ‘Lavora con noi”. Tuttavia, dal momento della candidatura, l’iter di selezione è rimasto il medesimo: invio di curriculum, lettere di presentazione, colloquio telefonico e incontro faccia a faccia. D’altra parte, le soluzioni digitali stanno gradualmente smontando questo ordine consolidato per fornire esperienze innovative e più flessibili. Per i responsabili delle Risorse Umane ricorrere a questi strumenti consente di avere più tempo da dedicare ad attività ad alto valore aggiunto, come la costruzione di relazioni e interazioni con i candidati, dall’inizio alla fine del processo. Inoltre, il virtual recreuting aiuta a diversificare il profilo dei candidati, migliorando così l’efficienza e la qualità delle assunzioni: non limitandosi alle informazioni del CV, ma concentrandosi sulle soft skill, alcuni candidati hanno l’occasione di dimostrarsi figure veramente valide. 

Economia

L’arbitrato semplificato compie un anno. In sei mesi +19%

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L’arbitrato semplificato compie un anno. In sei mesi +19%

La procedura di arbitrato semplificato avviata il 1° luglio 2020 in Camera Arbitrale con l’entrata in vigore del nuovo Regolamento Arbitrale, compie un anno, e negli ultimi sei mesi è cresciuta del 19%. Questa procedura ha l’obiettivo di venire incontro alle esigenze delle imprese provate dalla crisi economica innescata dalla pandemia, ed è uno strumento più adattabile al fabbisogno delle Pmi perché dimezza i tempi del procedimento. Il caso con l’arbitrato semplificato si chiude infatti in media in 6 mesi, e il costo si riduce di un terzo rispetto al procedimento arbitrale ordinario. Inoltre, i costi di un arbitrato in Camera Arbitrale di Milano sono certi e prevedibili, poiché stabiliti da un tariffario.

Il vantaggio di dimezzare i tempi e ridurre i costi

Questo tipo di procedura ha il vantaggio appunto di dimezzare i tempi e ridurre i costi rispetto al procedimento arbitrale ordinario. La decisione è affidata all’arbitro unico (anziché a un collegio di tre arbitri), i tempi prevedono 3 mesi per il deposito del lodo anziché i 6 ordinari, e il numero di memorie è ridotto e si svolge, al più, in un’unica udienza. In media in 6 mesi si arriva all’esito del procedimento e i costi per gli onorari della Camera Arbitrale e dell’arbitro unico si riducono in media del 30%.  La procedura si applica ai procedimenti instaurati dopo il 1° luglio se il valore della domanda di arbitrato non sia superiore a 250.000 euro.

In un anno il 32% delle domande è stato amministrato con la procedura semplificata

In un anno, su un totale di 109 nuove domande di arbitrato depositate in Camera Arbitrale di Milano, il 32% è stato amministrato con la procedura semplificata.
Nei primi 6 mesi di avvio l’arbitrato semplificato ha coperto il 29% del totale delle procedure, mentre nei 6 mesi successivi la quota della procedura del semplificato è stata del 36%, rispetto al totale delle procedure. Il ricorso a questo nuovo strumento è quindi cresciuto del 19%, nel confronto tra i primi 6 mesi di avvio e i successivi sei mesi di consolidamento della procedura.

Le controversie più amministrate: mancato pagamento di fatture, liti societarie 

La maggior parte delle controversie amministrate con la procedura dell’arbitrato semplificato ha avuto per oggetto il mancato pagamento di fatture, liti societarie, l’affitto del ramo d’azienda. Seguono consulenza, violazione del patto di non concorrenza, fornitura, leasing, vendita, e franchising. Le parti che nel 2020 hanno fatto ricorso all’arbitrato sono persone giuridiche nel 68% dei casi, mentre per il 55% sono società di capitali. Tra le persone fisiche (32%) si registra un incremento del numero dei professionisti (10%), e tra le materie del contendere primeggiano l’ambito societario (48%), il settore appalti (9%) e quello dell’affitto, la vendita e cessione del ramo d’azienda (7,5%).

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Ripartenza, il mood degli italiani riflette gli interessi sul Web

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Ripartenza, il mood degli italiani riflette gli interessi sul Web

L’umore degli italiani è in miglioramento, lo dimostra la ritrovata voglia di pianificare viaggi e attività, testimoniata dall’interesse verso i siti che trattano di viaggi, sport e le attività all’aria aperta, une segnale di quanto il desiderio di evasione dai momenti difficili rifletta il mood degli italiani. Al contrario, cala l’interesse sui temi legati all’elettronica, le news e la politica, e la cucina. Questo l’umore fotografato nel periodo febbraio-maggio tra i naviganti in Rete dal Report trimestrale dell’Osservatorio SevenData-ShinyStatTM.

Cala l’interesse sui temi legati all’elettronica

Se l’interesse sui temi legati all’elettronica, come Computers & Electronics (-13% vs -2,8%), Gaming (- 14% vs +14,7%), Consumer electronics (-18% vs -13,4%), Hardware (-3% vs +13,5%) e software (-4% vs +10,3%) risulta a maggio risulta in calo, rimane invece alta l’attenzione alla sicurezza informatica (+7% vs +0,1%). Sul versante degli affetti e dei legami, si attenua il trend di crescita dell’interesse versi i siti a tema divorzio, pur in un contesto di grande interesse sull’argomento (+30% vs +70,4%), mentre cresce, dopo i cali riscontrati nel trimestre precedente l’interesse verso la famiglia (+18% vs -11,8%), il matrimonio (+11% vs -6,6%) e la maternità (+1% vs -10,1%).

Scendono le news e la politica, salgono i magazine e il biotech

Per quanto riguarda i media, l’interesse verso le news fa segnare un calo (-3% vs +7,5%), soprattutto di quelle locali (-11% vs +9%), mentre sale il format dei magazine (+28% vs -23,3%), i quotidiani generalisti (+29% vs -25,7%), le riviste specializzate (+5% vs -15,2%) e le business news (+23% vs +1,1%). In discesa le news in tv (-38% vs +3,8%), probabilmente per l’aumento della mobilità, alla fine delle zone rosse. Un altro interesse in salita è il biotech (+6% vs -21,8%), probabilmente in connessione con la campagna vaccinale, mentre il pharmacy rallenta (-11% vs -0,8%) pur rimanendo alta l’attenzione all’igiene (+25% vs +27,5%). In discesa l’interesse per la politica (-21% vs -2,5%). Diversamente, la satira politica fa registrare un trend lievemente in miglioramento, seppur sempre in terreno negativo, rispetto al trimestre precedente (-25% vs -33,7%).

Cosa si guarda in tv? Più fiction meno cucina

Quanto ai generi televisivi, riprendono timidamente interesse la fiction (-6% vs -14,3%) e le sitcom (+1% vs -3,5%), mentre cambiano passo i talk show (+78% vs -34,2%) e i reality (+41% vs +26,2%). Finite le scuole, i convegni universitari in questi mesi poi si allontanano dagli interessi degli italiani (- 22% vs +63,5%), mentre sale la voglia di libri (-0,3% vs -8,5%). In miglioramento, seppur sempre con trend negativo, l’interesse verso il gioco d’azzardo (-18% vs – 83,7%), il gambling (-8% vs -38,3%) e le lotterie e Jackpot (-4% vs -42,8%). La passione per la cucina, infine, risulta in fase di calo (-18% vs 17,1%) così come l’interesse verso i corsi di cucina (-24% vs -1,8%), probabilmente perché, finito il lock-down, si vuole evadere andando al ristorante.