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La pirateria audiovisiva in Italia

Posted by Valentina Beretta on
La pirateria audiovisiva in Italia

Il 2021 conferma un aumento dell’incidenza della pirateria tra la popolazione italiana adulta (43%), ma anche un calo nel numero di contenuti audiovisivi piratati: nel 2021 si stimano circa 315 milioni di atti illeciti, -24% rispetto al 2019.  I film rimangono il contenuto più visto illecitamente (29%), seguito da serie/fiction (24%) e programmi (21%). Discorso a parte per gli sport live: nel 2019 la percentuale di fruizione si attestava al 10%, nel 2021 sale al 15%. In Italia la pirateria audiovisiva è in trasformazione. Da una parte si afferma un’offerta legale sempre più ampia e competitiva, dall’altra chi pirata lo fa in modo più selettivo, concentrando l’interesse su contenuti specifici. A tracciare il quadro del fenomeno è l’indagine Ipsos, condotta per FAPAV, Federazione per la Tutela delle Industrie dei Contenuti Audiovisivi e Multimediali.

Più pirati, ma meno atti illeciti

Nel 2021 l’incidenza dei pirati dai 10-14 anni è salita al 51%, mentre risulta in calo la frequenza degli atti (-20% rispetto al 2019), con una preferenza di eventi di sport live, film, serie/fiction e programmi. Tra le modalità in calo, download/P2P e streaming illegale, ma in crescita il numero di chi ha fruito almeno una volta delle IPTV illecite (dal 10% nel 2019 al 23% nel 2021), pari a 11,7 milioni di individui, anche se gli abbonati ad almeno una IPTV illecita sono 2,3 milioni. Quanto alla condivisione delle credenziali di accesso delle piattaforme legali, al 41% dei ‘pirati’ è capitato di fruire almeno una volta di contenuti audiovisivi in abbonamento attraverso l’accesso con credenziali altrui non ritenendola una forma di pirateria.

Le stime dei danni economici

Il danno economico potenziale per le industrie dei contenuti è pari a 940 milioni di euro. Per quanto riguarda film, serie e fiction il danno potenziale è pari a 673 milioni di euro, con quasi 72 milioni di fruizioni perse, per eventi sportivi live la stima del danno economico risulta pari a 267 milioni di euro (circa 11 milioni di fruizioni perse).
Il fenomeno dell’illegalità nella fruizione di contenuti audiovisivi provoca danni in termini di fatturato (circa 1,7 miliardi di euro), di Pil (circa 716 milioni) e di entrate fiscali (circa 319 milioni). Ma la pirateria mette a rischio anche l’occupazione: si stima una perdita di posti di lavoro pari a 9400 unità.

Anche la sicurezza di utenti e dispositivi è a rischio

Le conseguenze non riguardano solo il fronte economico o industriale, ma anche la sicurezza degli utenti. Numerosi sono i rischi in relazione all’accesso a piattaforme illegali, legati a violazioni dei dati personali e bancari, oltre ai pericoli di malware e virus sui device. Si registra comunque una crescita della consapevolezza dell’illegalità e dei rischi connessi anche da parte dei più giovani. Rispetto alle forme di deterrenza, il 36% dei pirati nell’ultimo anno si è trovato davanti a siti web illegali oscurati, e di questi il 43% ha scelto di ricorrere a un’alternativa lecita (pay-tv e streaming legale).

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Export vino: +18,3%, trainato dagli spumanti tricolori

Posted by Valentina Beretta on
Export vino: +18,3%, trainato dagli spumanti tricolori

Secondo l’Osservatorio di Unione italiana vini (Uiv) l’export italiano di vino chiude il primo trimestre dell’anno con una crescita tendenziale in valore del 18,3%, pari a 1,7 miliardi di euro. Nonostante un leggero rallentamento rispetto ai primi 2 mesi dell’anno, in un trimestre in cui anche marzo chiude in positivo sale anche il prezzo medio: +12,2%. L’incremento, in parte ascrivibile al dollaro forte e ai lockdown del 2021, è trainato da un nuovo record degli spumanti tricolori, che nei primi tre mesi del 2022 segnano un +35,6%. Una crescita più che doppia rispetto ai vini fermi: +14,8%.

“I numeri messi a segno dal vino italiano sono sorprendenti”

In rialzo tutti i principali mercati della domanda, a eccezione di Germania e Cina. A marzo, Russia (-30% nel trimestre) e Ucraina segnano crolli rispettivamente del 65% e del 98%.
“I numeri messi a segno dal vino italiano – commenta il segretario generale di Unione italiana vini, Paolo Castelletti – sono sorprendenti, ancor più se si tiene conto di un 2021 in doppia cifra. È però troppo presto per capire che direzione prenderà il mercato nei prossimi mesi, con una domanda potenziale sempre più afflitta da una congiuntura negativa e dall’escalation della spirale inflattiva. Se a ciò si aggiunge l’aumento dei costi delle materie prime secche, che per le aziende si traduce in un surplus medio di spesa di oltre il 30%, è importante mantenere cautela ed evitare trionfalismi che potrebbero essere confutati nei prossimi mesi”.

Il boom del Prosecco su scala planetaria

Ed è lo sparkling a fare la parte del leone, con segni positivi ovunque, a partire dalle top-piazze estere: Usa (+18%), Uk, (+87%) e Germania (+20%). Ancora una volta è il Prosecco a trainare il comparto, con un autentico boom su scala planetaria (+40% a valore, +11,7% il prezzo medio), quasi il raddoppio degli ordini in Uk (+93%), Polonia (+85%) e Canada (+76%), e crescite ben oltre il 30% in aree come Germania, Francia, Belgio, Giappone, Repubblica Ceca e Norvegia. Una crescita, quella degli sparkling italiani, confermata dalle proiezioni dell’Osservatorio. L’esplosione della domanda post-Covid (+26% nel 2021, 7 bottiglie su 10 destinate all’estero) ha bruciato una tabella di marcia che prevedeva entro il prossimo biennio il superamento della soglia di 1 miliardo di bottiglie prodotte. A oggi, il rimbalzo fa prevedere un contingente di 1,1 miliardi di pezzi entro quest’anno, e 1,25 miliardi a fine 2023.

La domanda di bollicine è sempre meno legata a occasioni speciali

Si tratta di una progressione resa possibile grazie all’approccio alle bollicine di una domanda sempre più trasversale, ‘destagionalizzata’ rispetto alle occasioni classiche di consumo, e sempre meno legata a modalità di utilizzo esclusive.  Una rivoluzione, quella degli spumanti tricolori, focalizzata (come per la moda, il design e l’auto) sullo spostamento dell’attenzione dal prodotto al contesto. A partire dai competitor, che saranno sempre di più legati ad altre tipologie di bevande in grande crescita, come gli hard seltzer, i co-fermentati, i ready to drink e i low alcol.

Varie

Musei e teatri, la cultura riparte con il digitale

Posted by Valentina Beretta on
Musei e teatri, la cultura riparte con il digitale

L’esperienza della pandemia ha insegnato che la digitalizzazione è fondamentale per resistere a qualsiasi crisi. Anche quando si parta di attività culturali che, per fortuna, dopo gli scossoni dei mesi passati stanno tornando alla normale operatività. Tanto che nel 2021 sono tornate a crescere le entrate di musei (+36%) e teatri (+23%), sebbene ancora la metà delle istituzioni culturali italiane non abbia personale dedicato all’innovazione digitale.

La trasformazione digitale della cultura

La pandemia ha accelerato il processo di trasformazione digitale della Cultura che è stato in parte frenato dalla ripresa di attività in presenza nel 2021, ma i numeri delineano prospettive future ben chiare di un comparto che dovrà essere sempre più supportato dalla tecnologia. Lo riferisce l’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali condotto dalla School of Management del Politecnico di Milano. Sul fronte dell’innovazione digitale a supporto dei processi nei musei e nei teatri, nell’ultimo anno i numeri sono rimasti stabili, mentre su quello della produzione e distribuzione di contenuti digitali si è assistito a una razionalizzazione.

L’innovazione digitale nei musei e nei teatri

Gli strumenti digitali sono ormai un supporto importante ai processi gestionali nel settore della cultura. Qui i teatri presentano mediamente livelli leggermente più alti dei musei; l’acquisto online, ad esempio, è disponibile nel 78% dei teatri dotati di un sistema di biglietteria e incide sul totale delle entrate in maniera più significativa di quanto non avvenga nei musei. Dal sito diretto del teatro transita, infatti, mediamente l’11% dei ricavi e da altri intermediari online il 12% (nei musei le rispettive quote sono il 7% e il 4%). Guardando alle attività di marketing digitale, il 59% dei teatri fa advertising online o sui social, il 23% Search Engine Optimization, il 10% remarketing. Il 58% raccoglie dati in modalità digitale e il 14% ha investito in sistemi di cybersecurity e data protection. Su tutti questi ambiti si registrano percentuali inferiori di adozione da parte di musei, monumenti e aree archeologiche rispetto ai teatri.3
Gli indicatori su cui, invece, musei e teatri risultano allineati riguardano l’attenzione alla pianificazione strategica e la presenza di personale dedicato all’innovazione digitale. In entrambi i comparti, solo 1 istituzione culturale su 5 ha un piano strategico dedicato al digitale e 1 su 2 non ha nessuna risorsa dedicata al digitale.
Infine, guardando agli investimenti futuri, per i musei si conferma prioritario lavorare su conservazione e digitalizzazione della collezione, che impegnerà il 28% delle risorse. Riprende centralità, grazie al ritorno dei flussi di visitatori in presenza, anche la digitalizzazione dei servizi di supporto alla visita in loco, per cui si stima verrà stanziato il 19% sul totale degli investimenti.
Per i teatri, invece, l’investimento in digitale si concentrerà nei prossimi due anni su marketing, comunicazione e customer care (40%) e su ticketing, gestione delle prenotazioni e controllo accessi (18%).