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Italiani e influencer, è cambiato il rapporto dopo il “caso pandoro”?

Posted by Valentina Beretta on
Italiani e influencer, è cambiato il rapporto dopo il “caso pandoro”?

Il mondo dell’influencer marketing ha raggiunto un giro d’affari di quasi 20 miliardi di euro nel 2023, secondo la Commissione europea. Si è dunque consolidato come un settore cruciale nelle strategie commerciali delle aziende e nelle abitudini quotidiane degli italiani. Per esplorare più in profondità queste nuove dinamiche, BVA Doxa e FLU, specializzata in influencer marketing, hanno condotto un’indagine approfondita sul rapporto tra gli italiani e gli influencer. E’ ancora amore, soprattutto dopo il “caso Pandoro” che ha coinvolto l’esponente più famosa del web, Chiara Ferragni, e di riflesso anche il marito? 

Il contesto del mercato globale e nazionale

Il valore di quasi 20 miliardi di euro nel mondo sottolinea la portata economica dell’influencer marketing, diventato un elemento fondamentale per brand e aziende su scala globale. In Italia, la ricerca di BVA Doxa ha coinvolto un campione di 1000 utenti di Instagram tra i 18 e i 54 anni, analizzando la variazione della relazione tra follower e influencer nel periodo tra ottobre 2022 e gennaio 2024.

Quanto si utilizza Instagram e qual è il seguito degli influencer?

I risultati dell’indagine indicano che il 94% degli utenti accede a Instagram almeno una volta al giorno, con l’82% che lo fa più volte al giorno. Due su tre seguono almeno un influencer, e oltre la metà segue addirittura più di 10 influencer. Questi dati confermano l’ampia diffusione del fenomeno e l’incidenza significativa degli influencer nella vita quotidiana degli italiani. 

Fiducia e chiarezza: i pilastri di tutti i rapporti, anche quelli digitali 

Nonostante le recenti vicissitudini di Chiara Ferragni, l’indagine ha rivelato che la fiducia degli italiani nei confronti degli influencer rimane elevata. Ben il 90% dei nostri connazionali afferma di fidarsi degli influencer che segue. Il 77% degli intervistati dichiara di saper riconoscere se un contenuto è sponsorizzato o meno, evidenziando un alto grado di maturità e consapevolezza da parte degli utenti.

Impatto sulle scelte d’acquisto

Il 62% degli intervistati apprezza le sponsorizzazioni, e per l’86% del campione il post sui social media rappresenta ancora il punto di partenza per un successivo acquisto, registrando un aumento del 3% rispetto al 2022. Oltre due italiani su tre ammettono di aver acquistato un prodotto perché lo hanno visto sponsorizzato sui social media.

Ci vuole trasparenza

Rispetto all’indagine del 2022, la “competenza” degli influencer è cresciuta di 4 punti percentuali. Insieme alla “trasparenza”, quest’ultima continua a essere l’aspetto più rilevante per gli italiani nel valutare gli influencer e i contenuti da loro veicolati. In conclusione, l’indagine di BVA Doxa sottolinea che la fiducia degli italiani verso gli influencer resta alta, così come è elevato l’impatto dei social sulle decisioni d’acquisto. Insomma, questo settore continua a rivestire un’importanza strategica nella comunicazione e nelle dinamiche del mercato italiano.

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Intelligenza Artificiale, negli Usa in arrivo una legge per la trasparenza delle fonti

Posted by Valentina Beretta on
Intelligenza Artificiale, negli Usa in arrivo una legge per la trasparenza delle fonti

L’Intelligenza Artificiale e i suoi utilizzi sono tra i temi più caldi del momento. Tanto che due legislatori statunitensi, Anna Eshoo e Don Beyer hanno recentemente avanzato una proposta legislativa innovativa con l’obiettivo di regolamentare il settore dell’IA. La proposta, denominata “AI Foundation Model Transparency Act”, si concentra sulla trasparenza dei dati di addestramento delle IA e mira a imporre regole chiare ai creatori di modelli di intelligenza artificiale.

Rivelare le fonti usate per l’apprendimento  

La legge proposta impone ai creatori di modelli di IA di rendere note le fonti dei dati di addestramento. Tale divulgazione è cruciale per garantire che i detentori dei diritti d’autore siano consapevoli dell’utilizzo delle proprie informazioni. La proposta mira a indirizzare la Federal Trade Commission (FTC), in collaborazione con il National Institute of Standards and Technology (NIST), a stabilire regole dettagliate sulla trasparenza dei dati di addestramento.

Obiettivo: massima trasparenza

Le aziende coinvolte nello sviluppo di modelli di IA, riferisce Adnkronos, dovranno non solo rivelare le fonti dei dati utilizzati ma anche fornire dettagli sul processo di conservazione dei dati durante l’inferenza. Dovranno inoltre descrivere le limitazioni o i rischi associati al modello e come questo si allinea con il Framework di Gestione dei Rischi AI del NIST e altri standard federali. La proposta richiede anche informazioni sulla potenza computazionale utilizzata per addestrare e gestire il modello.

I modelli andranno testati per i casi critici

Un aspetto peculiare della proposta riguarda l’obbligo per gli sviluppatori di IA di segnalare gli sforzi compiuti per testare i modelli in scenari critici. Questo è particolarmente importante per prevenire la diffusione di informazioni inesatte o dannose in settori sensibili come medicina, biologia, cybersicurezza, elezioni, polizia, decisioni finanziarie, educazione, impiego, servizi pubblici e la protezione di popolazioni vulnerabili, come i bambini.

La questione dei diritti d’autore

La legge sottolinea l’importanza della trasparenza dei dati di addestramento in relazione ai diritti d’autore. Si fa riferimento a vari casi giudiziari contro aziende di IA, evidenziando la necessità di proteggere i detentori dei diritti d’autore da un uso improprio delle loro informazioni.

I prossimi step

La proposta si colloca in un contesto in cui l’uso pubblico di modelli di IA ha portato a numerosi casi di informazioni inesatte presentate al pubblico. La nuova norma dovrà essere sottoposta al vaglio di un comitato apposito, e al momento non è chiaro se ciò avverrà prima dell’inizio della serrata stagione delle campagne elettorali Usa.

Esiste già un ordine esecutivo in materia

La legge di Eshoo e Beyer si affianca all’ordine esecutivo sull’IA dell’amministrazione Biden, che mira a stabilire standard di segnalazione per i modelli di IA. Tuttavia, l’ordine esecutivo non ha forza di legge, quindi l’approvazione dell'”AI Foundation Model Transparency Act” trasformerebbe i requisiti di trasparenza per i dati di addestramento in una regola federale vincolante.

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Startup EdTech: il fatturato supera 2,8 miliardi di euro

Posted by Valentina Beretta on
Startup EdTech: il fatturato supera 2,8 miliardi di euro

In Italia il valore del mercato digital learning nel 2022 si attesta a circa 2,8 miliardi di euro (+26% vs 2021). La maggior parte delle aziende offre soluzioni software (75%) in ambito educativo, e i più grandi mercati di riferimento sono scuole (54%) e aziende (54%).

Le aziende nel 2022 hanno dedicato il 40% dell’intero budget della formazione a forme di digital learning, per una media di circa 480mila euro per organizzazione. Nelle università in media il 5,6% del budget di Ateneo nel 2023 è destinato alla trasformazione digitale, e circa 6 su 10 (57%) hanno aumentato gli investimenti rispetto all’anno precedente.
Insomma, cresce l’interesse da parte di aziende pubbliche, private, scuole e università verso le nuove tecnologie digitali a supporto dell’apprendimento. Lo conferma l’Osservatorio EdTech della School of Management del Politecnico di Milano.

Un mercato globale da 142 miliardi di dollari

Se le startup italiane del settore non sembrano aver sofferto del generale calo dei finanziamenti a livello globale, raddoppiando la raccolta complessiva di fondi nell’arco di dodici mesi, le previsioni per il 2023 a livello globale indicano che il fatturato delle aziende EdTech raggiungerà 142 miliardi di dollari (+15,4%). In generale, il settore dovrebbe crescere con un tasso medio annuo del 13,6% fino al 2030.

Il 40% del mercato riguarda il segmento delle scuole primarie e secondarie, trainato dalla crescente adozione del digitale a supporto della didattica. La fetta più grande del fatturato appartiene ai prodotti hardware (41%), che predominano su soluzioni software e di contenuti.

Formazione scolastica e universitaria

Il 97% delle scuole ha presentato una o più progetti negli ultimi 3 anni per la ricezione di finanziamenti volti a favorire l’innovazione tecnologica, in particolare, nell’ambito del PNRR. I vantaggi legati all’adozione di soluzioni digitali per la didattica riguardano maggior coinvolgimento degli studenti (78%), inclusione dei ragazzi più introversi o con bisogni particolari (68%) e aumento dell’efficacia (50%). Le tecnologie più diffuse sono software per creare mappe concettuali, indicate soprattutto per chi soffre di Disturbi Specifici dell’Apprendimento (78%).

Il 72% delle università ha inserito la trasformazione digitale nel proprio piano strategico, e la maggior parte degli atenei offre una buona percentuale di corsi di studio in presenza supportati da strumenti digitali (96%).
Gli strumenti più innovativi maggiormente diffusi? Open badge (58%), sistemi di gamification (46%) e realtà virtuale e/o aumentata (31%).

Formazione corporate

Benché la maggior parte del Top Management sia consapevole dell’importanza della formazione per il raggiungimento degli obiettivi strategici, solo il 35% delle organizzazioni integra formalmente i piani formativi nei piani strategici aziendali.
Oggi, il canale del digitale è quello più utilizzato per erogare contenuti formativi, e supera la tradizionale lezione d’aula.

Il digitale viene utilizzato principalmente a supporto della formazione obbligatoria, inclusi i temi legati alla sicurezza sul lavoro, e della formazione linguistica. E il trend di investimento in digitale da parte delle aziende per il 2023 è previsto in crescita del 4,9%.

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Prestiti per lo studio: erogati oltre 220 milioni di euro

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Prestiti per lo studio: erogati oltre 220 milioni di euro

Più di 220 milioni di euro: questo è il valore dei prestiti personali erogati agli italiani nei primi otto mesi del 2023 per affrontare spese legate all’istruzione secondo le stime di Facile.it e Prestiti.it. L’analisi si basa su oltre 260.000 domande di finanziamento raccolte online da entrambi i portali e rivela due tendenze significative.

L’importo medio? 6.752 euro

Innanzitutto, l’importo medio richiesto è stato di 6.752 euro, in calo del 4% rispetto all’anno precedente. Tuttavia, il peso percentuale delle richieste di prestiti per scopi educativi è aumentato del 6,2%. Questo suggerisce che, nonostante una riduzione nell’importo richiesto, sempre più persone cercano finanziamenti per sostenere i costi legati all’istruzione.
Aligi Scotti, Responsabile BU prestiti di Facile.it, sottolinea: “Il costo dell’istruzione in Italia può essere elevato, e l’incremento dei prezzi dell’ultimo anno non aiuta le famiglie. Già dalle prime fasi scolastiche, le spese possono arrivare a centinaia di euro, ma quando si parla di istruzione universitaria o post-universitaria, i costi possono essere molto più elevati. Un prestito personale può rappresentare una soluzione per alleggerire il carico di queste spese sul bilancio familiare e un modo per continuare a investire nel proprio futuro senza dover rinunciare all’istruzione”.

Un terzo delle richieste è fra i 3.000 e i 5.000 euro

Esaminando più da vicino gli importi richiesti per finanziamenti legati all’istruzione, emerge che quasi un terzo delle richieste era per meno di 3.000 euro. Le domande per importi medi, tra i 3.000 e i 5.000 euro, sono aumentate significativamente, rappresentando il 31% del totale (rispetto al 26% dell’anno precedente). Al contrario, le richieste di oltre 10.000 euro sono diminuite del 10% su base annua.

L’età media dei richiedenti? 35 anni

Analizzando il profilo dei richiedenti prestiti personali per spese educative, emerge che l’età media è di 35 anni, ma i giovani under 26 rappresentano il 30% delle richieste, con un aumento di quasi il 5% rispetto all’anno precedente. Inoltre, i prestiti per l’istruzione sono particolarmente richiesti sia dai giovani che dalle donne; il 41% delle richieste proviene dal campione femminile, un dato significativo considerando che, nel totale dei prestiti, le donne rappresentano meno del 27% delle richieste.
In sintesi, i prestiti personali per coprire le spese legate all’istruzione sono diventati sempre più comuni in Italia, con un importo medio in calo ma un numero crescente di richieste. Questo riflette la crescente consapevolezza dell’importanza dell’istruzione e la volontà di investire nel proprio futuro, anche attraverso soluzioni finanziarie.

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Medie imprese: come difendersi dalle Great Resignation e trattenere il personale?

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Medie imprese: come difendersi dalle Great Resignation e trattenere il personale?

Come possono le medie imprese difendersi dal fenomeno delle Grandi dimissioni, e impedire una la massiccia fuoriuscita di personale dalle aziende? Soprattutto, attraverso gli aumenti di stipendio, ma anche tramite la concessione di benefit aziendali e la flessibilità dell’orario di lavoro.
Sono queste le leve che le medie imprese italiane, affamate di personale qualificato, utilizzano per far fronte alla Great Resignation, il fenomeno, sempre più diffuso, delle dimissioni volontarie del personale. Secondo le stime di Unioncamere e del Centro studi Tagliacarne nel 2022 le dimissioni volontarie sono state pari a circa il 19,5% del totale delle interruzioni lavorative, ovvero 1,66 milioni su 8,5 milioni di cessazioni lavorative in totale, mentre nel 2018 erano state percentualmente molto inferiori, pari a circa il 14%.

La leva principale è l’incremento del salario

A quanto emerge da un’indagine condotta da Unioncamere e dal Centro studi Tagliacarne, svolta in collaborazione con l’Area Studi di Mediobanca e presentata recentemente a Milano, la modalità che più di frequente viene adottata dalle medie imprese italiane per trattenere il personale qualificato in azienda è appunto l’incremento salariale, dichiarato dal 50% del campione intervistato. Seguono, a moderata distanza, il riconoscimento di benefit aziendali, dichiarato dal 29%, e la flessibilità degli orari di lavoro, dal 27%.

Poche aziende puntano su smart working o coinvolgimento nelle decisioni aziendali

A maggiore distanza le aziende segnalano di offrire maggiore autonomia nelle mansioni (19%), riconoscimento del lavoro svolto (18%), incentivi per la formazione (14%).
Meno ‘appeal’, al fine di non perdere le risorse aziendali migliori, sembrano avere la concessione dello smart working (13%), quella di percorsi di carriera privilegiati (12%) o di percorsi di carriera accelerati (7%).
“Solo poco più del 10% delle medie imprese – commentano Unioncamere e Centro Studi Tagliacarne – punta sullo smart working o sul coinvolgimento nelle decisioni aziendali per trattenere il capitale umano. E meno del 10% offre la possibilità di accedere a percorsi di carriera accelerati”.

I lavoratori più giovani chiedono anche più tempo per coltivare affetti e passioni

“Dalle risposte delle aziende – aggiunge Andrea Prete, presidente di Unioncamere – si conferma che i lavoratori, in particolare quelli più giovani, chiedono non solo uno stipendio adeguato alle proprie capacità, che è pure un fattore molto importante, ma anche la possibilità di coltivare interessi, hobby e affetti familiari”. Ma il 16% delle aziende intervistate dichiara di non adottare alcuna pratica per trattenere il personale.  

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Per i giovani l’Intelligenza Artificiale è il motore dell’innovazione

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Per i giovani l’Intelligenza Artificiale è il motore dell’innovazione

Chi ha paura dell’Intelligenza artificiale? Non certo i giovani, anzi. Lo conferma la seconda edizione del Rapporto dell’Osservatorio su Innovazione e Digitale, dal titolo ‘Giovani, innovazione e transizione digitale’, promosso da Angi Ricerche, in collaborazione conLab21.01.
Per gli under 35, infatti, l’AI rappresenta il primo motore dell’innovazione nonché il principale megatrend della transizione ecologica e digitale. Il Rapporto è stato presentato nel corso dello Young Innovators Business Forum, l’evento dedicato all’innovazione e alle nuove generazioni.
Una manifestazione che punta a mettere in luce le principali sfide del nostro ecosistema paese, con una panoramica sui nuovi trend tecnologici, le future generazioni e la transizione ecologica e digitale.

Megatrend del futuro: italiani vs under 35

Secondo il rapporto, quindi, per i giovani il futuro è nell’Intelligenza Artificiale: lo sostiene il 20% di loro, contro il 10% degli italiani in generale. Questo segna un cambio di rotta rispetto alle generazioni precedenti, che al contrario, continuano a considerare dominanti altre tendenze. Come l’e-commerce, individuato come megatrend del futuro dal 10% degli italiani in generale, contro il 3% degli under 35. Oppure, gli smart places, individuato da quasi il 15% contro il 4% dei giovani, e l’entertainment (15% contro 12%).

“Una divergenza generazionale nelle aspettative”

“Appare evidente una divergenza generazionale nelle aspettative e nelle rappresentazioni del futuro del mercato – commenta Roberto Baldassari, Direttore del Comitato Scientifico Angi -. Ciò che ha significato un ponte per il futuro negli ultimi anni per gli under 35 è ormai un asset della vita quotidiana.  Su tutti, è l’e-commerce, a oggi integrato nel ciclo di vita dei prodotti e surclassato dalle nuove frontiere tecnologiche e digitali”.
Invece, “il potenziale dell’Intelligenza artificiale è considerato ancora tutto da esplorare e offre nuove opportunità, oltre che spazio per l’apporto di competenze e idee da parte dei nuovi giovani professionisti che faranno il loro ingresso in azienda”, aggiunge Gabriele Ferrieri, presidente di Angi.
Ma un fattore importante di sviluppo del mercato è quello dell’innovazione, che insieme alla sostenibilità rappresenta uno dei fronti principali per assicurare un futuro ai giovani e al paese in generale.

Puntare sulla tecnologia per migliorare la qualità della vita

Per migliorare la qualità della vita nelle città secondo i giovani è necessario investire anzitutto sull’innovazione e la tecnologia (37,1% under 35 contro 27,6% totale), mentre per il campione complessivo la priorità è incentivare acquisto di mezzi elettrici (34,6% contro 29,7% under 35).
Da una parte, riporta Askanews, si spinge sulla creazione di condizioni favorevoli, mentre dall’altra si adotta un approccio incentrato sui comportamenti di consumo. Aumentare il livello di comunicazione ai cittadini sul concetto di Smart mobility è invece importante per il 20,3% del campione. Ma meno rilevanza si dà alle politiche nazionali e locali per ridurre l’inquinamento (12,9% dei giovani e 17,5% del totale).

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WhatsApp, 15 minuti per correggere i messaggi già inviati  

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WhatsApp, 15 minuti per correggere i messaggi già inviati  

Finalmente si può correggere senza eliminare e riscrivere tutto. E’ di questi giorni la notizia che riguarda Whatsapp, il principale sistema di messaggistica a livello globale, che ha attivato una nuova funzionalità. WhatsApp ha finalmente introdotto la tanto attesa opzione di modifica dei messaggi, che consentirà agli utenti di correggere eventuali errori o aggiungere emoji entro 15 minuti dall’invio. Per modificare un messaggio, basterà premere su di esso e selezionare l’opzione “Modifica” dal menu. Una volta apportate le correzioni, il messaggio mostrerà la dicitura “modificato” accanto all’orario di invio.
Questa funzione sarà particolarmente utile per refusi durante la battitura o per aggiungere emoji che erano state dimenticate in un messaggio precedentemente inviato. Come già accaduto con i file multimediali e le chiamate, pure i messaggi modificati sono protetti da crittografia end-to-end. L’importante è ricordare che l’opzione di modifica sarà disponibile solo per i primi 15 minuti dopo l’invio del messaggi. Trascorso il quarto d’ora, non ci sarà altro da fare che lasciarlo così o alla peggio eliminarlo. 

La funzione sarà disponibile globalmente nelle prossime settimane 

Secondo quanto dichiarato da WhatsApp, questa funzione è stata sviluppata da tempo ed è previsto che sia resa disponibile a tutti gli utenti nelle prossime settimane. L’aggiunta di questa nuova opzione farà sì che WhatsApp rimanga allineato con  altri servizi di messaggistica, come Telegram.

La modifica? Non visibile in chat

L’introduzione della modifica dei messaggi offrirà agli utenti la possibilità di correggere errori immediatamente, senza dover cancellare e reinviare il messaggio. Inoltre, poiché la modifica non sarà visibile agli altri partecipanti alla chat, si eviteranno possibili confusioni. Tuttavia, alcuni utenti potrebbero preoccuparsi di eventuali abusi di questa funzione. Ad esempio, un utilizzatore potrebbe inviare un messaggio provocatorio o offensivo e poi modificarlo prima che gli altri lo leggano. WhatsApp dovrà affrontare questa problematica con una politica chiara e precisa sull’uso della funzione di modifica dei messaggi.

L’importanza di un testo “preciso”

Il fatto che questa funzione di modifica sia stata richiesta da molti utenti di WhatsApp sottolinea l’importanza di un controllo più accurato sul testo inviato. Si tratta di un passo importante verso un’esperienza utente più soddisfacente nel contesto della messaggistica digitale. Sebbene questa opzione da sola non risolva tutti i problemi di comunicazione, rappresenta sicuramente un miglioramento significativo nel processo di scambio di informazioni tra gli utenti della piattaforma.

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TikTok: quali sono le nuove funzionalità contro chi viola le regole?

Posted by Valentina Beretta on
TikTok: quali sono le nuove funzionalità contro chi viola le regole?

TikTok annuncia nuove funzionalità per intervenire in modo più efficace nei confronti di chi viola ripetutamente le policy, ma anche per favorire una maggiore trasparenza su tutte le decisioni relative all’applicazione delle Linee Guida della Community. Il nuovo aggiornamento nell’applicazione delle policy che disciplinano gli account, consente di intervenire in modo più efficace e mirato nei confronti di chi non rispetta le regole, aiutando a rimuovere con più efficienza e rapidità i profili ritenuti pericolosi. Al tempo stesso, fornisce un quadro più chiaro ai creator che invece seguono le regole, senza penalizzare chi non le rispetta involontariamente.

Account recidivi a rischio rimozione permanente

Secondo le analisi di TikTok quasi il 90% dei creator che viola le regole lo fa utilizzando sempre la stessa funzionalità, e oltre il 75% lo fa ripetutamente nei confronti della stessa categoria di policy. Con il nuovo sistema, ogni volta che un utente pubblica un contenuto in contrasto con una delle Linee Guida della Community l’infrazione viene registrata sul suo account nel momento in cui il contenuto viene rimosso. Quando l’account raggiunge il limite di violazioni stabilito per una determinata funzionalità (come commenti o Live) o policy (come bullismo o molestie), l’account viene rimosso in maniera permanente. Le soglie variano a seconda del potenziale danno che la violazione può causare ai membri della community. Ad esempio, il limite può essere più restrittivo per violazioni della policy come la promozione di ideologie d’odio, e meno ‘pesante’ per la condivisione di spam poco pericoloso, riporta Adnkronos.

Una funzione avviserà i creator quando il video è stato rimosso

Va precisato che il ban non dipende dal numero degli strike, ma ne basta anche uno solo particolarmente grave per essere considerati account a rischio. Le nuove funzioni di TikTok saranno disponibili nella nuova sezione ‘Stato dell’Account’, che dovrebbe essere disponibile entro 90 giorni. Questa però non sarà l’unica novità, in quanto è prevista una funzione che avviserà i creator quando il video è stato rimosso dalla funzione ‘Per te’ e di presentare ricorso nel caso in cui il provvedimento sia immotivato.

Un pubblico sempre più maturo 

Il social nato in Cina nel 2014 con il nome Musical.ly, inizialmente doveva avere finalità educative. I suoi creatori Alex Zhu e Luyu Yang volevano creare un’app in grado di insegnare agli utenti più giovani diverse materie scolastiche attraverso brevi video da 3 a 5 minuti.
Finora TikTok, riferisce PassioneTecnologica, è stato scaricato oltre 3 miliardi di volte, e oggi conta un milione di utenti attivi ogni mese, con un tasso di penetrazione del 5,96%. Per la maggior parte gli utenti appartengono ai nati tra 1997-2012, cioè i cosiddetti GenZ, e una piccola parte i nati tra 1981-1996, i GenY. Ma ultimamente il social sta acquistando utenti anche tra un pubblico più maturo. Nel 2022, in Italia, gli utenti unici mensili sono stati 14,8 milioni di età compresa tra 13 e 55 anni.

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Lavoro: le previsioni per il 2023

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Lavoro: le previsioni per il 2023

Quali sono le previsioni per il mondo del lavoro nel 2023? Secondo Jabra, nonostante il clamore sul metaverso e i cambiamenti nel modo di lavorare, la tecnologia per spostare il posto di lavoro in un ambiente virtuale immersivo è ancora lontana. Nel 2023 l’ambiente professionale sarà ancora molto simile a quello del 2022, con le aziende che perfezioneranno l’approccio al lavoro ibrido. Inoltre, se nel 2023 la fidelizzazione dei dipendenti si stabilizzerà, e se il periodo delle grandi dimissioni è stato superato, a causa dei tempi economici incerti la tendenza ad abbandonare il posto di lavoro è destinata a stabilizzarsi, ma non a scomparire.

Per i dipendenti più benefici digitali 

Per invertire questa tendenza i leader devono mostrare maggiore riconoscimento per le sfide finanziarie che stanno affrontando i dipendenti e il ruolo mutevole che sta assumendo il lavoro nella vita delle persone. Nel 2023, quindi, i lavoratori assisteranno all’aumento dei benefici digitali per la loro attività. Uno studio di Microsoft rileva che il 76% dei dipendenti resterebbe più a lungo in un’azienda se potesse beneficiare di un maggiore supporto all’apprendimento e lo sviluppo. Nel 2023 le aziende integreranno quindi più diffusamente benefici digitali quali corsi online, abbonamenti ad app per la salute mentale e tecnologie di collaborazione professionale.
Inoltre, secondo il Jabra Hybrid Ways of Working 2022 Global Report, dall’inizio della pandemia circa la metà delle imprese a livello globale ha riconfigurato i propri uffici.

Uffici ridimensionati per relazioni più autentiche

Nel 2023 si assisterà al passaggio da spazi di lavoro ‘basati sui compiti’ a quelli ‘basati sull’interazione’. Ciò significa ridurre l’ingombro degli immobili a favore di uffici più concentrati e costruiti ad hoc, con una tecnologia che consenta alle persone di sperimentare interazioni autentiche con i colleghi, anche quelli che non sono presenti in ufficio. I leader però dovranno affrontare l’impatto sui dipendenti dell’incertezza macroeconomica. L’incombere della recessione e il rallentamento della domanda preoccupa le aziende, ma queste devono anche considerare il peso dell’incertezza macroeconomica sulla salute mentale dei dipendenti. Se le aziende vogliono superare la tempesta, devono adottare misure proattive per sostenere i dipendenti in questo periodo incerto.

I call center da remoto

La pandemia ha portato a rapidi cambiamenti nelle modalità di lavoro, ma per molte imprese la presenza di call center ibridi o flessibili sta diventando una caratteristica permanente, riferisce Askanews. Amazon, ad esempio, sta riconfigurando i suoi call center da remoto al 100%. Allo stesso tempo, i call center non sono stati immuni dall’impatto delle grandi dimissioni, che combinato a una potenziale recessione hanno creato una tempesta perfetta per i leader. Nel 2023 si si può quindi aspettare che le aziende si concentrino maggiormente sulla fidelizzazione, la formazione e il benessere, e che implementino nuove tecnologie per reinventare il ruolo del supervisore in un ambiente remoto o ibrido.

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La pirateria audiovisiva in Italia

Posted by Valentina Beretta on
La pirateria audiovisiva in Italia

Il 2021 conferma un aumento dell’incidenza della pirateria tra la popolazione italiana adulta (43%), ma anche un calo nel numero di contenuti audiovisivi piratati: nel 2021 si stimano circa 315 milioni di atti illeciti, -24% rispetto al 2019.  I film rimangono il contenuto più visto illecitamente (29%), seguito da serie/fiction (24%) e programmi (21%). Discorso a parte per gli sport live: nel 2019 la percentuale di fruizione si attestava al 10%, nel 2021 sale al 15%. In Italia la pirateria audiovisiva è in trasformazione. Da una parte si afferma un’offerta legale sempre più ampia e competitiva, dall’altra chi pirata lo fa in modo più selettivo, concentrando l’interesse su contenuti specifici. A tracciare il quadro del fenomeno è l’indagine Ipsos, condotta per FAPAV, Federazione per la Tutela delle Industrie dei Contenuti Audiovisivi e Multimediali.

Più pirati, ma meno atti illeciti

Nel 2021 l’incidenza dei pirati dai 10-14 anni è salita al 51%, mentre risulta in calo la frequenza degli atti (-20% rispetto al 2019), con una preferenza di eventi di sport live, film, serie/fiction e programmi. Tra le modalità in calo, download/P2P e streaming illegale, ma in crescita il numero di chi ha fruito almeno una volta delle IPTV illecite (dal 10% nel 2019 al 23% nel 2021), pari a 11,7 milioni di individui, anche se gli abbonati ad almeno una IPTV illecita sono 2,3 milioni. Quanto alla condivisione delle credenziali di accesso delle piattaforme legali, al 41% dei ‘pirati’ è capitato di fruire almeno una volta di contenuti audiovisivi in abbonamento attraverso l’accesso con credenziali altrui non ritenendola una forma di pirateria.

Le stime dei danni economici

Il danno economico potenziale per le industrie dei contenuti è pari a 940 milioni di euro. Per quanto riguarda film, serie e fiction il danno potenziale è pari a 673 milioni di euro, con quasi 72 milioni di fruizioni perse, per eventi sportivi live la stima del danno economico risulta pari a 267 milioni di euro (circa 11 milioni di fruizioni perse).
Il fenomeno dell’illegalità nella fruizione di contenuti audiovisivi provoca danni in termini di fatturato (circa 1,7 miliardi di euro), di Pil (circa 716 milioni) e di entrate fiscali (circa 319 milioni). Ma la pirateria mette a rischio anche l’occupazione: si stima una perdita di posti di lavoro pari a 9400 unità.

Anche la sicurezza di utenti e dispositivi è a rischio

Le conseguenze non riguardano solo il fronte economico o industriale, ma anche la sicurezza degli utenti. Numerosi sono i rischi in relazione all’accesso a piattaforme illegali, legati a violazioni dei dati personali e bancari, oltre ai pericoli di malware e virus sui device. Si registra comunque una crescita della consapevolezza dell’illegalità e dei rischi connessi anche da parte dei più giovani. Rispetto alle forme di deterrenza, il 36% dei pirati nell’ultimo anno si è trovato davanti a siti web illegali oscurati, e di questi il 43% ha scelto di ricorrere a un’alternativa lecita (pay-tv e streaming legale).