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Smart working in Italia, cosa ne pensano i lavoratori? E cosa fanno le aziende?

Posted by Valentina Beretta on
Smart working in Italia, cosa ne pensano i lavoratori? E cosa fanno le aziende?

Il lavoro da remoto ha assunto un ruolo sempre più centrale nelle dinamiche lavorative italiane, con significative implicazioni sul benessere dei dipendenti e sull’organizzazione aziendale. Secondo un’indagine condotta da ASUS Business, solo il 6,3% degli intervistati lavora completamente da remoto, mentre il 51,2% ha la possibilità di adottare lo smart working per 2-3 giorni alla settimana.

Questa flessibilità sembra incidere positivamente sulla soddisfazione complessiva dei dipendenti, soprattutto per quanto riguarda l’equilibrio tra vita personale e lavorativa. 

Vantaggi e svantaggi del lavoro da remoto 

L’adozione dello smart working ha portato diversi vantaggi, come la riduzione degli stress legati agli spostamenti casa-lavoro. Tra i vantaggi evidenziati, emerge che il 51% delle persone lavora con più calma, anche se questo significa spalmare le attività su più ore lavorative per gestire meglio le mansioni.

Tuttavia, emerge anche una serie di sfide, tra cui il senso di isolamento e il deterioramento delle relazioni che nascono lavorando in team. Questi aspetti negativi sembrano colpire maggiormente i lavoratori più anziani, mentre le nuove generazioni mantengono una visione più positiva. Anche le nuove leve, però, si trovano ad affrontare alcune sfide, quali la gestione a distanza dei lavori di gruppo e la mancanza di coordinamento.

Stabilità del mercato del lavoro e supporto aziendale

Nonostante le criticità associate allo smart working, la ricerca evidenzia una notevole stabilità nel mercato del lavoro italiano, con la maggior parte dei lavoratori che rimane nelle stesse aziende per oltre 5 anni. Si riscontrano però carenze nell’infrastruttura tecnologica fornita dalle imprese per supportare il lavoro da remoto, con solo il 45% dei dipendenti che utilizza un PC aziendale. Addirittura, il 60% degli smartworker si paga personalmente la connessione internet.

Inoltre, solo il 40% delle aziende ha implementato maggiori sistemi e protocolli di sicurezza informatica per il lavoro a distanza. Si tratta di elementi che evidenziano la necessitò di ribadire l’importanza del supporto aziendale e della sicurezza informatica per il benessere dei dipendenti e la continuità del lavoro.

Per concludere

Nonostante alcune difficoltà, ad oggi lo smart working è visto come un vero e proprio benefit per chi sta cercando una nuova azienda con la quale collaborare, e con l’introduzione da parte di alcuni big player della settimana lavorativa da 4 giorni, l’attenzione all’equilibrio fra vita personale e professionale è un pilastro fondamentale. Un pilastro a cui molti talenti non vogliono rinunciare.

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Mutui: è vero che i tassi inizieranno a scendere a maggio?

Posted by Valentina Beretta on
Mutui: è vero che i tassi inizieranno a scendere a maggio?

Facile.it ha analizzato i futures sugli Euribor, che rappresentano le aspettative di mercato, e ha scoperto che le rate dei mutui potrebbero iniziare a diminuire tra maggio e giugno. Un calo comunque modesto, compreso tra 14 e 22 euro circa per un mutuo variabile medio.
Per i calcoli, Facile.it ha considerato un mutuo medio variabile (126.000 euro in 25 anni, LTV 70%) sottoscritto a gennaio 2022, la cui rata a febbraio 2024 si è attestata a circa 751 euro rispetto ai 456 euro iniziali.

Insomma, “Chi ha un mutuo a tasso variabile dovrà stringere i denti ancora per un po’- sottolineano gli esperti di Facile.it – o valutare opzioni come la surroga per abbassare le rate”. Perché la discesa dei tassi sarà più lenta rispetto a quanto si aspettavano i mercati a inizio anno.

Nel 2024 stabili LTV e valore medio dell’immobile

Riguardo ai futures (aggiornati al 28 febbraio 2024) emerge che l’Euribor a 3 mesi dovrebbe scendere a circa il 3% entro la fine dell’anno, arrivando al 2,65% entro giugno 2025.

In questo caso, la rata scenderebbe di 67 euro entro dicembre 2024, per un calo di 100 euro a giugno 2025.
Quanto alla richiesta di mutui destinati all’acquisto della prima casa, chi ha presentato domanda di finanziamento nei primi due mesi del 2024 ha puntato a ottenere, in media, 136.523 euro da restituire in 25 anni. Stabili l’LTV (il rapporto tra valore del mutuo e dell’immobile) pari al 71%, e il valore medio dell’immobile oggetto di mutuo (circa 187.000 euro).

Aumenta l’età media dei richiedenti

L’unico dato peggiorato è l’età media di chi presenta domanda di finanziamento, aumentata di quasi un anno e arrivata a poco più di 37 anni e mezzo.
L’aumento è ascrivibile al calo del peso percentuale degli under36 sul totale dei richiedenti, dal 53% del 2023 al 49% del 2024.

Sul fronte dell’offerta, nei primi due mesi dell’anno le condizioni proposte dalle banche sono state nel complesso favorevoli, in particolare per i tassi fissi, con indici in costante calo.
Le migliori offerte per un mutuo standard da 126.000 euro in 25 anni (LTV 70%), partono da un TAN fisso pari al 2,87% e una rata di 589 euro. A gennaio 2024 la rata migliore era pari a 604 euro.

Fisso o variabile? Non c’è dubbio, meglio il primo

Stabili, invece, i tassi variabili, che restano sensibilmente più costosi, con i migliori TAN che partono dal 4,66%, pari a una rata di 705 euro.
La distanza tra tassi variabili e fissi ha spinto la quasi totalità dei richiedenti, più di 9 su 10, a scegliere questa seconda opzione.

Il calo dei tassi fissi continua a essere un’opportunità per coloro che vogliono provare ad approfittare della surroga, che nei primi due mesi del 2024 ha rappresentato un quarto della domanda totale di mutui (25%). Dato in aumento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, quando era pari al 17%.

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Passaporti che “contano”: quello italiano è tra i più “potenti” al mondo

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Passaporti che “contano”: quello italiano è tra i più “potenti” al mondo

Ogni anno l’autorevole Henley Passport Index ‘pesa’ i passaporti in base al numero di destinazioni raggiungibili dai titolari senza necessità di visto, evitando quindi burocrazia e attese per il via libera. Basata su dati verificabili della International Air Transport Association (Iata) l’Henley Passport Index è la classifica di Henley & Partners, nota società di consulenza sulla cittadinanza e la residenza globale con sede a Londra e oltre 25 uffici nel mondo.

E in campo di passaporti, a sorpresa, svetta proprio il nostro Paese: è uno di quelli che consentono di visitare senza visto il maggior numero di Stati al mondo.
Insomma, anche un passaporto può fare la differenza specie se, come quello italiano, permette di entrare senza visto in ben 194 Paesi del globo.

Nel 2024 medaglia d’oro a sei Paesi 

Henley & Partners ha calcolato un indice che stila in base al valore raggiunto una classifica dei ‘passaporti più potenti del mondo’.
“Quest’anno – ha annunciato la società londinese – ben sei Paesi, un numero senza precedenti, si sono aggiudicati il primo posto per la ‘forza’ del loro passaporto”.
E l’Italia, con il suo passaporto, dopo aver ricoperto la settima posizione della classifica l’anno scorso, entra nel palmarès 2024.

L’anno precedente, a pari merito con Finlandia e Lussemburgo, il passaporto rilasciato dal nostro Paese vantava infatti ‘solo’ 189 destinazioni raggiungibili senza visto.

Italia, Germania, Francia, Giappone, Singapore e Spagna a pari merito

In generale, il rapporto mette in evidenza che anche quest’anno appena iniziato i passaporti europei si confermano come generalmente ‘forti’, o comunque, tra i più forti del mondo.

La prima posizione, in particolare, è condivisa a pari merito con l’Italia da Germania, Francia, Giappone, Singapore e Spagna. Da notare che in altri Paesi, come la Francia e il Giappone, la notizia normalmente è seguita da grande clamore. Tanto che il primo canale della televisione d’Oltralpe, Tf1, ha addirittura ‘incoronato’ la Francia campionessa per la forza del suo passaporto nel mondo. 

Una classifica basata sui dati dell’Associazione Internazionale del Trasporto Aereo

L’Henley Passport Index, riporta Agi, precisa ancora la società, “si basa su dati esclusivi dell’Associazione Internazionale del Trasporto Aereo, il più grande e accurato database di informazioni di viaggio, ed è stato migliorato dal team di ricerca di Henley & Partners”.

I risultati della ricerca con le classifiche e gli approfondimenti del caso sono disponibili all’interno del Global Mobility Report 2024.

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La società italiana del 2023 nel 57° Rapporto Censis

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La società italiana del 2023 nel 57° Rapporto Censis

Sonnambuli e ciechi dinanzi ai presagi: è così che definisce gli italiani il capitolo La società italiana al 2023 del 57° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese.
Un Paese affetto da una profonda crisi demografica, tanto che nel 2050 avremo quasi 8 milioni di persone in età lavorativa in meno.

Intrappolati nel mercato dell’emotività, per il 69% la globalizzazione porta più danni che benefici e il 60% ha paura che scoppierà una guerra mondiale. Intanto monta l’onda delle rivendicazioni dei diritti civili individuali e delle nuove famiglie. E nella siderale incomunicabilità generazionale va in scena il dissenso senza conflitto dei giovani.

Il mercato dell’emotività

Resi più fragili dal disarmo identitario e politico, feriti da un profondo senso di impotenza, l’80,1% degli italiani (84,1% giovani) è convinto che l’Italia sia irrimediabilmente in declino.

Nell’ipertrofia emotiva in cui la società italiana si è inabissata, le argomentazioni ragionevoli possono essere capovolte da continue scosse emozionali. Tutto è emergenza, quindi, nessuna lo è veramente. Così trovano terreno fertile paure amplificate, fughe millenaristiche, spasmi apocalittici, l’improbabile e il verosimile.
È poi il tempo dei desideri minori: non più uno stile di vita all’insegna della corsa ai consumi per conquistare l’agiatezza, ma una ricerca di piaceri consolatori per garantirsi uno spicchio di benessere.

Occupazione e inquietudini sociali

Siamo passati rapidamente dall’allarme sulla disoccupazione al record di occupati, mentre il sistema produttivo lamenta sempre più frequentemente la carenza di manodopera e figure professionali.
Inoltre, se le famiglie in Italia sono 25,3 milioni (tradizionali, 52,4%) il numero dei matrimoni si riduce (da 246.613 nel 2008 a 180.416 nel 2021) e oggi 1,6 milioni di famiglie (11,4%e) sono costituite da coppie non coniugate.

Sembra poi giunta a maturazione una nuova stagione di rivendicazioni di diritti civili: il 74,0% è favorevole all’eutanasia, il 70,3% approva l’adozione da parte dei single, il 65,6% è a favore del matrimonio tra persone dello stesso sesso e il 54,3% dell’adozione di figli da parte di persone dello stesso sesso, e il 72,5% è favorevole all’introduzione dello Ius Soli.

Dissenso senza conflitto: l’incomunicabilità generazionale

La distanza esistenziale dei giovani di oggi dalle generazioni precedenti sembra abissale. Oggi i 18-34enni sono poco più di 10 milioni (17,5% della popolazione): in vent’anni ne abbiamo perso quasi 3 milioni.

I giovani sono pochi, esprimono un leggero peso demografico, quindi contano poco. La grande maggioranza degli italiani (57,3%) riconosce che i giovani, in questo momento, sono la generazione più penalizzata di tutte.
Gli anziani rappresentano invece il 24,1% della popolazione complessiva, e quelli di domani saranno sempre più senza figli e sempre più soli.
Nel 2040 le famiglie unipersonali aumenteranno fino a 9,7 milioni (37,0% del totale), e di queste, quelle costituite da anziani diventeranno quasi il 60% (5,6 milioni).

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Mobilità sostenibile, il motore dell’innovazione in città 

Posted by Valentina Beretta on
Mobilità sostenibile, il motore dell’innovazione in città 

La mobilità è un comparto in forte crescita, anche grazie alle soluzioni sostenibili proposte dalle imprese. Il 5,7% delle start-up innovative italiane, pari a 836 imprese, è infatti attivo proprio nei settori legati alla mobilità.
È una delle prime evidenze emerse dal rapporto ‘Le start-up innovative in ambito mobilità’, l’analisi curata dal Centro Studi di Assolombarda presentata a Milano nell’ambito della rassegna MCE 4×4 – Incroci e Transizioni, promossa da Assolombarda e da Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi. 

L’iniziativa, giunta alla sua ottava edizione, ha offerto alle imprese del settore una piattaforma di incontro e di confronto con le aziende ‘mature’.
Obiettivo, generare nuove opportunità di business e favorire la circolazione di nuove idee e soluzioni innovative.

Vertici più giovani, più brevetti e software depositati

Le start-up legate alla mobilità sostenibile operano soprattutto nei settori automotive, servizi di delivery, logistica, mobilità elettrica e micro mobilità.

Tali start-up si distinguono dalle realtà che operano su altri mercati per due fattori significativi: un numero maggiore di brevetti depositati e software registrati (+3,8% rispetto al resto delle start-up), e una più spiccata prevalenza giovanile (+3,9%) tra gli amministratori e soci. 
Non solo. Nel 2021 hanno generato 140,6 milioni di euro di valore della produzione e 28,6 milioni di euro di valore aggiunto, occupando più di 1.300 dipendenti.

Lombardia in testa per distribuzione territoriale

In termini di distribuzione territoriale, il 35% delle start-up della mobilità si concentra nel Nord-Ovest. In particolare, quasi il 27% è localizzato in Lombardia.

Inoltre, più della metà delle start-up ha sede in città metropolitane, di cui il 18% in quella di Milano.
Anche il valore totale della produzione è concentrato per oltre un terzo nel Nord-Ovest, in particolare, sempre in Lombardia (28%).

“Agire immediatamente sulle emissioni”

“Il trasporto è responsabile per circa il 28% delle emissioni di gas serra e, dunque, rappresenta uno dei fattori più significativi su cui agire immediatamente – dichiara Gioia Ghezzi, vicepresidente Assolombarda con delega a Infrastrutture, Mobilità e Smart City -. Per questa ragione, anche in considerazione degli impegni assunti a livello internazionale in tema di sostenibilità, occorre mettere al centro un nuovo tipo di mobilità capace di esaltare soluzioni innovative con un impatto minore sull’ambiente”.

“Un sistema di trasporto sempre più sicuro, conveniente e green”

Considerando le caratteristiche economiche dell’area di Milano, dove esiste un distretto importante di produttori del mondo della bicicletta, la Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi ha individuato un segmento specifico di mobilità sostenibile, quello della bike economy.
“Un ambito pilota di valorizzazione del territorio e delle filiere collegate al settore – aggiunge Alvise Biffi, consigliere Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi -. In linea con gli obiettivi fissati a livello europeo, pensiamo che iniziative come MCE 4×4 – Incroci e Transizioni possano contribuire a creare per le nostre città e comunità un sistema di trasporto sempre più sicuro, conveniente e green”.

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Nuove professioni nella moda: AAA esperti di sostenibilità cercasi 

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Nuove professioni nella moda: AAA esperti di sostenibilità cercasi 

Nel corso della seconda metà del 2023, il comparto della moda deve affrontare nuove sfide. In particolare, è in atto un cambiamento radicale per quanto riguarda le professionalità più richieste. Questo trend è stato messo in evidenza da un rapporto dell’osservatorio Assolavoro Datalab di Assolavoro, l’associazione che rappresenta oltre l’85% delle agenzie per il lavoro del settore.
Il documento, anticipato ad Adnkronos/Labitalia, sottolinea che due nuove figure professionali, i “Sustainability Specialist” e i “Fashion and Environmental Reporting Coordinator”, sono diventate tra le più richieste nel mondo della moda.

Necessario un salto di qualità

Secondo Assolavoro, la crescita significativa e la crescente specializzazione necessaria nel settore richiederanno un salto di qualità nelle competenze professionali specifiche. Ciò comporterà la necessità di un maggior numero di manager e tecnici capaci di guidare le aziende attraverso il complesso mondo della sostenibilità.
Questo includerà aspetti come la gestione delle materie prime, il controllo del ciclo di vita dei prodotti e attività concomitanti come la raccolta dati, la rendicontazione e l’informazione accurata al pubblico.

Nuovi specialisti green

Nel corso del 2023, Assolavoro Datalab ha svolto un’indagine dei profili professionali più ricercati sui principali portali di ricerca di lavoro, come Linkedin, Trovit e Indeed. Questa indagine ha portato all’identificazione di 19 famiglie di profili professionali e oltre 40 etichette professionali che saranno al centro della domanda nei prossimi mesi. Questi profili sono stati suddivisi nelle principali aree funzionali aziendali e coprono un ampio spettro del settore manifatturiero, che conta più di 400.000 occupati, compresi i marchi di distribuzione.

Il focus dell’indagine si è concentrato su due nuove figure professionali: il “Sustainability Specialist” nel settore della moda e il “Fashion and Environmental Reporting Coordinator”. Queste figure si collocano all’interno delle funzioni di pianificazione e controllo, enfatizzando la necessità di garantire una gestione sostenibile.

La sostenibilità coinvolge l’intera filiera

Nell’area della gestione aziendale e dell’amministrazione, emergeranno nuovi ruoli come il “Finance & Controlling Specialist” e l'”Finance Governance and Compliance Analyst”, richiedendo competenze aggiornate in materia di finanza e conformità.
Nell’area dell’analisi e del monitoraggio, saranno fondamentali figure quali l'”Analista Dati Business Intelligence” e il “Digital Analytics Manager”, oltre all'”Business Performance Management Analyst”.

Nell’ambito della progettazione, il settore richiederà la presenza di professionisti specializzati come “Fashion Designer” e “Designer Prodotti”, con una forte enfasi sulla sostenibilità.
Nella gestione della produzione, saranno coinvolte figure come il “Production Manager”, il “Production Planner” e il “Quality Control Manager” per garantire il rispetto dei nuovi standard.

Anche i “Buyer” e gli “Analisti della Catena di Fornitura” dovranno tenere in considerazione le metodiche EPR e la normativa Reach aggiornata, mentre i professionisti della comunicazione e del marketing, come il “Communication Specialist”, il “Marketing Manager” e lo “Specialist Communication Manager”, dovranno garantire il rispetto delle norme sui “claims ambientali”.
In sintesi, il mondo della moda sta vivendo una trasformazione importante, spingendo i professionisti a sviluppare competenze e competenze specializzate in sostenibilità per soddisfare la crescente domanda del settore.

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Dispositivi indossabili, il settore riprende la crescita

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Dispositivi indossabili, il settore riprende la crescita

L’agenzia di analisi di mercato Canalys ha recentemente pubblicato i nuovi dati sull’andamento del mercato dei dispositivi indossabili, inclusi smartwatch e smartband, offrendo interessanti insights sul settore. Nel secondo trimestre dell’anno, che va da aprile a giugno, il settore ha registrato una crescita del 6%, segnando una svolta positiva dopo sei mesi di trend negativi. Gli esperti attribuiscono questa ripresa principalmente alla crescente domanda da parte dei consumatori. Jack Leathem, analista di ricerca presso Canalys, ha affermato: “Il mercato dei dispositivi indossabili sta tornando in vita, spinto dalla crescente domanda dei consumatori. La richiesta in diversi segmenti sta riprendendo, costringendo i fornitori a soddisfare le esigenze specifiche delle persone.”

Gli smartwatch low cost piacciono sempre di più

Tra i vari segmenti del mercato, quello degli orologi economici ha mostrato la crescita più significativa, soprattutto grazie a marchi come Huawei, Xiaomi e Huami. In alcuni Paesi, come l’India, questa categoria di prodotti ha registrato una crescita impressionante del 73% anno su anno. Nel complesso, all’interno della categoria dei “dispositivi indossabili”, il 37% della quota di mercato è occupato dagli smartwatch, come l’Apple Watch, il 44% dagli smartwatch economici e il rimanente 19% dalle smartband, i braccialetti progettati principalmente per il monitoraggio dell’attività fisica e la visualizzazione limitata di notifiche.

Apple si conferma il brand leader

Per quanto riguarda i marchi leader, Apple mantiene la sua posizione di primo piano nonostante una leggera flessione del 3% rispetto al secondo trimestre del 2022. La società di Cupertino detiene ancora il 18% della quota di mercato, con 8,1 milioni di dispositivi spediti. Al secondo posto si posiziona Xiaomi, con una quota del 11% e 4,8 milioni di unità spedite, seguita da Huawei, che ha registrato una crescita del 13% nell’arco di un anno e ora detiene il 10% di quota di mercato (4,3 milioni di unità). Nel quadro competitivo, Noise (+93%) e Fire-Boltt (+86%) emergono con una quota di mercato rispettivamente dell’8% e del 7%. Canalys segnala che Samsung è uscita dalle prime cinque posizioni, con una quota di mercato inferiore al 7%.

La competizione fa bene al… consumatore

In conclusione, il mercato dei dispositivi indossabili sta vivendo un momento di ripresa, trainato dalla crescente domanda dei consumatori e dalla varietà di prodotti offerti dai principali marchi. La competizione rimane accesa, con nuove opportunità di crescita e innovazioni nel settore che stanno contribuendo a plasmare il futuro di questa categoria di dispositivi.

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Tasse: cosa ne pensano gli italiani al di là dei luoghi comuni?

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Tasse: cosa ne pensano gli italiani al di là dei luoghi comuni?

Solo un italiano su 5 sa con precisione quante tasse paga, in particolare i laureati, mentre la maggioranza (54%) lo sa in modo solo approssimativo. Nonostante l’inconsapevolezza circa il proprio contributo fiscale, tra gli italiani permane il sentiment negativo in relazione al pagamento delle tasse, spesso riportato anche dai media. Emerge da un’indagine svolta da Eumetra sul tema delle tasse: un italiano su 4 (24%) non ha la minima idea di quanto annualmente versa in tributi. Un’inconsapevolezza più accentuata tra i giovani (36% tra i 18-24enni), i disoccupati e coloro che hanno un titolo di studio basso. Tra questi ultimi circa il 40% non sa quante tasse paga.

Pressione fiscale: troppo elevata o equa?

Il 75% degli italiani ritiene infatti che l’ammontare delle tasse versate sia troppo elevato in relazione ai servizi erogati da Stato ed enti locali. L’insoddisfazione diminuisce però tra chi sa esattamente quanto paga, e il 19% ritiene che la pressione fiscale nel nostro Paese sia equa, in particolare, tra le persone con titolo di studio elevato e che conoscono l’ammontare delle tasse versate.
Nel complesso, persistono svariati luoghi comuni che rappresentano però il punto di vista di chi appartiene ai contesti socio-economici legati a un livello di istruzione più basso. Luoghi comuni smentiti presso le fasce di popolazione più consapevoli e istruite, che manifestano una posizione meno critica verso lo Stato e di maggiore apertura verso gli altri.

Evasione fiscale: un tema che divide

Oltre al luogo comune ampiamente diffuso relativo all’ammontare troppo elevato delle tasse versate, su molte altre affermazioni le risposte non sono così scontate. Ad esempio, relativamente alla giustificazione del mancato pagamento delle tasse in relazione all’incapacità dello Stato di spendere correttamente i soldi incassati, il 48% si dichiara d’accordo (62%, tra chi ha un titolo di studio basso), la restante metà non è di questo avviso. E in generale, su questa tematica sembra prevalere un certo disinteresse da parte dei cittadini.  Un altro esempio: se è vero che per 2 intervistati su 3 alcuni non pagano le tasse perché i controlli sono poco frequenti, 1 su 3 non è d’accordo.

Il principio della redistribuzione e la solidarietà civile

Solo metà degli intervistati, inoltre, afferma che è giusto pagare le tasse perché così si aiutano i più deboli, aderendo quindi al concetto della ‘redistribuzione’. Questo atteggiamento centrato su di sé e meno sugli altri è più concentrato tra i segmenti meno istruiti. Al contrario, l’adesione al principio della redistribuzione è più elevata tra coloro che hanno maggiore consapevolezza di quanto pagano di tasse. Nei piccoli centri, specialmente nel meridione, gli intervistati sono poi relativamente più d’accordo nel giustificare l’evasione fiscale. Ma a fronte di una maggioranza che aderisce ai luoghi comuni sulle tasse, e spesso li utilizza come giustificazione per evaderle, una quota significativa, circa il 20%, si ritiene relativamente soddisfatto.

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Franchising: numeri e tendenze del comparto nel 2022

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Franchising: numeri e tendenze del comparto nel 2022

Emerge dal Rapporto Assofranchising Italia 2023 – Strutture, Tendenze e Scenari, realizzato da Nomisma: nonostante le difficoltà nel 2022 prosegue la crescita del comparto franchising in Italia, che rispetto al 2021 incrementa numero di punti vendita (61.162, +2,2%) e addetti occupati (252.848, +6,2%), raggiungendo un fatturato di 30,9 miliardi euro (+7,1% rispetto al 2021).
Un risultato positivo trainato, in parte, da un mercato del lavoro più reattivo e dal risparmio accumulato dalle famiglie, fattori che hanno contribuito ad ammortizzare gli effetti negativi dell’inflazione.
Nel 2023 si prospettano però segnali di rallentamento, legati al perdurare della spinta inflazionistica e ai suoi effetti sul reddito disponibile delle famiglie. Si prevede quindi un aumento del fatturato nell’ordine del +3%, con un tasso di crescita più contenuto rispetto al 2022. 

La GDO incide per il 37% sul business complessivo

La media di personale per punto vendita è di 4,1 unità. Rimangono stabili le insegne operative (954), dopo la contrazione del 2020 (-103) e la crescita del 2021 (+78). Una solidità che deriva dalla forte dinamicità del settore, che ha visto la cessazione di alcune insegne nell’ambito dell’abbigliamento per bambini e bar-gelateria, e parallelamente, la crescita di nuovi franchisor nei segmenti ristorazione, casa e servizi.  Considerando i settori merceologici più performanti al primo posto la GDO, che con un giro d’affari che supera 11 miliardi di euro, incide per il 37% sul fatturato complessivo, seguita dal comparto abbigliamento (oltre 7,5 miliardi), servizi (4,5 miliardi), e ristorazione (oltre 3,2 miliardi). 

Servizi, ristorazione, e abbigliamento i settori con più punti vendita

Nel 2022 le reti in franchising attive sono 954, di cui 923 italiane (97%). Il Nord Ovest è al primo posto per numero di franchisor, seguito da Nord Est e Centro Italia. In crescita, con 199 reti attive, l’area del Sud e delle Isole.  Tra i settori più rappresentati nella penisola, al primo posto, quello dei servizi (255 reti), seguito da ristorazione (181) e abbigliamento (180).  Il settore merceologico preponderante è appunto quello dei servizi, con 17.373 punti vendita (28% sul totale), seguito dall’abbigliamento (14.881, 24%) e dal commercio specializzato (8.321, 14%). 
La regione con il maggior numero di punti vendita è la Lombardia (9.955 store), seguita da Lazio (6.734), Campania (4.805), Emilia-Romagna (4.757) e Sicilia (4.665). 

Cresce il fatturato e-commerce: +8,7%

La tecnologia sta dando un grande impulso al comparto e sarà sempre più un asset strategico di competitività: un brand su 2 possiede un canale e-commerce attivo già da prima del 2020.
Cresce poi la quota di fatturato derivante dalla vendita e-commerce (+8,7%) e si prevede un ulteriore incremento fino al 12,8% per il 2023. Di fatto, nel prossimo triennio l’84% delle imprese è propenso ad investire in digital technology per migliorare le performance economico-finanziarie, e la gestione della propria rete.

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Relazione medico-paziente: le differenze tra Italia, Francia e Germania 

Posted by Valentina Beretta on
Relazione medico-paziente: le differenze tra Italia, Francia e Germania 

Quali sono le abitudini e le aspettative nei confronti dei medici di famiglia e degli specialisti in Europa? Quando si tratta di gestire la propria salute e il rapporto con il medico di fiducia italiani, francesi e tedeschi hanno comportamenti molto diversi. Ad esempio, se il 50% degli italiani si rivolge immediatamente al dottore al primo segnale di malessere, il 30% dei francesi preferisce aspettare che il problema si risolva da solo, mentre il 21% dei tedeschi cerca innanzitutto risposte e soluzioni online.
Un ruolo importante riveste poi in Francia il farmacista, consultato dall’80% del campione, rispetto al 63% degli italiani e al 52% dei tedeschi. Lo rivela la prima edizione del Barometro Doctolib sulle relazioni medico-paziente, realizzata dall’Istituto Odoxa in Italia, Francia e Germania.

Italiani e francesi più soddisfatti dei tedeschi

Trovare un medico di medicina generale o un pediatra disponibile all’ascolto, e a comunicare anche al di fuori dei momenti di visita, è fondamentale per costruire una solida relazione medico-paziente.
Mentre italiani e francesi si dichiarano soddisfatti, con rispettivamente l’82% e l’84% degli intervistati che reputano la comunicazione con il medico di medicina generale semplice ed efficace, solo il 68% dei tedeschi afferma lo stesso. Ancor più marcata la differenza per quanto riguarda la comunicazione con il pediatra, giudicata facile dall’81% degli italiani e dal 73% dei francesi, a fronte del 53% dei tedeschi.

Come facilitare la comunicazione con il dottore?

Uno dei desideri condivisi dai nostri connazionali è in particolare quello di aumentare il ricorso agli strumenti digitali per facilitare ulteriormente la comunicazione con il dottore. Quattro italiani su 10 vorrebbero infatti poter prenotare visite anche fuori dall’orario di apertura dell’ambulatorio medico, e oltre 3 su 10 desiderano poter richiedere ricette elettroniche e ricevere l’analisi e il commento di referti online. Desideri che si traducono in aspettative. Il 60% degli italiani, infatti, si aspetta di ricevere risposta alle richieste inviate al proprio medico in tempi brevi, e più della metà (56%) di poter prendere appuntamento senza dover attendere a lungo.

Gli italiani si fidano più degli specialisti che dei medici di famiglia

Per quanto riguarda la fiducia verso i professionisti sanitari gli italiani hanno una percezione molto positiva della categoria, in particolare verso gli specialisti (92%), i pediatri di libera scelta (90%) e i medici di medicina generale (88%). I nostri vicini francesi invece preferiscono questi ultimi, con il 92% che ha buona percezione dei medici di medicina generale, seguiti in ordine da specialisti (91%) e pediatri (86%).
Una classifica simile anche in Germania, con al primo posto i medici di base (90%), seguiti da specialisti (85%) e pediatri (84%).
Il fatto che in Italia, pur nel contesto di una percezione generalmente positiva, i medici di famiglia siano al terzo posto sul podio potrebbe essere correlato allo stress professionale. Infatti, il 42% degli italiani ritiene che il proprio medico di base sia stressato, opinione condivisa solo dal 30% dei francesi e dal 33% dei tedeschi.