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Economia

Perchè la GenAI è il motore degli investimenti infrastrutturali?

Posted by Valentina Beretta on
Perchè la GenAI è il motore degli investimenti infrastrutturali?

L’infrastruttura digitale è ora il fulcro principale di un’azienda agile e resiliente, poichè fornisce il supporto essenziale per gestire i carichi di lavoro e le applicazioni guidate dalle nuove tecnologie. L’Intelligenza Artificiale in particolare richiede la gestione efficiente di grandi volumi di dati. Secondo l’ultima indagine Worldwide Future of Digital Infrastructure Sentiment Survey di IDC, quasi otto aziende su dieci considerano l’infrastruttura digitale “importante” o “mission critical” per il successo delle proprie iniziative di business.

Inoltre, l’adozione della Generative AI (GenAI), il miglioramento della produttività e della fidelizzazione dei dipendenti e l’ottimizzazione dei budget e dei ricavi sono i tre principali driver delle attuali strategie infrastrutturali aziendali.

L’impatto dell’IA sugli investimenti infrastrutturali

Guardando al futuro, IDC prevede che la GenAI sarà il principale motore degli investimenti infrastrutturali nei prossimi 18 mesi. Le applicazioni GenAI in tempo reale e ad alta intensità di dati costringeranno molte aziende a rivalutare i programmi e le priorità relative alle infrastrutture digitali. Con la GenAI come catalizzatore, entro il 2027 il 40% delle imprese si affiderà ad architetture IT interconnesse tra cloud, core ed edge per supportare priorità di flusso di lavoro dinamiche e indipendenti dalla posizione geografica.

Integrare le operazioni IT con la tecnologia GenAI

Le organizzazioni stanno già esplorando attivamente modi per integrare le proprie attività e operazioni IT con la tecnologia GenAI. Tuttavia, molte aziende stanno scoprendo che le infrastrutture e le piattaforme attuali non sono pronte a supportare il volume, la distribuzione e la sincronizzazione dei dati e delle risorse richiesti dalla GenAI. Quest’ultima si nutre di dati e risorse indipendentemente dalla loro ubicazione fisica, che possono risiedere nel cloud, nei data center centrali e in postazioni edge e IoT altamente distribuite. Per avere successo con la GenAI, è necessario che tutti questi componenti funzionino con la massima orchestrazione e sincronizzazione.

La spesa per le infrastrutture digitali per la GenAI supererà i 18 miliardi di dollari nel 2024

IDC prevede che la spesa per le infrastrutture digitali per la GenAI supererà i 18 miliardi di dollari nel 2024 e crescerà a quasi 50 miliardi di dollari entro il 2027. La GenAI sta dunque determinando la richiesta di architetture infrastrutturali di nuova generazione, ottimizzate per il flusso di lavoro piuttosto che per il carico di lavoro, altamente automatizzate e governate sulla base di eventi e metriche prestazionali in tempo reale.

Saranno dinamicamente scalabili e forniranno un accesso self-service e on-demand a servizi e piattaforme avanzati per una vasta gamma di utenti finali in ambienti on-premise, edge e cloud pubblici. Inoltre, saranno interconnesse, consentendo ai flussi di lavoro di utilizzare senza soluzione di continuità più piattaforme di cloud, core, edge computing e connettività, trarre maggior beneficio dalle nuove generazioni di applicazioni AI.

Economia

Agricoltura 4.0: nel 2023 vale 2,5 miliardi di euro, +19%

Posted by Valentina Beretta on
Agricoltura 4.0: nel 2023 vale 2,5 miliardi di euro, +19%

Nel 2023 il mercato dell’Agricoltura 4.0 raggiunge 2,5 miliardi di euro, +19% rispetto al 2022.
Il 72% delle aziende agricole italiane utilizza soluzioni di Agricoltura 4.0, una cifra sostanzialmente invariata rispetto al 2022, ma aumenta il numero di soluzioni medie per azienda (3,4, rispetto al 3,2 del 2022) e rimane pressoché stabile la superficie italiana coltivata con tecnologie digitali (9% vs 8% 2022). 

Tra le soluzioni maggiormente adottate, dopo i software gestionali, i sistemi di monitoraggio e controllo di macchine/attrezzature e terreni/coltivazioni, i DSS e le soluzioni basate su dati satellitari per la mappatura di coltivazioni e terreni.
Emerge dall’Osservatorio Smart Agrifood della School of Management del Politecnico di Milano e del Laboratorio RISE (Research&Innovation for Smart Enterprises) dell’Università degli Studi di Brescia

Mercato e aziende

Dopo il boom degli acquisti di trattori e macchinari agricoli realizzato negli ultimi 2 anni, anche grazie agli incentivi statali, oggi la domanda si concentra su tipologie di soluzioni software, necessarie a interconnettere la parte hardware.

Aumenta la consapevolezza del valore dei dati, e quindi delle soluzioni che ne consentano l’analisi. A sottolineare la dinamicità dell’Agricoltura 4.0 è anche l’aumento di soluzioni innovative (+10%), accompagnata da una crescita rilevante dei provider tecnologici (+13%).
Solo l’8% delle aziende agricole, però, può essere considerato digitalmente ‘maturo’. Circa il 50% è ancora ‘in cammino’, mentre il 42% è costituito da aziende in forte ritardo nel percorso di adozione delle soluzioni di Agricoltura 4.0.

Il Carbon Farming

Il carbon farming consente di ridurre l’impatto dell’agricoltura sull’ambiente, sequestrando e stoccando il carbonio nei terreni e nelle biomasse limitando le emissioni. In Italia, però, solo il 22% delle aziende agricole conosce queste pratiche.
Dei 214 progetti di carbon farming identificati a livello internazionale più dell’80% si concentra in Nord America ed Europa, che inoltre ospitano il 78% delle startup mondiali specializzate nell’offerta digitale per la filiera del carbon farming,

Questa comprende, oltre a software e gestionali (78%), soluzioni per l’analisi di dati e Big Data (61%), sistemi di mappatura basati su immagini e dati satellitari (40%), soluzioni basate sull’AI e il machine learning (39%).

Il digitale per la tracciabilità alimentare

In Italia nel 2023 l’offerta di soluzioni digitali per la tracciabilità alimentare cresce del +22%. Il primo motivo che spinge le aziende a implementare queste soluzioni è la necessità di garantire in maniera diretta al consumatore la qualità, l’origine e i metodi produttivi. Diventa sempre più forte, inoltre, il legame tra tracciabilità e sostenibilità.

Le soluzioni che consentono di digitalizzare le varie fasi del processo di tracciabilità sono abilitate da tecnologie quali IoT (23%), Mobile App (23%), Cloud (20%) e tecnologie Blockchain&Distributed Ledger (17%). Cresce poi la quota di soluzioni specificatamente dedicate al mondo agricolo per rispondere alla necessità di reale integrazione dei dati dal campo alla tavola.

Economia

Milano, Monza Brianza e Lodi: quali sono i dati dell’industria a fine 2023?

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Milano, Monza Brianza e Lodi: quali sono i dati dell’industria a fine 2023?

Le elaborazioni del Servizio Studi Statistica e Programmazione della Camera di Commercio di Milano Monza Brianza Lodi sono la prima fonte per avere un quadro sulla congiuntura dell’industria alla fine dell’anno, nel quarto trimestre del 2023. Secondo l’analisi tendenziale, l’area metropolitana milanese ha registrato una leggera crescita nell’ultimo anno, con un aumento del 0,4% nella produzione, superando il dato lombardo che ha segnato un -0,8%. Per quanto riguarda il fatturato, confrontato con il quarto trimestre del 2022, si è verificato un aumento del 1,6% a livello locale e una diminuzione del -0,4% a livello regionale.

Il portafoglio ordini di Milano

Relativamente al portafoglio ordini, si è osservata una certa stabilità rispetto al quarto trimestre del 2022 (-0,1% in un anno). Milano mette a segno una performance migliore rispetto a quella della manifattura lombarda (-1,2%). I mercati esteri milanesi hanno fatto segnare un lieve aumento (+0,4%) rispetto al mercato interno (-0,5%). Nel complesso, nel quarto trimestre del 2023, c’è stato un leggero miglioramento congiunturale rispetto al trimestre precedente per la produzione industriale e il fatturato di Milano, con aumenti rispettivamente del 0,4% e del 0,5% destagionalizzato.

Cresce la produzione 

Se confrontato con il dato lombardo, si nota una simile leggera crescita per la produzione (+0,4% in regione), così come per il fatturato del milanese  (rimasto invece stabile in Lombardia, destagionalizzato). Per gli ordini interni, il dato congiunturale ha registrato una lieve diminuzione, più evidente per l’industria milanese rispetto alla tenuta della manifattura lombarda (rispettivamente -0,5% e +0,1% destagionalizzato). Per gli ordini esteri, la performance milanese è migliorata leggermente nei tre mesi (+0,4% rispetto al dato lombardo di -0,1% destagionalizzato).

Monza e Brianza

Per quanto riguarda Monza e Brianza, la variazione tendenziale della capacità produttiva ha collocato i volumi prodotti a un livello leggermente inferiore rispetto al quarto trimestre del 2022 (-0,6%), ma in modo leggermente migliore rispetto al calo lombardo (-0,8%). Il fatturato della manifattura brianzola è risultato in linea con il dato lombardo (-0,4%). Il portafoglio ordini ha evidenziato una riduzione leggermente migliorativa rispetto a quella registrata in Lombardia (rispettivamente -0,7% e -1,2%) nel quarto trimestre 2023.

Dal punto di vista congiunturale, la produzione industriale ha registrato un lieve calo rispetto al trimestre precedente (-0,4% destagionalizzato), mentre il fatturato è aumentato (+0,4% destagionalizzato), insieme a una diminuzione delle commesse esterne (-0,8% destagionalizzato) e interne (-0,5%).

Lodi

Nella zona di Lodi, nel quarto trimestre del 2023, rispetto all’anno precedente si è osservato un trend di tenuta per la produzione. L’analisi tendenziale ha mostrato un aumento del 0,2% nella produzione rispetto al quarto trimestre del 2022, una performance migliore rispetto al dato lombardo (-0,8%). Riguardo al fatturato, rispetto al quarto trimestre del 2022, si è registrato un recupero del +6,2%, molto superiore al dato regionale (-0,4%). Gli ordini sono cresciuti del 6,2% rispetto al -1,2% in Lombardia.

Nel quarto trimestre 2023, rispetto al trimestre precedente, si è osservato un aumento congiunturale della produzione industriale (+1% destagionalizzato), del fatturato (+2,3% destagionalizzato) e delle commesse acquisite dai mercati interni (+3,1% destagionalizzato) ed esteri (+0,8%).

Economia

Italiani e inflazione: com’è la situazione oggi?

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Italiani e inflazione: com’è la situazione oggi?

E’ sotto gli occhi di tutti il fatto che l’economia italiana, così come quella globale, negli ultimi anni sia stata travolta dalla tempesta energetica. Si è trattato di un autentico tsunami che ha fatto schizzare verso l’alto i prezzi di una vasta gamma di prodotti e servizi.
Ma l’aspetto più preoccupante, da attribuirsi proprio a questo rincaro generalizzato, è stato l’aumento significativo dell’inflazione, con conseguenze rilevanti sul potere d’acquisto dei cittadini.

2021, quando tutto è iniziato

Nel complesso scenario economico del 2021, l’Italia ha vissuto l’esplosione della tempesta energetica. Un fenomeno che ha innescato un brusco aumento dell’inflazione che ha raggiunto l’apice dell’11,8% alla fine del 2022. Tuttavia, nel corso del 2023, l’inflazione ha registrato una discesa altrettanto rapida, quasi annullandosi e stabilizzandosi all’0,8% a gennaio.

I salari non sono allineati al tasso di inflazione

È importante sottolineare che i salari hanno mostrato una crescita molto più lenta rispetto al tasso d’inflazione, con una singolare conseguenza: durante i tre anni precedenti, sono aumentati lentamente durante la fase di crescita dell’inflazione e in modo più repentino durante la sua discesa.

Nel primo trimestre del 2021, la crescita salariale (+0,7%) superava quella inflattiva (+0,5%), ma nel secondo trimestre iniziava un lento declino del potere d’acquisto (+0,6% i salari; +1,3% l’inflazione). Con il passare dei trimestri, l’erosione si intensificava, ampliando la forbice tra salari e inflazione. Nel quarto trimestre del 2022, la distanza raggiungeva il suo apice con la crescita salariale dell’1,5% e l’inflazione all’11,8%, creando un differenziale di oltre dieci punti percentuali.

2023, il cambiamento di rotta

Nel corso del 2023, si è assistito a un cambiamento di rotta: la crescita salariale si è intensificata mentre il tasso d’inflazione ha rallentato, pur rimanendo più alto nel confronto. Nel terzo trimestre del 2023, la forbice si è ridotta, con una crescita salariale del 3,2% rispetto a un’inflazione del 5,9%. Infine, nell’ultimo trimestre del 2023, si è verificato il sorpasso, con una crescita delle retribuzioni del 4,8% rispetto a un’inflazione dell’1,2%.
Questo passaggio ha consentito agli stipendi di recuperare, facendo riconquistare ai cittadini italiani il potere d’acquisto in essere prima del 2021.

E’ davvero tutto a posto?

Ma tutto è davvero a posto? Non proprio. Lucio Poma, capo economista di Nomisma, commenta i dati: “Veniamo da due anni e mezzo nei quali le famiglie italiane si sono sensibilmente impoverite, hanno dovuto attingere ai propri risparmi o fare ricorso al credito per pianificare acquisti particolarmente onerosi o imprevisti. Una ferita profonda, che avrà bisogno di tempo e stabilità per rimarginarsi”.

Economia

PMI europee, le priorità per il 2024 sono lo sviluppo tecnologico e l’acquisizione di nuovi clienti

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PMI europee, le priorità per il 2024 sono lo sviluppo tecnologico e l’acquisizione di nuovi clienti

Qonto, soluzione specializzata nella gestione finanziaria delle aziende in Europa, ha presentato il suo primo rapporto sullo stato delle piccole e medie imprese (PMI) europee nel 2023. I dati, ottenuti attraverso una collaborazione con la società di ricerca di mercato Appinio e un sondaggio condotto su 2.000 dirigenti aziendali e responsabili finanziari in Francia, Germania, Italia e Spagna, evidenziano il buon andamento delle imprese europee nel 2023, con prospettive positive anche per il 2024. Tuttavia, emergono preoccupazioni riguardo alle incertezze macroeconomiche, in particolare legate all’inflazione e agli eventi geopolitici. La priorità per il 2024 per le PMI europee è lo sviluppo tecnologico e l’acquisizione di nuovi clienti.

Il 2023? Una buona annata per il business

Il 2023 è stato considerato un anno più che soddisfacente per la maggior parte delle PMI nei quattro paesi analizzati. Il 71% dei dirigenti ha dichiarato che le performance aziendali hanno superato le aspettative, con solo il 5% che non ha raggiunto i target prefissati. In Italia, il 63% degli intervistati ha riferito di risultati migliori o decisamente migliori del previsto, mentre in Francia questo dato è del 68%. Le PMI tedesche (78%) e spagnole (75%) hanno superato significativamente le aspettative.

L’inflazione è la principale preoccupazione

L’inflazione è emersa come la principale preoccupazione, seguita dalla mancanza di richieste e dagli eventi geopolitici. In Germania, il 68% delle PMI ha indicato l’inflazione come principale ostacolo, seguito dal 61% in Spagna. In Francia e in Italia, almeno il 50% ha menzionato l’inflazione come un problema. Oltre all’inflazione, la mancanza di domanda è stata citata dal 57% delle aziende, mentre eventi geopolitici sono stati menzionati da quasi un terzo.

Le sfide variano anche a livello locale. Ad esempio, la concorrenza è stata indicata come un problema dal 38% degli imprenditori italiani e dal 28% di quelli francesi, ma solo dall’11% in Germania. La mancata digitalizzazione è un aspetto rilevante in Italia e Germania (rispettivamente 15% e 16% degli intervistati), meno in Francia e Spagna.

Ottimismo per il futuro

Per il 2024, nonostante le sfide, l’ottimismo è elevato. L’85% degli intervistati italiani si sente ottimista riguardo alla crescita dei ricavi nel prossimo anno, seguito dal 86% in Spagna, 84% in Germania e 74% in Francia. La priorità per gli investimenti nel 2024 riguarda la tecnologia e la digitalizzazione, con il 38% degli imprenditori italiani e il 28% di quelli francesi che vedono la concorrenza come un problema, rispetto all’11% in Germania. La sostenibilità è un’area di miglioramento, con il 52% delle PMI impegnate a ridurre l’impatto ambientale.

L’imprenditorialità è una scelta che piace, con quasi il 75% dei leader aziendali che considera l’apertura di una propria azienda. In Italia, l’86% è interessato a lanciare la propria attività, mentre in Francia, Spagna e Germania le percentuali sono rispettivamente del 70%, 70% e 73%. Insomma, regna l’ottimismo, anche se con qualche ombra: ad esempio, la fatturazione elettronica obbligatoria è stata percepita come un onere per la maggior parte delle PMI italiane, con oltre un terzo che ha dichiarato un impatto “molto elevato” e un ulteriore 45% un impatto “elevato”. 

Economia

Imprese, nel terzo trimestre stabile la domanda di credito 

Posted by Valentina Beretta on
Imprese, nel terzo trimestre stabile la domanda di credito 

Nel terzo trimestre del 2023, la domanda di credito presentata dalle imprese italiane rimane stabile, con solo una minima variazione del +0,1% rispetto allo stesso periodo del 2022. L’importo medio richiesto subisce una diminuzione minima del -0,5% rispetto all’anno precedente, attestandosi a 125.404 Euro (Fonte: Sistema di Informazioni Creditizie EURISC).

Più attive le imprese individuali

Analizzando il tipo di imprese, anche in questo caso, non si osservano significative variazioni nella domanda. Le società di capitali registrano una leggera flessione del -0,2%, mentre le imprese individuali mostrano un aumento minimo del +0,6%.
Dopo due trimestri consecutivi di crescita decisa nell’importo medio richiesto, si verifica una pausa per le imprese individuali con una diminuzione del -4,7% (35.334 Euro), mentre per le società di capitali l’oscillazione è minima, con un aumento dello +0,1% (167.035 Euro).

Aziende italiane caute verso i piani dii investimento

Le imprese italiane continuano a mostrare cautela nei confronti dei piani di investimento, preferendo utilizzare le proprie riserve per coprire le spese correnti e ritardare i piani di investimento a lungo termine. Tuttavia, emerge una domanda latente, evidenziata dall’osservatorio ESG Outlook, che individua una carenza di adeguatezza ESG in quasi il 60% delle imprese. Ciò implica che le istituzioni finanziarie dovranno incentivare le imprese a raggiungere i requisiti ESG richiesti dall’Europa.

Nel contesto delle classi di importo delle richieste di credito da parte delle imprese, la distribuzione rimane stabile. Le fasce più richieste includono importi inferiori a 5.000 Euro, rappresentando il 30,7% delle richieste, e importi superiori a 50.000 Euro, con una quota del 28,4%.

Servizi e commercio i settori in cima alla lista

Nonostante i notevoli cambiamenti macroeconomici degli ultimi anni, la distribuzione delle richieste di credito per settori economici non ha subito variazioni significative. I settori dei Servizi (25,6%) e del Commercio (23,1%) rimangono in cima alla lista, mentre il settore delle Costruzioni rappresenta il 17,3% delle richieste.

In sintesi, nel terzo trimestre del 2023, la domanda di credito delle imprese italiane è rimasta sostanzialmente stabile, con solo lievi variazioni nell’importo medio richiesto e nelle preferenze dei settori economici. La cautela delle imprese nei confronti dei piani di investimento e la crescente importanza degli aspetti ESG rappresentano elementi chiave in questo contesto finanziario.

Economia

L’84% degli imprenditori pensa che la burocrazia sia un freno allo sviluppo 

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L’84% degli imprenditori pensa che la burocrazia sia un freno allo sviluppo 

L’84% degli imprenditori ritiene che la burocrazia sia un freno allo sviluppo economico del paese. Questa situazione diventa ancora più critica in previsione dell’attuazione dei progetti legati al recovery plan, che spesso richiedono interdisciplinarietà e innovazione. Uno studio condotto da Federcontribuenti evidenzia che in un solo anno, un’azienda di piccole/medie dimensioni può essere soggetta a ben 125 controlli da parte di 20 enti diversi. Complessivamente, il sistema burocratico italiano conta ben 136.000 norme e comporta una spesa di circa 70 miliardi di euro.

Quando una riforma sostanziale della burocrazia?

Dalla nascita dell’Unità d’Italia fino al 1990, si è discusso della necessità di riformare la burocrazia in Italia. Nel corso di questi anni, il paese ha assistito a diverse riforme dell’Amministrazione Pubblica, alcune delle quali hanno avuto un impatto significativo. La riforma più importante è stata quella promossa da Cassese, che ha introdotto i concetti di efficienza ed efficacia nell’apparato statale. Successivamente, le varie riforme legate al nome di Bassanini hanno introdotto la devolution e la sussidiarietà, che hanno comportato la maggiore svendita o liberalizzazione del patrimonio pubblico. Queste riforme hanno anche aperto il fronte per una riforma del Titolo quinto della Costituzione, creando una notevole confusione e sovrapposizione di competenze tra il Centro e la Periferia. In seguito, sono state attuate la riforma Madia e la riforma Brunetta. Nonostante tutti questi sforzi, la burocrazia italiana rimane un grave problema per il paese, spesso affrontato con complessi artifici burocratici.

I due principali problemi 

Federcontribuenti ha analizzato due dei principali problemi che ostacolano la Pubblica Amministrazione nell’adattarsi alla crescente velocità della società civile. Il primo è il “Deep state,” un insieme di alti funzionari di Stato, alti burocrati, capi di Gabinetto e direttori di Ministeri, spesso selezionati per cooptazione e con una formazione giuridica. Questi individui cercano di accrescere la loro influenza controllando i processi decisionali e sono esperti nella creazione di complesse strutture giuridiche, rendendo indispensabile il loro supporto. Possiedono il potere della conoscenza di dettagli tecnici che possono bloccare o ritardare ogni provvedimento, usando l’abuso di ufficio come strumento di controllo.Il secondo problema riguarda la burocrazia diffusa sul territorio, composta da piccoli funzionari che gestiscono i servizi e le pratiche, in particolare delle piccole imprese, delle imprese artigiane e dei cittadini. Questa burocrazia è spesso caratterizzata da procedure eccessive, mancanza di informazioni adeguate, progetti telematici scarsi e problemi con i pagamenti elettronici. Federcontribuenti sottolinea che il principale responsabile di questi problemi è lo Stato, seguito dai Comuni, dall’INPS e dall’Agenzia delle Entrate. 

Economia

In Lombardia si concentra un terzo delle imprese innovative italiane

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In Lombardia si concentra un terzo delle imprese innovative italiane

È nella regione lombarda che si concentra il maggior numero di imprese innovative del paese.
Delle circa 359.000 imprese più innovative presenti su tutto il territorio nazionale, infatti, oltre il 30%, quasi 110.000 imprese, ha sede in Lombardia. Sul podio a livello regionale si piazza anche il Lazio, con 45.000 imprese innovative (12,5%), seguito dal Veneto, con oltre 38.000 (10,7%).
Fanalino di coda è il Mezzogiorno, con regioni che non superano le 10.000 imprese innovative, Sicilia e Puglia, o addirittura le 5.000, Calabria e Sardegna. Sono alcune evidenze dello studio di marketing intelligence realizzato da CRIF. 

Circa il 60% ha meno di 5 dipendenti e fattura meno di 5 milioni di euro

Lo studio ha preso in esame le imprese che mostrano un elevato grado di innovazione, misurato con il livello 1 e 2 dell’Innovation Score di CRIF. I criteri considerati vanno dallo sviluppo di brevetti innovativi all’approccio smart al business, dagli investimenti in ricerca e sviluppo all’attività di export. In generale, si tratta di imprese con fatturati e numero di dipendenti non troppo elevati: circa il 60% delle imprese innovative ha meno di 5 dipendenti e fattura meno di 5 milioni di euro.
Analizzando, invece, i primi 10 settori merceologici di provenienza delle imprese innovative lo studio evidenzia come il settore ICT continui a mantenere un valore predominante (Produzione di software), insieme a quello della consulenza.

Società di capitali a rischio minimo

Quanto alla forma legale delle imprese a maggiore innovazione emerge che nel 74% dei casi si tratta di società di capitali, quindi, realtà maggiormente strutturate e patrimonializzate. A confermare la solidità di queste imprese è anche l’indicatore di affidabilità calcolato da CRIF: nel 65% dei casi le imprese innovative sono anche quelle più affidabili con rischio minimo o più basso della media.

Il ruolo chiave dei player finanziari

“I player finanziari avranno un ruolo chiave nel supportare lo sviluppo di queste imprese innovative – commenta Elena Mazzotti, Chief Client Innovation & Strategy di CRIF -. A fare la differenza sarà la capacità di individuare correttamente il loro profilo e di affiancarle nel percorso di crescita da un punto di vista finanziario e consulenziale, sviluppando un’offerta di servizi che vada a coprire non solo le esigenze di credito, ma anche altri bisogni connessi al ciclo di vita dell’impresa. Ad esempio, internazionalizzazione, piani di transizione verso una produzione sostenibile, advisory connessa all’utilizzo del PNRR e delle fonti di finanza, e coperture assicurative specifiche per differenti tipi di rischi”.

Economia

Credito: prevale la cautela delle famiglie e dell’offerta

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Credito: prevale la cautela delle famiglie e dell’offerta

Sul mercato del credito alle famiglie prevale la cautela, sia da parte della domanda sia dell’offerta, che esprime politiche di concessione più stringenti a favore di un credito sostenibile, e in ottica di mantenimento della qualità dei portafogli. Una cautela generata dall’incertezza dal contesto geopolitico, l’inflazione e l’aumento dei tassi di interesse. Si rileva, inoltre, una contrazione degli importi medi erogati per le tipologie di finanziamento a maggior valore, come mutui per l’acquisto di un’abitazione, prestiti personali e cessione del quinto dello stipendio. Secondo la 54esima edizione dell’Osservatorio sul Credito al Dettaglio, realizzato da Assofin, CRIF e Prometeia, le erogazioni di credito al consumo nel 2022 sono cresciute rispetto all’anno precedente (+10%), ma nel corso dell’anno si assiste a un progressivo rallentamento della crescita, confermato dai dati aggiornati a fine marzo 2023: +6,1% nel primo trimestre.

Finanziamenti finalizzati in ripresa, prestiti personali in difficoltà

In decisa ripresa i finanziamenti finalizzati per auto/moto (+18.9% I trimestre 2023), e quelli finalizzati all’acquisto di altri beni/servizi (+15,1%), trainati dai finanziamenti a sostegno dell’acquisto di beni destinati all’efficientemento energetico delle abitazioni e di beni acquistati online.
Prosegue poi l’evoluzione positiva della cessione del quinto dello stipendio/pensione (+9,1%), trainata dalle erogazioni a pensionati e dipendenti privati. I finanziamenti CQS/P legano la loro crescita alla caratteristica di essere obbligatoriamente garantiti da copertura assicurativa e si configurano come prodotti che favoriscono l’inclusione finanziaria dei pensionati. In difficoltà invece i prestiti personali, (-3,1%), in particolare, nella forma del refinance e del consolidamento del debito.

Mutui in calo, surroghe in crescita

Dopo due anni di decisa crescita nel 2022 i mutui immobiliari per l’acquisto di abitazioni registrano un calo del -2,3%, che si accentua nel primo trimestre 2023 (-34,7%). Influisce su questo trend il progressivo aumento dei tassi di riferimento e l’incertezza sul mercato immobiliare, che incidono negativamente sulle decisioni d’acquisto e ristrutturazione e del relativo finanziamento.
Con l’aumento dei tassi di interesse si attenua invece la contrazione dei volumi di mutui di surroga, tornati nelle scelte delle famiglie al fine di ridurre gli oneri della rata dei mutui stipulati a tasso variabile. I dati relativi a marzo/aprile 2023 evidenziano già una ripresa a doppia cifra sui corrispondenti mesi del 2022.

Rischiosità e qualità del credito

A marzo 2023 il rischio di credito relativo al totale dei prestiti alle famiglie, pur rimanendo di poco superiore all’1%, si colloca su un piano lievemente più alto rispetto al minimo raggiunto a marzo 2022. I dati degli ultimi mesi del 2022 e il primo trimestre 2023 confermano però la buona qualità del credito, in particolare dei mutui ipotecari. A sostenere tale dinamica contribuiscono sia il comportamento virtuoso da parte delle famiglie sia l’ampia diffusione delle forme a tasso fisso, nonché gli interventi attuati dal Governo a supporto del reddito in un contesto di elevata inflazione.
Il credito al consumo, in particolare, nella forma del prestito finalizzato, mostra a fine 2022 l’incremento maggiore, pur mantenendosi a livelli storicamente inferiori rispetto ai prestiti personali.

Economia

Export digitale dei beni di consumo: valore a 18,7 miliardi di euro

Posted by Valentina Beretta on
Export digitale dei beni di consumo: valore a 18,7 miliardi di euro

Nel contesto di incertezza che stiamo tutti vivendo, le esportazioni italiane hanno ripreso a crescere in termini di valore, mostrando un trend positivo che continua parzialmente anche nei primi mesi del 2023. In questo scenario, il commercio digitale genera nuove opportunità di sviluppo e ha un ruolo centrale nelle strategie di export delle imprese italiane. Nel 2022, l’export digitale italiano dei beni di consumo, sia diretto (B2C, tramite sito proprio o marketplace) che intermediato (B2B2C, tramite retailer online), ha raggiunto il valore di 18,7 miliardi di euro, registrando una crescita del 20,3% rispetto al 2021. Questo rappresenta un aumento annuo di circa 3 miliardi di euro, corrispondente all’8,8% dell’export italiano complessivo. I settori più rilevanti sono il Fashion, con 10,1 miliardi di euro (54% del totale), il Food & Beverage, con 2,6 miliardi di euro (+18,2% rispetto al 2021), e l’Arredamento, con 1,3 miliardi di euro (+13% rispetto al 2021).

Anche il B2B “vola”, + 20% nel 2022

Per quanto riguarda il commercio tra aziende, l’export digitale B2B ha raggiunto nel 2022 il valore di 175 miliardi di euro, con una crescita del 20% rispetto ai 146 miliardi del 2021, equivalente al 28% dell’export italiano totale. I settori di maggiore peso sono l’Automotive (38 miliardi di euro, 22% del totale), il Fashion (26 miliardi di euro, 15% del totale) e la Meccanica (17,8 miliardi di euro, 10% del totale), ma i maggiori incrementi si riscontrano nel Farmaceutico (+47%), nell’Elettronica di consumo (+21%) e nel Fashion (+20%).

Strategie di export digitale poco mature per le PMI

Tuttavia, le PMI italiane presentano ancora strategie di export digitale poco mature, con inefficienze nell’uso dei canali di vendita digitali, delle tecnologie per l’export e dei cruscotti di indicatori per valutare i progetti di internazionalizzazione. Questi sono alcuni dei risultati emersi dalla ricerca condotta dall’Osservatorio Export Digitale della School of Management del Politecnico di Milano. Nonostante il contesto economico negativo, nel 2022 le esportazioni italiane sono cresciute notevolmente, principalmente a causa dell’aumento dei costi di produzione e dei prezzi anziché dei volumi. Anche se i brand italiani non hanno registrato un aumento degli ordini cross-border, sono comunque riusciti a mantenere le loro quote di mercato. In un contesto turbolento, il canale online rappresenta un’opportunità non ancora pienamente sfruttata dalle PMI per raggiungere mercati lontani, comprendere meglio i propri clienti e ottimizzare i processi di vendita. Pertanto, è fondamentale creare cultura e diffondere conoscenza per agire con consapevolezza in una strategia di export digitale.

Le prospettive per il 2023 

Nel 2023, si presenta uno scenario economico globale incerto dopo tre anni caratterizzati da fluttuazioni significative. Le stime delle principali istituzioni economiche indicano una crescita del PIL globale del +3,4% nel 2022, con una previsione di circa +2,6% per il 2023. L’inflazione mondiale è in calo nei primi mesi del 2023, ma rimane ancora relativamente elevata, il che potrebbe portare a politiche monetarie restrittive per qualche mese. Queste incertezze, insieme alle tensioni geopolitiche ed economiche, hanno influenzato il commercio mondiale, che nel 2022 ha registrato aumenti contenuti (+2,7%, inferiore alla crescita del PIL globale).

I principali mercati dell’export digitale tricolore 

L’Osservatorio ha anche identificato i Paesi di maggiore interesse per l’export digitale italiano tra le 20 principali economie mondiali. Gli Stati Uniti, il Regno Unito, la Germania, la Svizzera e la Francia sono ai primi posti, riflettendo l’elenco attuale dei principali Paesi destinatari dell’export italiano. Altri Paesi come Singapore, il Canada e la Corea del Sud emergono grazie alle loro buone performance commerciali, infrastrutturali e amministrative.