Category Archives

41 Articles

Economia

Export digitale dei beni di consumo: valore a 18,7 miliardi di euro

Posted by Valentina Beretta on
Export digitale dei beni di consumo: valore a 18,7 miliardi di euro

Nel contesto di incertezza che stiamo tutti vivendo, le esportazioni italiane hanno ripreso a crescere in termini di valore, mostrando un trend positivo che continua parzialmente anche nei primi mesi del 2023. In questo scenario, il commercio digitale genera nuove opportunità di sviluppo e ha un ruolo centrale nelle strategie di export delle imprese italiane. Nel 2022, l’export digitale italiano dei beni di consumo, sia diretto (B2C, tramite sito proprio o marketplace) che intermediato (B2B2C, tramite retailer online), ha raggiunto il valore di 18,7 miliardi di euro, registrando una crescita del 20,3% rispetto al 2021. Questo rappresenta un aumento annuo di circa 3 miliardi di euro, corrispondente all’8,8% dell’export italiano complessivo. I settori più rilevanti sono il Fashion, con 10,1 miliardi di euro (54% del totale), il Food & Beverage, con 2,6 miliardi di euro (+18,2% rispetto al 2021), e l’Arredamento, con 1,3 miliardi di euro (+13% rispetto al 2021).

Anche il B2B “vola”, + 20% nel 2022

Per quanto riguarda il commercio tra aziende, l’export digitale B2B ha raggiunto nel 2022 il valore di 175 miliardi di euro, con una crescita del 20% rispetto ai 146 miliardi del 2021, equivalente al 28% dell’export italiano totale. I settori di maggiore peso sono l’Automotive (38 miliardi di euro, 22% del totale), il Fashion (26 miliardi di euro, 15% del totale) e la Meccanica (17,8 miliardi di euro, 10% del totale), ma i maggiori incrementi si riscontrano nel Farmaceutico (+47%), nell’Elettronica di consumo (+21%) e nel Fashion (+20%).

Strategie di export digitale poco mature per le PMI

Tuttavia, le PMI italiane presentano ancora strategie di export digitale poco mature, con inefficienze nell’uso dei canali di vendita digitali, delle tecnologie per l’export e dei cruscotti di indicatori per valutare i progetti di internazionalizzazione. Questi sono alcuni dei risultati emersi dalla ricerca condotta dall’Osservatorio Export Digitale della School of Management del Politecnico di Milano. Nonostante il contesto economico negativo, nel 2022 le esportazioni italiane sono cresciute notevolmente, principalmente a causa dell’aumento dei costi di produzione e dei prezzi anziché dei volumi. Anche se i brand italiani non hanno registrato un aumento degli ordini cross-border, sono comunque riusciti a mantenere le loro quote di mercato. In un contesto turbolento, il canale online rappresenta un’opportunità non ancora pienamente sfruttata dalle PMI per raggiungere mercati lontani, comprendere meglio i propri clienti e ottimizzare i processi di vendita. Pertanto, è fondamentale creare cultura e diffondere conoscenza per agire con consapevolezza in una strategia di export digitale.

Le prospettive per il 2023 

Nel 2023, si presenta uno scenario economico globale incerto dopo tre anni caratterizzati da fluttuazioni significative. Le stime delle principali istituzioni economiche indicano una crescita del PIL globale del +3,4% nel 2022, con una previsione di circa +2,6% per il 2023. L’inflazione mondiale è in calo nei primi mesi del 2023, ma rimane ancora relativamente elevata, il che potrebbe portare a politiche monetarie restrittive per qualche mese. Queste incertezze, insieme alle tensioni geopolitiche ed economiche, hanno influenzato il commercio mondiale, che nel 2022 ha registrato aumenti contenuti (+2,7%, inferiore alla crescita del PIL globale).

I principali mercati dell’export digitale tricolore 

L’Osservatorio ha anche identificato i Paesi di maggiore interesse per l’export digitale italiano tra le 20 principali economie mondiali. Gli Stati Uniti, il Regno Unito, la Germania, la Svizzera e la Francia sono ai primi posti, riflettendo l’elenco attuale dei principali Paesi destinatari dell’export italiano. Altri Paesi come Singapore, il Canada e la Corea del Sud emergono grazie alle loro buone performance commerciali, infrastrutturali e amministrative.

Economia

Inflazione e consumi: gli effetti sul Retail del Largo Consumo

Posted by Valentina Beretta on
Inflazione e consumi: gli effetti sul Retail del Largo Consumo

I consumatori di tutta Europa stanno subendo gli effetti dell’inflazione sull’aumento del costo della vita. Un’analisi realizzata da GfK su 15 Paesi europei mostra come il 93% dei consumatori abbia già modificato le proprie abitudini di acquisto per risparmiare. Più della metà degli intervistati afferma che non si tratta di una decisione volontaria, ma che il cambiamento delle abitudini di acquisto è legato all’andamento dei prezzi. A livello europeo, il 60% dei consumatori dichiara di prestare maggiore attenzione al prezzo rispetto al passato, e il 54% cerca o aspetta promozioni speciali per finalizzare i propri acquisti.

Come affrontano il carovita gli italiani?

Tra le misure messe in campo dagli italiani per ridurre i costi, al primo posto c’è la scelta di mangiare più spesso a casa al posto di andare al ristorante. Quasi il 60% degli italiani dichiara infatti di farlo più spesso che in passato.  Tra le altre iniziative più citate rientrano quelle connesse al tema del risparmio energetico, ad esempio, la scelta di utilizzare maggiormente gli elettrodomestici in modalità ‘ecologica’, o addirittura utilizzarli meno di frequente per ridurre il consumo di energia. Inoltre, il 45% degli italiani dichiara di fare più spesso acquisti in diversi negozi per trovare i prezzi migliori, mentre il 37% ha incrementato l’acquisto di prodotti ‘private label’ rispetto al passato.

Alcolici, dolciumi e cosmetici le categorie più impattate

Le prime tre categorie di prodotto per le quali i consumatori europei dichiarano di voler modificare i propri comportamenti di acquisto sono bevande alcoliche (50%), dolciumi (48%) e cosmetici (42%).
Ma l’effetto del cambiamento delle abitudini dei consumatori si riflette anche sulle tipologie di negozio.
In questa fase, infatti, fattori razionali come la disponibilità di promozioni interessanti, o di prodotti private label a basso costo, condizionano maggiormente i consumatori nella scelta del negozio rispetto a fattori emotivi (cordialità del personale o rapidità del servizio). E a livello europeo, i Discount registrano un incremento del +15% tra chi intende aumentarvi gli acquisti nei prossimi sei mesi.

Come far fronte alla crisi?

L’attuale crisi economica quindi non solo influisce sul sentiment, ma comporta compromessi e strategie di risparmio messe in campo dai consumatori. Per Retailer e Produttori è più importante che mai rimanere al passo con queste tendenze.
“Comprendere le nuove esigenze dei consumatori è fondamentale per elaborare le giuste offerte sui giusti canali – commenta Marco Pellizzoni, Commercial Director Consumer Panel & Services di GfK Italia -. Nel contesto attuale i prodotti innovativi, in grado di soddisfare i bisogni razionali e che offrono allo tempo stesso vantaggi emotivi o sociali per i consumatori, hanno buone possibilità di successo. Ad esempio, Retailer e Produttori possono aiutare i consumatori a non sprecare il cibo, offrendo porzioni più piccole o sconti in prossimità della data di scadenza”.

Economia

Agricoltura 4.0: un mercato da oltre 2 miliardi di euro, +31% 

Posted by Valentina Beretta on
Agricoltura 4.0: un mercato da oltre 2 miliardi di euro, +31% 

La Smart Agrifood consente la riduzione dell’impiego di acqua, concimi, foraggi, nonché dei costi di produzione. Tra i fabbisogni maggiormente soddisfatti dalle soluzioni di Agricoltura 4.0 spiccano infatti quelli legati all’efficienza, poiché riducono l’impiego dei principali input produttivi. Nel 2022 in Italia il mercato dell’Agricoltura 4.0 ha raggiunto 2,1 miliardi di euro, crescendo del +31% rispetto al 2021. Il 65% del valore del mercato è composto da macchinari connessi e sistemi di monitoraggio/controllo di mezzi/attrezzature. In crescita (+15%) anche i sistemi di monitoraggio da remoto di coltivazioni, terreni e infrastrutture. E tracciabilità alimentare, produzione, logistica e controllo della qualità sono le aree dove le aziende stanno innovando maggiormente.

Aumenta la superficie coltivata con soluzioni smart

Secondo i risultati emersi dalla ricerca dell’Osservatorio Smart Agrifood della School of Management del Politecnico di Milano e del Laboratorio RISE (Research & Innovation for Smart Enterprises) dell’Università degli Studi di Brescia, nel 2022 è cresciuta anche la superficie coltivata con soluzioni 4.0, passata dal 6% del 2021 all’8% nel 2022. Una quota, tuttavia, ancora limitata, che evidenzia un ampio margine di evoluzione per il mercato. Nel 2022 l’82% delle aziende della trasformazione ha utilizzato o sperimentato almeno una soluzione digitale, e quasi la metà ne ha implementate quattro o più in contemporanea (+30% rispetto al 2020).

Tecnologie abilitanti e tracciabilità alimentare

Oltre ai software gestionali aziendali, tra le soluzioni più utilizzate quelle basate su tecnologia cloud computing (58%), QR Code (56%), abilitate da tecnologia mobile (45%), ERP e MES (37%) e advanced automation, come robot e cobot (34%). La tendenza all’innovazione è confermata anche guardando all’offerta tecnologica: in Italia, il 75% delle soluzioni digitali per la tracciabilità alimentare è abilitato da tecnologie innovative e il 17% di queste è proposto da startup, che in questo ambito offrono principalmente soluzioni basate su tecnologia Blockchain. I sistemi di tracciabilità alimentare consentono di valorizzare le caratteristiche del prodotto nei confronti del consumatore finale, soprattutto attraverso l’utilizzo di QR Code, e rendere più agevoli i rapporti e i processi di verifica e controllo con gli enti pubblici.

Interoperabilità e interazione dei dati

“Tra le tecnologie abilitanti in ambito agricolo prevalgono quelle atte a raccogliere, memorizzare, analizzare dati, con soluzioni tecnologiche trasversali ai diversi comparti e processi – commenta Chiara Corbo, Direttrice dell’Osservatorio Smart AgriFood -. In questo contesto, l’interoperabilità delle soluzioni diventa sempre più rilevante e prioritaria. È fondamentale consentire l’integrazione di dati raccolti dai diversi sistemi, interni o esterni, e infatti da qualche anno cresce il numero di iniziative e progetti di collaborazione che vanno in questa direzione. Da non dimenticare che la condivisione dei dati si rivela sempre più importante per garantire visibilità su tutta la filiera, per una crescente tracciabilità e sostenibilità delle produzioni agroalimentari”.

Economia

Classe energetica: le case degli italiani sono efficienti? 

Posted by Valentina Beretta on
Classe energetica: le case degli italiani sono efficienti? 

Casa.it ha analizzato l’offerta di trilocali tra gli 80 e i 100 mq in vendita sul portale a gennaio 2023 e le ricerche effettuate da chi ha utilizzato il filtro relativo alla classe energetica. Nonostante la bozza della direttiva proposta dall’Unione Europea per ridurre l’inquinamento generato dagli edifici preveda che entro il 1° gennaio 2030 gli immobili rientrino nella classe energetica E ed entro il 1° gennaio 2033 in quella D, il 75% degli immobili in vendita in Italia appartiene alle classi energetiche meno efficienti, dalla G alla E, con una preponderanza degli immobili in classe G (55%), e solo il 12% in classe A.

Le più virtuose sono Bologna e Firenze

A livello locale la situazione cambia da città a città, con Bologna che risulta la più virtuosa, dove la percentuale di trilocali appartenenti alle classi meno efficienti è pari al 56% (Classe G 27%) e la maggior quota di trilocali in Classe A (28%). Anche Torino mostra una quota contenuta di trilocali in Classe G (28%), ma il 65% dei trilocali appartiene alle classi dalla G alla E, e solo il 7% è in Classe A.
A Firenze il 71% dei trilocali appartiene alle classi meno efficienti, di cui il 54% è la Classe G, ma la percentuale di quelli in Classe A è il 19%.

A Palermo e Genova i trilocali nelle classi meno efficienti sono quasi la totalità

A Milano il 75% dei trilocali è nelle classi meno efficienti (la G rappresenta il 45% dell’offerta) e solo l’11% dei trilocali in vendita è in classe A. Roma ha una quota molto elevata di trilocali nelle classi meno efficienti (84%) con il 72% in classe G, mentre il 12% dei trilocali in vendita è in classe A.
A Palermo e Genova i trilocali in vendita nelle classi meno efficienti sono quasi la totalità, con il 96% nelle classi G, F, E a Genova, e il 95% a Palermo. A Genova i trilocali in classe A sono soltanto l’1% e a Palermo il 2%.

La differenza di prezzo tra le case in classe A o G è del 68%

Per quanto riguarda i prezzi dei trilocali in vendita tra gli 80 e i 100 mq, riporta Italpress, la differenza tra quelli in classe A e quelli in classe G è molto elevata. A livello nazionale, un trilocale di 80-100 mq in classe A costa mediamente il 68% in più rispetto a un appartamento dello stesso taglio e metratura in classe G.
A Torino e Palermo la differenza di prezzo tra i trilocali in vendita in classe A e quelli in classe G supera il +130%: a Palermo +148% e +134% a Torino. A Milano, poi, dove i prezzi medi dei trilocali sono più alti, la differenza è +38%, a Bologna +25%, a Genova e a Firenze +22% e a Roma +14%.

Economia

Crisi: servono riforme e investimenti esteri

Posted by Valentina Beretta on
Crisi: servono riforme e investimenti esteri

I giudizi della comunità internazionale convergono sulla prospettiva di un rafforzamento del ruolo che l’Italia può svolgere nella cornice dell’Unione europea, privilegiando iniziative concertate con gli altri Paesi Ue. A quanto emerge dal rapporto Aibe-Censis 2022, realizzato per cogliere le opinioni degli investitori esteri sull’Italia a seguito della forte instabilità economica e dell’incertezza geopolitica, il 71,2% di un panel qualificato si dichiara molto d’accordo con la visione della comunità internazionale, e il 18,6% è abbastanza d’accordo. Dopo un 2021 che aveva in parte fugato le paure della pandemia, la guerra russo-ucraina scatenatasi all’inizio di quest’anno, e i dati relativi all’andamento dell’inflazione, di fatto hanno congelato le aspettative positive maturate un anno fa, e certificate dal precedente rapporto Aibe-Censis pubblicato nel mese di novembre dell’anno scorso.

Il posizionamento dell’Italia nel quadro delle nuove condizioni geopolitiche

Il giudizio sulla prospettiva di agire liberamente nel contesto internazionale risulta più sfumato: il 49,2% dei rispondenti si dichiara molto d’accordo, e il 37,2% è abbastanza d’accordo con la possibilità di sviluppare iniziative italiane a favore di una più ampia partecipazione agli scambi mondiali, soprattutto nell’ambito dei prodotti manifatturieri. L’ipotesi di una maggiore integrazione dell’Italia con i Paesi del Mediterraneo trova invece molto d’accordo il 30,5% degli intervistati, ai quali si aggiunge il 37,3% che si dichiara abbastanza d’accordo

Le strategie per attenuare l’impatto

Ai rappresentanti della comunità internazionale è stato chiesto di individuare quale sarebbe la strategia più urgente e appropriata per governare la fase di crisi. Per il 71,2% degli intervistati la priorità numero uno consiste nelle iniziative volte alla riforma della Pubblica Amministrazione, della giustizia, del fisco e della concorrenza. A seguire (64,4%), la necessità di ridurre i procedimenti amministrativi e i vincoli burocratici per la realizzazione di investimenti, compresi quelli indirizzati alla transizione energetica. L’impegno nell’attuazione del Next Generation Eu, anche coinvolgendo risorse private in progetti di sviluppo, è sottolineato dal 50,8%. Il panel si mostra più tiepido sulla utilità di trasferimenti di risorse pubbliche a imprese e famiglie (42,0%), e sull’ipotesi di contenimento del debito pubblico attraverso il controllo del costo delle pensioni e la razionalizzazione delle spese (40,7%).

La leva degli investimenti esteri

La maggioranza degli intervistati (66,1%) si dichiara molto d’accordo su iniziative finalizzate all’incremento dei flussi degli investimenti esteri che contemplino la semplificazione normativa e il riordino degli strumenti di incentivazione degli insediamenti produttivi. Questo, per facilitare l’ingresso di capitali stranieri nelle Pmi che competono sui mercati internazionali e sono orientate all’innovazione tecnologica.
Viene giudicato rilevante anche un possibile intervento che promuova sul piano internazionale la piazza finanziaria di Milano (52,5%), mentre si registra una minore convinzione per quanto riguarda la liberalizzazione di alcuni settori, come il gas, il trasporto pubblico, le ferrovie, i pubblici esercizi e le professioni (25,4%). Tra le diverse priorità, la privatizzazione delle imprese che negli ultimi anni sono cadute sotto il controllo diretto o indiretto dello Stato è quella che ottiene il consenso più basso (15,3%).

Economia

Imprese digitali, a Milano Monza e Brianza e Lodi sono sempre di più

Posted by Valentina Beretta on
Imprese digitali, a Milano Monza e Brianza e Lodi sono sempre di più

E’ l’economia digitale a fare da traino alla crescita di tre aree della Lombardia, Milano, Monza Brianza e Lodi. Come rivela un’elaborazione dell’Ufficio Studi della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi su dati Registro Imprese, condotta in occasione della Digital Week 2022, quest’area geografica ha visto numeri in salita nel orso dell’anno:+3,8% per imprese attive, +16,1% per addetti. Numeri che collocano il mondo del digitale e le imprese ad esse collegate ai primi posti per dinamicità. Complessivamente, in base alle rilevazioni riferite a settembre 2022, sono sulla piazza 18.363 imprese “digitali”, attive nei settori di e-commerce, produzione di software e consulenza informatica, telecomunicazioni e altri servizi legati al web. In particolare nell’area metropolitana crescono in un anno del +3,8%, con un trend positivo che nel periodo 2019/2022 vede un aumento complessivo del +16,8%. 

Prosegue il percorso delle imprese verso la digitalizzazione

Prosegue senza interruzioni il percorso delle imprese verso la digitalizzazione, che vede innovazione e tecnologia driver di competitività, all’interno di uno scenario in cui economia tradizionale e economia digitale non viaggiano più parallele ma convergenti. Numeri che spiccano maggiormente, infatti, se si considera il contesto complessivo del sistema delle imprese attive, che fa registrare in un anno -0,3% e +1,4% dal 2019 ad oggi. E il valore dell’economia digitale si misura anche dalla sua capacità di generare occupazione, che nelle attività legate al digitale cresce di +16,1% (220.831 addetti al terzo trimestre del 2022), a fronte di una variazione generale che si attesta a +6,5%. Infine, dai dati di bilancio disponibili relativi al 2020, emerge che nell’area Milano Monza Brianza Lodi l’economia digitale genera 46,8 miliardi di euro di ricavi.

Il ruolo strategico del Punto Impresa Digitale

Attraverso il PID Punto Impresa Digitale della Camera di commercio, le imprese possono ricevere informazione, formazione, assistenza dedicata di primo livello, accompagnamento guidato di secondo livello e supporto nell’individuazione di partner scientifici e tecnologici. Dal 2018 il PID della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi ha coinvolto più di 15.000 partecipanti in attività di informazione, sensibilizzazione e formazione e servito più di 4.000 imprese, supportandole anche tramite l’erogazione di voucher per sostenere i progetti di investimento in trasformazione digitale, sviluppo e adozione di soluzioni tecnologie 4.0, destinando per questa attività oltre 20 milioni di euro.
“Come Camera di commercio sosteniamo le imprese in modo concreto e diretto nei percorsi di digitalizzazione e innovazione tecnologica” – ha dichiarato Elena Vasco, Segretario generale della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi – attraverso il progetto PID Punto Impresa Digitale, un hub dedicato di servizi, iniziative, misure, che ha l’obiettivo di intercettare e stimolare la volontà di crescita e trasformazione delle nostre aziende”.

Economia

Caro energia: come affrontare i prossimi mesi?

Posted by Valentina Beretta on
Caro energia: come affrontare i prossimi mesi?

Nonostante le alte temperature del mese di ottobre i prezzi unitari del gas rimangono alle stelle. Per contenere le bollette dei prossimi mesi il risparmio energetico e l’efficienza saranno quindi atteggiamenti decisivi. Secondo Altroconsumo, considerando i consumi di una famiglia di 3 o 4 persone (2.700 kWh per energia elettrica e 1.400 mc per gas, con riscaldamento autonomo), per i prossimi 12 mesi la stima di spesa annua per energia elettrica sarà pari a 1.726 euro, e per il gas 2.794 euro, per un totale di circa 3.766 euro. Al fine di rilevare come gli italiani abbiano tentato di arginare i costi nelle proprie abitazioni, Altroconsumo ha condotto un’indagine che ha coinvolto 918 intervistati. E solo metà considera la propria casa attrezzata ad affrontare il caro energia.

Dalle lampadine a basso consumo alle prese multiple con interruttore

Negli ultimi due anni, quasi il 50% degli intervistati ha condotto interventi nelle proprie abitazioni per migliorarne l’efficienza energetica. Tra i sistemi per il risparmio più diffusi nelle case degli italiani, al primo posto rientrano le lampadine a basso consumo (73%), seguite da finestre ad alto isolamento (67%), elettrodomestici ad alta efficienza energetica (66%), e prese multiple con interruttore (61%). Circa la metà ha una caldaia a gas a condensazione o pompa di calore. E solo un quarto afferma di avere isolato il tetto termicamente, o ha fatto isolare le pareti con il cappotto termico. Le soluzioni meno diffuse sono l’isolamento termico del pavimento, piano cottura a induzione, pannelli solari, caldaie o stufe a biomassa

Risparmio energetico: la casa fa la differenza

Gli interventi strutturali vengono realizzati più frequentemente nelle case indipendenti rispetto agli appartamenti in condominio, inoltre, le case del Nord Italia hanno maggiori dotazioni per il risparmio energetico rispetto a quelle delle regioni centrali, e soprattutto, a quelle del meridione e delle isole. Dai risultati emerge poi che solo il 53% del campione ritiene di avere una casa con caratteristiche che possano fare la differenza sul risparmio energetico. Viceversa, circa la metà non è soddisfatto, e il 18% dà una valutazione negativa. Ipotizzando un potenziale risparmio in bolletta il 61% degli intervistati ritiene molto conveniente investire per migliorare almeno un aspetto legato al risparmio energetico. Solo il 6% pensa che non valga la pena intervenire, e il 31% si dichiara poco o per nulla informato sulle attrezzature disponibili per risparmiare sul caro bollette.

Le strategie meno energivore 

Chi non ha la possibilità economica per attuare interventi, può comunque adottare accorgimenti significativi a livello domestico, riporta Adnkronos. Ad esempio, durante l’inverno, la strategia più efficace è intervenire sul riscaldamento: abbassarlo anche solo di un grado riduce la spesa di circa l’8%. L’utilizzo poco efficiente degli elettrodomestici, poi, considerando il prezzo medio attuale dell’energia (0,64 euro a kWh), ha un impatto non indifferente sui costi della bolletta. Per questo motivo bisognerebbe utilizzare solo gli elettrodomestici indispensabili e per il tempo strettamente necessario, prediligendo la scelta dei modelli meno energivori.

Economia

L’Export agroalimentare italiano cresce a due cifre in Europa e nei Paesi terzi

Posted by Valentina Beretta on
L’Export agroalimentare italiano cresce a due cifre in Europa e nei Paesi terzi

Lo ha rilevato l’ultimo rapporto Ismea, dal titolo La Bilancia dell’agroalimentare italiano: nel primo semestre del 2022 l’export agroalimentare italiano è cresciuto a due cifre, sia in ambito Ue (+21%) sia presso i Paesi terzi (+16%). In questo caso, è stato favorito anche da un euro debole sul dollaro, attestandosi quindi a 34,5 miliardi di euro. Il rapporto Ismea ha inoltre segnalato come nei tre principali mercati di sbocco, Germania, Stati Uniti e Francia, la progressione sia rispettivamente del +11%, del +21% e del +18%. E anche nel Regno Unito, quarta destinazione per importanza, le vendite sono aumentate del 19%, a dispetto dei segnali rallentamento dei due anni precedenti, che avevano alimentato diffusi timori per le conseguenze della Brexit.

Le importazioni crescono ancora di più: +29,2%

Il rapporto ha segnalato anche il forte incremento delle esportazioni verso paesi come l’Ungheria, la Polonia e la Repubblica Ceca, mentre risultano in controtendenza solo i flussi verso la Cina e il Giappone. In ogni caso, dopo il surplus registrato nel biennio 2020-2021, il rapporto Ismea ha evidenziato anche il forte incremento del valore delle importazioni agroalimentari (+29,2%, pari a 34,9 miliardi di euro), che ha riportato il saldo della bilancia commerciale in negativo. Sotto la spinta dei rincari delle materie prime agricole, si registra infatti un deficit di 381 milioni di euro. 

I dati in valore delle esportazioni risentono della forte spinta inflattiva

Va ricordato, si legge sul Sole 24 Ore, che l’industria alimentare italiana è un’industria prevalentemente trasformatrice, che acquista cioè materie prime agricole e le trasforma in prodotti alimentari ad alto valore aggiunto. L’andamento più che positivo delle importazioni secondo Ismea è quindi una spia della buona tenuta dell’attività di trasformazione, nonostante la forte pressione sui costi delle industrie alimentari italiane. Inoltre, ha sottolineato ancora Ismea, i dati in valore dell’export agroalimentare, che nei primi sette mesi del 2022 hanno messo a segno un +18%, risentono della forte spinta inflattiva.

Oltrefrontiera non rinunciano al Made in Italy a tavola

In crescita anche i flussi in volume delle referenze più rappresentative, riporta Adnkronos. Pasta, prodotti della panetteria e biscotteria, vini spumanti, formaggi freschi e stagionati, prosciutti, pelati e polpe di pomodoro, confermano che oltrefrontiera la presenza del Made in Italy a tavola è un fatto ormai irrinunciabile.
L’unica eccezione è costituita dal comparto della frutta fresca e trasformata, che evidenzia una riduzione dell’export, anche in valore, dello 0,5%, a causa delle flessioni registrate da prodotti come mele, kiwi e nocciole sgusciate.

Economia

Manifatturiero, servizi, commercio: l’andamento dei settori economici nel primo trimestre 2022 a Milano, Monza Brianza, Lodi

Posted by Valentina Beretta on
Manifatturiero, servizi, commercio: l’andamento dei settori economici nel primo trimestre 2022 a Milano, Monza Brianza, Lodi

In un lungo rapporto dedicato a “Milano Prodittova”, la Camera di Commercio di Milano, Monza Brianza e Lodi ha esaminato l’andamento delle dinamiche imprenditoriali nel territorio. In particolare, evidenzia il report vinto alla sua 32a edizione, nel primo trimestre 2022 si è osservato un consolidamento delle dinamiche territoriali e settoriali. Se si considera l’industria manifatturiera, la produzione ha continuato a crescere in tutti i territori. L’incremento più significativo si è registrato in provincia di Monza Brianza (+13,3%), seguita a distanza dalla città metropolitana di Milano (+9,6%) e dalla provincia di Lodi (+6,4%). In relazione ai servizi, la dinamica del fatturato è in significativo recupero sia per la città metropolitana di Milano (+21,1%) sia per la provincia di Monza Brianza (+20,4%), mentre si è osservato un aumento molto contenuto per la provincia di Lodi (+5,3%). Il commercio ha evidenziato una ripresa del fatturato particolarmente intensa per le province di Monza Brianza (+15,6%) e di Milano (+13%), mentre si è osservata una dinamica più contenuta per il territorio di Lodi (+7,3%). Import ed export: bilancio del 2021 e primo trimestre 2022

La rimonta dell’export

Dopo il crollo del 2020, nel 2021 i territori di Milano, Monza Brianza e Lodi registrano un incremento complessivo delle esportazioni del 16,6% in un anno. Il dato più confortante è il confronto con il 2019, precedente la pandemia: l’export di Milano vale l’1,5% in più, per Lodi +7,2% e per Monza +9,6%, per un +3,2% considerando complessivamente i tre territori). Milano si conferma la prima provincia italiana per valore degli scambi con l’estero, sia per l’export (46 miliardi di euro) che per l’import (75 miliardi). L’anno 2022 è iniziato con dati ancora estremamente positivi, sia per le nostre tre province che a livello nazionale. L’export di Milano, Monza e Lodi nei primi tre mesi del 2022 cresce nel complesso del 22,6% rispetto al medesimo periodo del 2021. La crescita risulta superiore al 20% per tutte le province, dal +21,4% di Milano al +28,2% di Lodi passando dal +25,4% di Monza e Brianza.

Le aziende partecipate da investitori esteri

Rispetto ai nostri territori, a inizio 2021 le imprese a capitalizzazione estera (incluse joint-venture paritarie e partecipazioni di minoranza) localizzate nelle province di Milano, Monza Brianza e Lodi erano complessivamente 5.232, con poco più di 560mila dipendenti e un fatturato aggregato di 245,6 miliardi di euro; tali dati corrispondono rispettivamente al 35%, al 38,9% e al 41% del totale nazionale. In soli cinque anni (2015-2020), il numero dei dipendenti delle imprese partecipate da investitori esteri con sede nelle province di Milano, Monza Brianza e Lodi è cresciuto di circa 102mila unità; la sola provincia di Milano segna un incremento di oltre 90mila unità. Relativamente alla provenienza degli investitori, la presenza multinazionale a Milano continua a caratterizzarsi per la predominanza della cosiddetta “Triade” delle aree maggiormente industrializzate (Europa Occidentale, Nord America e Giappone). In particolare, gli Stati Uniti d’America hanno riconquistato negli ultimi anni il primato tra i Paesi di origine, seguiti da Francia, Germania e Regno Unito.

Economia

Terziario in Lombardia, cresce il fatturato per i servizi

Posted by Valentina Beretta on
Terziario in Lombardia, cresce il fatturato per i servizi

Bene soprattutto i servizi, più frenata la crescita del commercio: sono questi, in sintesi, i dati che emergono dall’indagine di Unioncamere sull’andamento del primo trimestre 2022 relativamente al terziario. In particolare, si registrano variazioni del fatturato ancora positive su base annua per entrambi i principali comparti del terziario lombardo. I Servizi segnano +20,8% sullo stesso trimestre del 2021 e il Commercio al dettaglio segna un buon +9,9%. I dati congiunturali – che confrontano la situazione dei primi tre mesi con i i livelli di fine 2021 – evidenziano però un peggioramento della dinamica. Anche se i Servizi mostrano una variazione ancora positiva (+0,8%), questa è in rallentamento rispetto al ritmo di crescita che aveva caratterizzato i periodi precedenti, mentre il Commercio al dettaglio incrementa la tendenza negativa (-1,1%) che si era già manifestata nella seconda parte del 2021.

Aumento dei prezzi e situazione internazionale

Tra le ragioni di questo andamento, spiega Unioncamere, c’è  la crescita significativa registrata nei prezzi, con i listini che rispetto al trimestre precedente crescono di oltre il 3% in entrambi i comparti. Nonostante questi elementi di criticità, i rischi legati alla situazione internazionale e le possibili ricadute sulla domanda interna di un elevato livello di inflazione, il clima di fiducia degli imprenditori mostra una sostanziale tenuta. Venendo ai due principali comparti, per i servizi l’incremento del fatturato su base annua è particolarmente marcato nelle attività di alloggio e ristorazione (+60,3%), in recupero rispetto ai livelli del 2021 che ricordiamo essere stati fortemente penalizzati dalle misure anti-Covid. Infatti la tendenza più recente evidenzia un calo congiunturale per questo settore. Prosegue la crescita per i servizi alle imprese (+11,2%) e soprattutto per il commercio all’ingrosso (+22,7%), comparti che si sono ampiamente riportati sopra i livelli pre-crisi. Significativo anche l’incremento su base annua dei servizi alle persone (+21%), che non hanno sino ad ora però colmato il divario rispetto al 2019.

Nel commercio meglio i negozi non alimentari

Nel Commercio al dettaglio la crescita del fatturato su base annua è trainata soprattutto dai negozi non alimentari (+15,7%), anch’essi in sofferenza nel 2021 per via delle restrizioni Covid. Più ridotto l’incremento negli esercizi non specializzati (+4,2%), che comprendono minimarket e supermercati, ma il livello di fatturato risulta comunque più elevato rispetto ai valori pre-pandemia. Lievemente negativo infine il risultato per i negozi alimentari (-0,5%). Nel confronto con il trimestre precedente, tutti i settori evidenziano una tendenza al ribasso.