Monthly Archives

3 Articles

My Blog

Medie imprese: come difendersi dalle Great Resignation e trattenere il personale?

Posted by Valentina Beretta on
Medie imprese: come difendersi dalle Great Resignation e trattenere il personale?

Come possono le medie imprese difendersi dal fenomeno delle Grandi dimissioni, e impedire una la massiccia fuoriuscita di personale dalle aziende? Soprattutto, attraverso gli aumenti di stipendio, ma anche tramite la concessione di benefit aziendali e la flessibilità dell’orario di lavoro.
Sono queste le leve che le medie imprese italiane, affamate di personale qualificato, utilizzano per far fronte alla Great Resignation, il fenomeno, sempre più diffuso, delle dimissioni volontarie del personale. Secondo le stime di Unioncamere e del Centro studi Tagliacarne nel 2022 le dimissioni volontarie sono state pari a circa il 19,5% del totale delle interruzioni lavorative, ovvero 1,66 milioni su 8,5 milioni di cessazioni lavorative in totale, mentre nel 2018 erano state percentualmente molto inferiori, pari a circa il 14%.

La leva principale è l’incremento del salario

A quanto emerge da un’indagine condotta da Unioncamere e dal Centro studi Tagliacarne, svolta in collaborazione con l’Area Studi di Mediobanca e presentata recentemente a Milano, la modalità che più di frequente viene adottata dalle medie imprese italiane per trattenere il personale qualificato in azienda è appunto l’incremento salariale, dichiarato dal 50% del campione intervistato. Seguono, a moderata distanza, il riconoscimento di benefit aziendali, dichiarato dal 29%, e la flessibilità degli orari di lavoro, dal 27%.

Poche aziende puntano su smart working o coinvolgimento nelle decisioni aziendali

A maggiore distanza le aziende segnalano di offrire maggiore autonomia nelle mansioni (19%), riconoscimento del lavoro svolto (18%), incentivi per la formazione (14%).
Meno ‘appeal’, al fine di non perdere le risorse aziendali migliori, sembrano avere la concessione dello smart working (13%), quella di percorsi di carriera privilegiati (12%) o di percorsi di carriera accelerati (7%).
“Solo poco più del 10% delle medie imprese – commentano Unioncamere e Centro Studi Tagliacarne – punta sullo smart working o sul coinvolgimento nelle decisioni aziendali per trattenere il capitale umano. E meno del 10% offre la possibilità di accedere a percorsi di carriera accelerati”.

I lavoratori più giovani chiedono anche più tempo per coltivare affetti e passioni

“Dalle risposte delle aziende – aggiunge Andrea Prete, presidente di Unioncamere – si conferma che i lavoratori, in particolare quelli più giovani, chiedono non solo uno stipendio adeguato alle proprie capacità, che è pure un fattore molto importante, ma anche la possibilità di coltivare interessi, hobby e affetti familiari”. Ma il 16% delle aziende intervistate dichiara di non adottare alcuna pratica per trattenere il personale.  

Economia

In Lombardia si concentra un terzo delle imprese innovative italiane

Posted by Valentina Beretta on
In Lombardia si concentra un terzo delle imprese innovative italiane

È nella regione lombarda che si concentra il maggior numero di imprese innovative del paese.
Delle circa 359.000 imprese più innovative presenti su tutto il territorio nazionale, infatti, oltre il 30%, quasi 110.000 imprese, ha sede in Lombardia. Sul podio a livello regionale si piazza anche il Lazio, con 45.000 imprese innovative (12,5%), seguito dal Veneto, con oltre 38.000 (10,7%).
Fanalino di coda è il Mezzogiorno, con regioni che non superano le 10.000 imprese innovative, Sicilia e Puglia, o addirittura le 5.000, Calabria e Sardegna. Sono alcune evidenze dello studio di marketing intelligence realizzato da CRIF. 

Circa il 60% ha meno di 5 dipendenti e fattura meno di 5 milioni di euro

Lo studio ha preso in esame le imprese che mostrano un elevato grado di innovazione, misurato con il livello 1 e 2 dell’Innovation Score di CRIF. I criteri considerati vanno dallo sviluppo di brevetti innovativi all’approccio smart al business, dagli investimenti in ricerca e sviluppo all’attività di export. In generale, si tratta di imprese con fatturati e numero di dipendenti non troppo elevati: circa il 60% delle imprese innovative ha meno di 5 dipendenti e fattura meno di 5 milioni di euro.
Analizzando, invece, i primi 10 settori merceologici di provenienza delle imprese innovative lo studio evidenzia come il settore ICT continui a mantenere un valore predominante (Produzione di software), insieme a quello della consulenza.

Società di capitali a rischio minimo

Quanto alla forma legale delle imprese a maggiore innovazione emerge che nel 74% dei casi si tratta di società di capitali, quindi, realtà maggiormente strutturate e patrimonializzate. A confermare la solidità di queste imprese è anche l’indicatore di affidabilità calcolato da CRIF: nel 65% dei casi le imprese innovative sono anche quelle più affidabili con rischio minimo o più basso della media.

Il ruolo chiave dei player finanziari

“I player finanziari avranno un ruolo chiave nel supportare lo sviluppo di queste imprese innovative – commenta Elena Mazzotti, Chief Client Innovation & Strategy di CRIF -. A fare la differenza sarà la capacità di individuare correttamente il loro profilo e di affiancarle nel percorso di crescita da un punto di vista finanziario e consulenziale, sviluppando un’offerta di servizi che vada a coprire non solo le esigenze di credito, ma anche altri bisogni connessi al ciclo di vita dell’impresa. Ad esempio, internazionalizzazione, piani di transizione verso una produzione sostenibile, advisory connessa all’utilizzo del PNRR e delle fonti di finanza, e coperture assicurative specifiche per differenti tipi di rischi”.

Varie

Franchising: numeri e tendenze del comparto nel 2022

Posted by Valentina Beretta on
Franchising: numeri e tendenze del comparto nel 2022

Emerge dal Rapporto Assofranchising Italia 2023 – Strutture, Tendenze e Scenari, realizzato da Nomisma: nonostante le difficoltà nel 2022 prosegue la crescita del comparto franchising in Italia, che rispetto al 2021 incrementa numero di punti vendita (61.162, +2,2%) e addetti occupati (252.848, +6,2%), raggiungendo un fatturato di 30,9 miliardi euro (+7,1% rispetto al 2021).
Un risultato positivo trainato, in parte, da un mercato del lavoro più reattivo e dal risparmio accumulato dalle famiglie, fattori che hanno contribuito ad ammortizzare gli effetti negativi dell’inflazione.
Nel 2023 si prospettano però segnali di rallentamento, legati al perdurare della spinta inflazionistica e ai suoi effetti sul reddito disponibile delle famiglie. Si prevede quindi un aumento del fatturato nell’ordine del +3%, con un tasso di crescita più contenuto rispetto al 2022. 

La GDO incide per il 37% sul business complessivo

La media di personale per punto vendita è di 4,1 unità. Rimangono stabili le insegne operative (954), dopo la contrazione del 2020 (-103) e la crescita del 2021 (+78). Una solidità che deriva dalla forte dinamicità del settore, che ha visto la cessazione di alcune insegne nell’ambito dell’abbigliamento per bambini e bar-gelateria, e parallelamente, la crescita di nuovi franchisor nei segmenti ristorazione, casa e servizi.  Considerando i settori merceologici più performanti al primo posto la GDO, che con un giro d’affari che supera 11 miliardi di euro, incide per il 37% sul fatturato complessivo, seguita dal comparto abbigliamento (oltre 7,5 miliardi), servizi (4,5 miliardi), e ristorazione (oltre 3,2 miliardi). 

Servizi, ristorazione, e abbigliamento i settori con più punti vendita

Nel 2022 le reti in franchising attive sono 954, di cui 923 italiane (97%). Il Nord Ovest è al primo posto per numero di franchisor, seguito da Nord Est e Centro Italia. In crescita, con 199 reti attive, l’area del Sud e delle Isole.  Tra i settori più rappresentati nella penisola, al primo posto, quello dei servizi (255 reti), seguito da ristorazione (181) e abbigliamento (180).  Il settore merceologico preponderante è appunto quello dei servizi, con 17.373 punti vendita (28% sul totale), seguito dall’abbigliamento (14.881, 24%) e dal commercio specializzato (8.321, 14%). 
La regione con il maggior numero di punti vendita è la Lombardia (9.955 store), seguita da Lazio (6.734), Campania (4.805), Emilia-Romagna (4.757) e Sicilia (4.665). 

Cresce il fatturato e-commerce: +8,7%

La tecnologia sta dando un grande impulso al comparto e sarà sempre più un asset strategico di competitività: un brand su 2 possiede un canale e-commerce attivo già da prima del 2020.
Cresce poi la quota di fatturato derivante dalla vendita e-commerce (+8,7%) e si prevede un ulteriore incremento fino al 12,8% per il 2023. Di fatto, nel prossimo triennio l’84% delle imprese è propenso ad investire in digital technology per migliorare le performance economico-finanziarie, e la gestione della propria rete.