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Economia

Nei prossimi 6 mesi le micro imprese italiane prevedono assunzioni

Posted by Valentina Beretta on
Nei prossimi 6 mesi le micro imprese italiane prevedono assunzioni

Più della metà delle micro imprese italiane nei prossimi sei mesi dell’anno ha intenzione di assumere nuovo personale. Si tratta di un contributo alla crescita dell’occupazione nel nostro Paese, frenato però dalle difficoltà, e in molti casi dalla impossibilità, di reperire tutte le figure professionali necessarie. Lo rileva una indagine condotta dalla CNA, la Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa, su un campione di oltre 2 mila aziende, rappresentative del tessuto imprenditoriale nazionale, composto per più del 90% da imprese con meno di dieci addetti. Più in dettaglio, il 55,1% delle imprese che hanno partecipato all’indagine vorrebbe realizzare assunzioni entro gennaio 2022. Di queste, il 52,7% ipotizza nel periodo in esame una assunzione, il 33,8% ne prevede due, e l’8,2% tre.

Non si tratta di un aumento transitorio della domanda

Assunzioni che non sono destinate a fare fronte a un aumento meramente transitorio della domanda. Quasi due nuovi lavoratori su tre, infatti, sarebbero reclutati mediante contratti ‘stabili’. In particolare, il 29,4% con contratto a tempo indeterminato, il 20,2% di apprendistato, e il 14,8% tramite tirocinio formativo. Il 27,7% delle imprese invece punta su contratti a tempo determinato, che rappresenta la formula giuridica ideale a soddisfare la flessibilità richiesta alle imprese più piccole. Marginale risulta invece il ricorso alle collaborazioni professionali (4,1%) e al lavoro occasionale (3,8%).

La difficoltà di reperire figure professionali spesso è insormontabile

La volontà delle imprese, e in particolare delle imprese artigiane, micro e piccole, di ampliare l’organico in funzione delle nuove necessità richieste dal mercato nel dopo pandemia, rischia però di essere frustrata dalla difficoltà, spesso insormontabile, di reperire le figure professionali. Solo il 12,9% delle imprese che stanno assumendo, o vorrebbero farlo, assicura di non avere avuto (e si dice convinto che non avrà) problemi a selezionare candidati dotati delle competenze richieste disposti ad accettare l’offerta. Al contrario, la grande maggioranza del campione denuncia difficoltà. Il 79,9% delle imprese, infatti, non riesce a trovare candidati idonei alle mansioni richieste. E il rimanente 7,2% si imbatte in candidati insoddisfatti delle offerte economiche avanzate dalle imprese, riporta Italpress.

Meglio usare il passaparola per cercare personale 

Sotto questo aspetto, dall’indagine CNA emerge un quadro “inquietante anche se non nuovo: il nostro Paese non ha un sistema in grado di coniugare domanda e offerta di lavoro – sottolinea l’associazione -. Tanto che il 41,1% delle imprese ammette di cercare il personale prevalentemente tramite il cosiddetto passaparola. Una quota quasi doppia rispetto a quella delle imprese che si rivolgono alle agenzie interinali e di ricerca o selezione del personale, che si ferma al 21,5%. Il 16,6% del campione – continua la CNA – si indirizza a scuole o a istituti di formazione, l’11% si affida ai mezzi di comunicazione specializzati e appena il 3,8% ricorre ai centri per l’impiego. A riprova del fatto che il canale pubblico riesce solo per una esigua parte a favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro”.

Varie

Gli italiani dormono male, e poco

Posted by Valentina Beretta on
Gli italiani dormono male, e poco

In Italia i disturbi del sonno sono in crescita, e risultano più frequenti tra gli anziani e le persone con un livello socioeconomico inferiore. Quasi un italiano su tre di notte dorme un numero insufficiente di ore, e uno su sette riporta una qualità scadente del proprio sonno. Si tratta dei risultati principali di uno studio sulla qualità del sonno degli italiani, condotto nei mesi di febbraio e marzo 2019 da BVA Doxa insieme ai ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità, l’Università Bocconi e l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, e pubblicato all’interno della rivista Scientific Reports.

Si dorme in media 7 ore a notte

Stando ai risultati della ricerca la media delle ore di sonno degli italiani è pari a circa 7 per notte, ma il 30% degli intervistati dichiara di dormire un numero insufficiente di ore. La percentuale di italiani che hanno valutato il proprio sonno come insoddisfacente, ovvero giudicato qualitativamente basso o molto basso, è infatti del 14%. Fra questi, le donne sono in numero più alto rispetto agli uomini, mentre per quanto riguarda la quantità di ore di sonno non si evidenzia una differenza di genere nelle risposte. Un dato è comunque certo: all’aumentare dell’età aumenta sia l’insufficienza sia l’insoddisfazione del proprio sonno.

Istruzione, fumo e redditi bassi peggiorano il sonno

È inoltre rilevabile un importante gradiente socioeconomico: un basso livello di istruzione e un basso reddito sono associati a maggiori problemi di sonno. Chi fuma, poi, più frequentemente dorme un numero insufficiente di ore, sia rispetto a chi non ha mai fumato sia rispetto a chi ha smesso di fumare. Le relazioni più interessanti si osservano però “entrando” nelle case delle famiglie italiane. Oltre all’attesa associazione tra matrimonio e sonno, confermata dal fatto che le coppie sposate dormono meglio, lo studio mostra un’inattesa relazione inversa fra chi vive con figli minori di 14 anni e i relativi problemi di sonno.

Matrimonio, figli e animali domestici: quale impatto sul riposo?

Parte della spiegazione di tale fenomeno potrebbe risiedere nell’effetto “adattamento”, che col tempo porterebbe i genitori ad adattarsi alla minore qualità e quantità di sonno, tipicamente associata all’esperienza dei primi mesi di vita del bambino. Altrettanto interessante è notare che nelle case in cui sono presenti animali domestici si dorme peggio. Questo, però, non significa che cani e gatti peggiorino necessariamente il sonno. Piuttosto, questa associazione potrebbe nascondere un rapporto di causalità inversa, secondo cui cani e gatti sono accolti più frequentemente in famiglie dove siano già presenti fattori di rischio per una peggiore qualità e quantità del sonno, come insonnia, ansia e depressione.

Varie

Colloqui a distanza, la soluzione digitale che piace a HR e a candidati

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Colloqui a distanza, la soluzione digitale che piace a HR e a candidati

Il Recruiting virtuale, ovvero la selezione a distanza del personale, composta da tutte le fasi del processo – dalla lettura del CV fino al colloquio – è oggi divenuto un processo collaudato all’interno di moltissime aziende italiane. Un processo che ha dimostrato sul campo la propria efficacia e validità: ad esempio, per quanto riguarda lo smartworking  non tutte le opinioni sono positive, mentre la selezione a distanza ha convinto un gran numero di candidati e “cacciatori di teste”.  Il 60% delle persone intervistate da CleverConnect, realtà specializzata in tecnologia etica per le aziende, a maggio 2020 ha ritenuto che questa esperienza fosse positiva. 

Evoluzioni necessarie

Gran parte delle imprese si è trovata, a causa del lockdown e delle tante restrizioni, a dover ripensare i propri processi interni, dallo smartworking fino, appunto, ai colloqui di selezione per assumere il nuovo personale. E l’impossibilità di condurre colloqui faccia a faccia ha spinto le aziende ad accelerare la digitalizzazione e a scegliere una modalità di incontro da remoto. Una modalità che stata accolta con favore dalla gran parte delle imprese tricolori, e un buon segno per il Paese perché significa che – anche in tempi di Covid – le aziende hanno continuato ad assumere e ad innovarsi. Guardando oltre alla crisi sanitaria, i recruiter si sono davvero resi conto che il video è un approccio adatto a risparmiare molto tempo, a favore anche dei candidati. Per alcune posizioni il video può tranquillamente sostituire del tutto il CV o il classico colloquio telefonico. In questi casi, il risparmio di tempo è veramente senza precedenti.

Come cambia la ricerca di un’occupazione

Anche grazie alla tecnologia, le persone sono al centro del processo di ricerca del lavoro. Oggi l’89% degli italiani a caccia di un’occupazione inizia la ricerca proprio sul web, utilizzando portali dedicati, job board e pagine ‘Lavora con noi”. Tuttavia, dal momento della candidatura, l’iter di selezione è rimasto il medesimo: invio di curriculum, lettere di presentazione, colloquio telefonico e incontro faccia a faccia. D’altra parte, le soluzioni digitali stanno gradualmente smontando questo ordine consolidato per fornire esperienze innovative e più flessibili. Per i responsabili delle Risorse Umane ricorrere a questi strumenti consente di avere più tempo da dedicare ad attività ad alto valore aggiunto, come la costruzione di relazioni e interazioni con i candidati, dall’inizio alla fine del processo. Inoltre, il virtual recreuting aiuta a diversificare il profilo dei candidati, migliorando così l’efficienza e la qualità delle assunzioni: non limitandosi alle informazioni del CV, ma concentrandosi sulle soft skill, alcuni candidati hanno l’occasione di dimostrarsi figure veramente valide. 

Economia

L’arbitrato semplificato compie un anno. In sei mesi +19%

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L’arbitrato semplificato compie un anno. In sei mesi +19%

La procedura di arbitrato semplificato avviata il 1° luglio 2020 in Camera Arbitrale con l’entrata in vigore del nuovo Regolamento Arbitrale, compie un anno, e negli ultimi sei mesi è cresciuta del 19%. Questa procedura ha l’obiettivo di venire incontro alle esigenze delle imprese provate dalla crisi economica innescata dalla pandemia, ed è uno strumento più adattabile al fabbisogno delle Pmi perché dimezza i tempi del procedimento. Il caso con l’arbitrato semplificato si chiude infatti in media in 6 mesi, e il costo si riduce di un terzo rispetto al procedimento arbitrale ordinario. Inoltre, i costi di un arbitrato in Camera Arbitrale di Milano sono certi e prevedibili, poiché stabiliti da un tariffario.

Il vantaggio di dimezzare i tempi e ridurre i costi

Questo tipo di procedura ha il vantaggio appunto di dimezzare i tempi e ridurre i costi rispetto al procedimento arbitrale ordinario. La decisione è affidata all’arbitro unico (anziché a un collegio di tre arbitri), i tempi prevedono 3 mesi per il deposito del lodo anziché i 6 ordinari, e il numero di memorie è ridotto e si svolge, al più, in un’unica udienza. In media in 6 mesi si arriva all’esito del procedimento e i costi per gli onorari della Camera Arbitrale e dell’arbitro unico si riducono in media del 30%.  La procedura si applica ai procedimenti instaurati dopo il 1° luglio se il valore della domanda di arbitrato non sia superiore a 250.000 euro.

In un anno il 32% delle domande è stato amministrato con la procedura semplificata

In un anno, su un totale di 109 nuove domande di arbitrato depositate in Camera Arbitrale di Milano, il 32% è stato amministrato con la procedura semplificata.
Nei primi 6 mesi di avvio l’arbitrato semplificato ha coperto il 29% del totale delle procedure, mentre nei 6 mesi successivi la quota della procedura del semplificato è stata del 36%, rispetto al totale delle procedure. Il ricorso a questo nuovo strumento è quindi cresciuto del 19%, nel confronto tra i primi 6 mesi di avvio e i successivi sei mesi di consolidamento della procedura.

Le controversie più amministrate: mancato pagamento di fatture, liti societarie 

La maggior parte delle controversie amministrate con la procedura dell’arbitrato semplificato ha avuto per oggetto il mancato pagamento di fatture, liti societarie, l’affitto del ramo d’azienda. Seguono consulenza, violazione del patto di non concorrenza, fornitura, leasing, vendita, e franchising. Le parti che nel 2020 hanno fatto ricorso all’arbitrato sono persone giuridiche nel 68% dei casi, mentre per il 55% sono società di capitali. Tra le persone fisiche (32%) si registra un incremento del numero dei professionisti (10%), e tra le materie del contendere primeggiano l’ambito societario (48%), il settore appalti (9%) e quello dell’affitto, la vendita e cessione del ramo d’azienda (7,5%).

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Ripartenza, il mood degli italiani riflette gli interessi sul Web

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Ripartenza, il mood degli italiani riflette gli interessi sul Web

L’umore degli italiani è in miglioramento, lo dimostra la ritrovata voglia di pianificare viaggi e attività, testimoniata dall’interesse verso i siti che trattano di viaggi, sport e le attività all’aria aperta, une segnale di quanto il desiderio di evasione dai momenti difficili rifletta il mood degli italiani. Al contrario, cala l’interesse sui temi legati all’elettronica, le news e la politica, e la cucina. Questo l’umore fotografato nel periodo febbraio-maggio tra i naviganti in Rete dal Report trimestrale dell’Osservatorio SevenData-ShinyStatTM.

Cala l’interesse sui temi legati all’elettronica

Se l’interesse sui temi legati all’elettronica, come Computers & Electronics (-13% vs -2,8%), Gaming (- 14% vs +14,7%), Consumer electronics (-18% vs -13,4%), Hardware (-3% vs +13,5%) e software (-4% vs +10,3%) risulta a maggio risulta in calo, rimane invece alta l’attenzione alla sicurezza informatica (+7% vs +0,1%). Sul versante degli affetti e dei legami, si attenua il trend di crescita dell’interesse versi i siti a tema divorzio, pur in un contesto di grande interesse sull’argomento (+30% vs +70,4%), mentre cresce, dopo i cali riscontrati nel trimestre precedente l’interesse verso la famiglia (+18% vs -11,8%), il matrimonio (+11% vs -6,6%) e la maternità (+1% vs -10,1%).

Scendono le news e la politica, salgono i magazine e il biotech

Per quanto riguarda i media, l’interesse verso le news fa segnare un calo (-3% vs +7,5%), soprattutto di quelle locali (-11% vs +9%), mentre sale il format dei magazine (+28% vs -23,3%), i quotidiani generalisti (+29% vs -25,7%), le riviste specializzate (+5% vs -15,2%) e le business news (+23% vs +1,1%). In discesa le news in tv (-38% vs +3,8%), probabilmente per l’aumento della mobilità, alla fine delle zone rosse. Un altro interesse in salita è il biotech (+6% vs -21,8%), probabilmente in connessione con la campagna vaccinale, mentre il pharmacy rallenta (-11% vs -0,8%) pur rimanendo alta l’attenzione all’igiene (+25% vs +27,5%). In discesa l’interesse per la politica (-21% vs -2,5%). Diversamente, la satira politica fa registrare un trend lievemente in miglioramento, seppur sempre in terreno negativo, rispetto al trimestre precedente (-25% vs -33,7%).

Cosa si guarda in tv? Più fiction meno cucina

Quanto ai generi televisivi, riprendono timidamente interesse la fiction (-6% vs -14,3%) e le sitcom (+1% vs -3,5%), mentre cambiano passo i talk show (+78% vs -34,2%) e i reality (+41% vs +26,2%). Finite le scuole, i convegni universitari in questi mesi poi si allontanano dagli interessi degli italiani (- 22% vs +63,5%), mentre sale la voglia di libri (-0,3% vs -8,5%). In miglioramento, seppur sempre con trend negativo, l’interesse verso il gioco d’azzardo (-18% vs – 83,7%), il gambling (-8% vs -38,3%) e le lotterie e Jackpot (-4% vs -42,8%). La passione per la cucina, infine, risulta in fase di calo (-18% vs 17,1%) così come l’interesse verso i corsi di cucina (-24% vs -1,8%), probabilmente perché, finito il lock-down, si vuole evadere andando al ristorante.

Economia

Gli eventi? Anche nei prossimi mesi continueranno quelli digitali

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Gli eventi? Anche nei prossimi mesi continueranno quelli digitali

Dopo tutte le restrizioni imposte dall’emergenza sanitaria, finalmente è avvenuto il tanto atteso ritorno alla normalità. Però quanto sperimentato e acquisito nei mesi passati, a livello personale e professionale, non potrà lasciare non lasciare traccia nelle nostre vite, sia a livello personale sia professionale. Un esempio eclatante è quello riferito al comparto degli eventi: ad esempio, anche se mostre, convegni e conferenze potranno presto tornare all’abituale svolgimento in presenza, anche per la fine del 2021 e tutto il 2022 la stragrande maggioranza delle aziende continuerà a pianificare attività virtuali o ibride, così da avere il massimo raggio di manovra. 

Gli incontri a distanza sono apprezzati dalle aziende

Questo trend emerge da un’indagine interna di Emeraude Escape, società francese specializzata nella progettazione di soluzioni di gamification su misura per il business. La ricerca mostra che l’ascesa delle attività digitali interattive in ambito B2B non si fermerà nemmeno nell’era post-Covid 19, anzi, il format continuerà ad essere scelto anche in futuro. Tra le ragioni di questo fenomeno, spicca il fatto che a detta delle aziende i meeting e gli incontri virtuali hanno spesso ottenuto un successo molto superiore alle aspettative. Anche uno studio recentemente svolto da LinkedIn in Francia rivela che il 69% degli organizzatori di eventi B2B dichiara che continuerà a proporre seminari e convegni digitali o ibridi per i prossimi 12 mesi. 

Vincono la flessibilità e la possibilità di superare eventuali limitazioni

Ancora, le nuove opportunità offerte dal digitale al settore degli incontri consentono di bypassare le limitazioni che comunque ci saranno anche nei prossimi mesi, come ad esempio il numero massimo di persone, la necessità di dispositivi di protezione individuale, di frequenti disinfezioni e di altre incombenze. “La quasi totalità delle richieste che stiamo ricevendo per questo e per il prossimo anno è relativa a congressi di tipo virtuale oppure in parte digitale e in parte in presenza”, ha detto Virgile Loisance, CEO di Emeraude Escape, che ha proseguito: “Numerose grandi aziende stanno pensando di consentire ai propri dipendenti di lavorare da casa per alcuni giorni alla settimana anche dopo la fine dell’emergenza sanitaria. Si tratta, infatti, di una modalità flessibile e che offre diversi vantaggi ad ambo le parti, oltre a garantire una maggior sicurezza. La possibilità di proporre eventi virtuali o ibridi particolarmente immersivi e coinvolgenti non fa che rendere un’organizzazione di tipo ibrido ancora più interessante e facilmente attuabile anche sul lungo periodo”. 

Varie

Con la pandemia 1,2 milioni di fumatori in più. A maggio 2021 sono il 26,2%

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Con la pandemia 1,2 milioni di fumatori in più. A maggio 2021 sono il 26,2%

Dopo la riduzione registrata ad aprile 2020 a maggio 2021 i fumatori sono cresciuti di 1,2 milioni. “Nelle condizioni di restrizioni delle libertà e di stress conseguenti alla pandemia, aumentano di oltre un milione sia i fumatori sia le fumatrici – sottolinea Silvio Garattini, presidente onorario dell’Istituto Mario Negri -. A maggio 2021 la prevalenza di fumatori in Italia è del 26,2% (11,3 milioni) di cui il 25,7% sono maschi (5,5 milioni) e il 26,7% sono femmine (5,8 milioni)”. Secondo uno studio longitudinale dell’Iss svolto in collaborazione con l’Istituto Farmacologico Mario Negri, ad aprile 2020 i fumatori erano il 21,9%, una percentuale minore rispetto a gennaio 2020 (23,3%), ovvero pre lockdown, ma a novembre 2020 c’è stato un incremento significativo, che ha portato al 24% la quota dei fumatori.

Il ruolo chiave delle sigarette elettroniche 

Sempre secondo lo studio, percentuali del tutto sovrapponibili si registrano anche tra gli utilizzatori di sigarette elettroniche. “Un ruolo chiave nell’aumento dei fumatori – spiega Roberta Pacifici, direttore del Centro nazionale dipendenze e doping dell’Iss – lo hanno avuto i nuovi prodotti del tabacco (sigarette a tabacco riscaldato, Htp) e le e-cig: il loro uso in Italia contribuisce alla iniziazione e alla ricaduta del consumo di sigarette tradizionali e ne ostacola la cessazione, alimentando l’epidemia tabagica”. 

Aumenta la percentuale di utilizzatori di tabacco Htp: a maggio è al 7%

La percentuale di utilizzatori di e-cig pre lockdown era dell’8,1%, ed è salita al 9,1% ad aprile 2020, rimasta tale sia a novembre 2020 sia a maggio 2021. A maggio 2021 il 7% della popolazione usa regolarmente o occasionalmente la sigaretta a tabacco riscaldato (Htp), ma la percentuale di utilizzatori di Htp è significativamente aumentata durante la pandemia: il consumo è passato dal 4,1 % di gennaio 2020 al 4,4 % di aprile 2020 fino al 7% di novembre 2020, per rimanere stabile al 7% a maggio 2021.

Si fumano mediamente 10,8 sigarette al giorno

Il numero di sigarette fumate al giorno nella rilevazione di maggio 2021 è tornato a essere come in situazione di pre lockdown, mediamente di 10,8 sigarette al giorno (11,4 maschi, 10,1 femmine). Lo studio rileva poi come il consumo occasionale o abituale di tabacco tradizionale o di sigaretta elettronica sia più frequentemente associato a comportamenti non salutari. Il ‘binge drinking’, il consumo di cannabis o di nuove sostanze psicoattive, è infatti una pratica attuata più frequentemente dai fumatori di sigarette tradizionali o utilizzatori di sigarette elettroniche. Così, se l’1,0% dei non fumatori dichiara di bere fino a perdere il controllo tre o più volte nel corso del mese antecedente l’intervista, riferisce Agi, la percentuale sale a circa il 7,0% tra i fumatori occasionali o abituali di sigarette tradizionali, e a circa il 9,0% tra i consumatori di sigarette elettroniche.

Economia

La pandemia fa emergere lo spirito imprenditoriale, anche tra le donne e i giovani

Posted by Valentina Beretta on
La pandemia fa emergere lo spirito imprenditoriale, anche tra le donne e i giovani

Dal sondaggio condotto da Ipsos in collaborazione con SDA Bocconi School of Management, dal titolo Entrepreneurialism. In the Time of the Pandemic, effettuato in 28 Paesi tra oltre 20.000 intervistati, emerge che oltre un terzo degli adulti in tutto il mondo dichiara di possedere uno spirito imprenditoriale molto alto.
Nonostante le persistenti barriere sociali e strutturali che hanno caratterizzato il 2020 si è avuta una crescita dello spirito imprenditoriale, anche tra le categorie che risultano meno tutelate, come le donne e i giovani. 
Secondo il sondaggio si tratta di un’evidenza indicativa delle capacità di reazione di molti cittadini alle avversità causate dalla pandemia. E che rappresenta una speranza per l’immediato futuro.

Più imprenditori tra le fasce di popolazione meno tutelate

Nonostante l’attitudine all’imprenditorialità sia più alta tra i Millennial, la Gen X, coloro con un’istruzione superiore e un reddito più alto, a livello internazionale, negli ultimi due anni questa è cresciuta maggiormente tra le fasce di popolazione meno tutelate dal punto di vista economico e sociale, come le donne (+4% sul 2018), la Gen Z (+3%), coloro che hanno un basso livello d’istruzione (+7%) e coloro che hanno un basso reddito (+9%). Allo stesso tempo, però, non a tutti sono concesse le medesime condizioni di partenza. Le più svantaggiate sono le donne, i cittadini appartenenti a gruppi LGBTQ e le persone con disabilità.

Mancanza di finanziamenti, la principale barriera all’avvio di un’attività

Gli ostacoli alla libera attività imprenditoriale non sono però solo di natura sociale, ma anche strutturale ed economica. E la mancanza di finanziamenti rappresenta la principale barriera all’avvio di un’attività imprenditoriale per il 41% degli intervistati. Inoltre, i governi, così come il settore finanziario e bancario, sono percepiti come interlocutori poco attivi nel sostenere i cittadini e le loro aspirazioni da imprenditori. In ogni caso, dal report emerge come esperienza imprenditoriale e spirito imprenditoriale siano fortemente correlati. Coloro che hanno già avuto esperienze di business sono più portati al rischio e alla libera iniziativa. 

Il 21% degli italiani vuole avviare una nuova attività nei prossimi due anni

Il sondaggio fa emergere poi le variazioni dello spirito imprenditoriale da Paese a Paese. La Colombia, ad esempio, si posiziona al primo posto, seguita da Sud Africa, Perù, Arabia Saudita e Messico.
Belgio, Gran Bretagna, Francia, Paesi Bassi, Corea del Sud e Giappone si collocano invece agli ultimi posti.
E l’Italia? Il nostro Paese si trova in 13a posizione, ed è prima tra i Paesi europei con una percentuale del 29%, in aumento del 5% rispetto al 2018. Inoltre, in Italia coloro che affermano di aver iniziato un nuovo business sono stati il 4% in più rispetto al 2018, e il 21% afferma di voler avviare una nuova attività nei prossimi due anni.

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Tre italiani su 4 pensano a un figlio entro i prossimi 5 anni

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Tre italiani su 4 pensano a un figlio entro i prossimi 5 anni

Secondo i dati Istat, in Italia i nuovi nati nel 2020 sono stati 404.104, in calo del 3,8% rispetto al 2019. In pratica l’anno passato la natalità nel nostro Paese ha toccato il minimo storico dai tempi dell’Unità d’Italia. Per questo motivo, nell’Osservatorio delle Famiglie Contemporanee, BVA Doxa ha indagato per conto di Prénatal Retail Group la propensione alla genitorialità degli italiani. Che attesta, tra il 74% degli attuali “non genitori”, il progetto di avere figli nel prossimo futuro, di cui il 45% nei prossimi 2 anni. Ad affermarlo sono in prevalenza gli intervistati tra i 30 e i 40 anni e attualmente occupati. Una propensione maggiore tra le donne (51%) e i residenti nel Centro Italia (51%).

I sogni di chi è propenso ad avere figli

Il 46% ne vorrebbe 2, e il 26% vorrebbe crescere i propri figli in una città medio-piccola, mentre il sogno del 38%, di cui il 52% residente nel Sud e Isole, è di vivere al mare. Per il 32% degli intervistati il budget da allocare nei primi tre anni di vita del bambino sia tra i 3.000 e i 6.000 euro all’anno. Pannolini e body care rappresentano la voce di spesa più significativa (36%), seguono cibo e spesa alimentare (32%), mentre crescita e intrattenimento (corsi, ludoteche, giocattoli) pesano per l’1%.

Le aspirazioni personali

Tra i motivi per cui il 74% degli intervistati dice di volere un figlio ci sono il desiderio di costruire una famiglia (27%) e il desiderio di maternità/paternità (20%). Le ragioni che invece farebbero propendere il 26% a non volere figli sono l’instabilità economica e lavorativa (18%) e il non avere un partner stabile (14%). Per il 52% degli intervistati i figli rappresentano un arricchimento, la gioia più grande, e il 37% ritiene che avere figli sia importante per il futuro del Paese. Per contro, il 30% sostiene che la mancanza di aiuti concreti alle famiglie sia un deterrente.

Impatto Covid e lavoro flessibile

Per il 54% degli intervistati l’attuale situazione di pandemia rappresenta un disincentivo a fare figli, soprattutto i residenti nel Nord Ovest (66%), e le donne (59%), particolarmente colpite anche a livello occupazionale. L’incertezza generale (66%) e quella socioeconomica (64%) guidano i timori degli intervistati, per i quali la paura della situazione sanitaria (52%) è superiore a quella di perdere il lavoro (42%). Il 38% ribadisce che la mancanza di aiuti sui quali fare affidamento rimane un elemento discriminante. Ma l’impiego strutturale e codificato del lavoro flessibile all’interno delle aziende potrebbe influire sulla propensione a fare figli (84%), anche se il 44% ritiene che saranno poche le aziende ad impegnarsi attivamente. Inoltre, i figli rappresentano un ostacolo per la carriera lavorativa per l’84%, delle donne, per le quali un bambino influisce “molto e abbastanza” nel percorso professionale, contro il 28% degli uomini.

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Gli italiani e l’ordine in casa

Posted by Valentina Beretta on
Gli italiani e l’ordine in casa

Come gestiscono l’ordine in casa gli italiani? Dal minimalista seriale all’accumulatore previdente, dallo Zen del riordino al collezionista nostalgico, una ricerca commissionata da eBay ha restituito 4 profili di un’Italia che idealmente ama l’ordine e il decluttering, ma che di alcuni oggetti proprio non riesce a liberarsi. Il 71% degli intervistati pensa infatti che le case in ordine e minimal trasmettano benessere, ma se i giovanissimi della GenZ più di altri sanno cosa significa decluttering (35%), meno concordi sul buttare ciò che non serve sono i Baby Boomers (38%), mentre ad avere intenzione di liberarsi delle cose superflue sono soprattutto le donne (79%).

I Millennials sono i più ordinati

Dando uno sguardo alle case italiane risulta che il 70% è ordinata e il 52% ha poche cose in giro. Meno oggetti ci sono in una casa, meglio è per il 59%, e nei momenti di crisi o di stress, liberarsi di alcune cose fa stare bene (58%). A preferire spazi ordinati con poche cose sui ripiani sono soprattutto i Millennials (41%). In fondo, però, siamo anche un popolo di “formichine” che tende a conservare per motivi sentimentali (62%), soprattutto le donne (70%), oppure per motivi di utilità (56%).

Minimalista seriale e Zen del riordino

Il minimalista seriale (10%) di fronte a un armadio traboccante di vestiti reagisce liberandosi di tutto ciò che non serve. Crede fermamente che nei momenti di crisi liberarsi di alcune cose faccia bene (71%) e pensa che sia meglio eliminare qualcosa di vecchio per far posto al nuovo (84%). La sua scelta di cosa tenere si basa sull’utilità, se serve oppure no (73%). Lo Zen del riordino (25%) prova spesso l’impulso di liberare la propria casa da ciò che è diventato inutile, soprattutto quando sente di aver bisogno di sentirsi meglio (53%). Il suo motto di vita è “Fare ordine in casa significa fare ordine nella propria vita”, e dà agli oggetti di cui si vuole liberare una nuova vita, vendendoli (59%) o convertendoli in altro. Per lui questa primavera è una nuova occasione per fare decluttering (81%).

Collezionista nostalgico e Accumulatore previdente

Il Collezionista nostalgico (20%) è il tipo di persona che conserva tutto ciò che gli fa battere il cuore e gli rievoca ricordi. Anche al Collezionista nostalgico capita d’avere necessità di liberare casa, ma quando lo fa gli costa fatica, perché è affezionato ai suoi oggetti (35%). Scegliere cosa buttare e cosa tenere gli mette ansia (53%) e pensa che liberarsi delle cose equivalga a essere insensibili (47%). Di solito fa ordine senza buttare niente (22%), spesso spostando in altri punti della casa, ed è soprattutto lui a possedere una “scatola dei ricordi” (34%). L’Accumulatore previdente (45%) tende invece a tenere in casa tanti oggetti senza riuscire a disfarsene perché potrebbero servirgli in futuro (90%).