Valentina Beretta


Economia

Inflazione e consumi: gli effetti sul Retail del Largo Consumo

Posted by Valentina Beretta on
Inflazione e consumi: gli effetti sul Retail del Largo Consumo

I consumatori di tutta Europa stanno subendo gli effetti dell’inflazione sull’aumento del costo della vita. Un’analisi realizzata da GfK su 15 Paesi europei mostra come il 93% dei consumatori abbia già modificato le proprie abitudini di acquisto per risparmiare. Più della metà degli intervistati afferma che non si tratta di una decisione volontaria, ma che il cambiamento delle abitudini di acquisto è legato all’andamento dei prezzi. A livello europeo, il 60% dei consumatori dichiara di prestare maggiore attenzione al prezzo rispetto al passato, e il 54% cerca o aspetta promozioni speciali per finalizzare i propri acquisti.

Come affrontano il carovita gli italiani?

Tra le misure messe in campo dagli italiani per ridurre i costi, al primo posto c’è la scelta di mangiare più spesso a casa al posto di andare al ristorante. Quasi il 60% degli italiani dichiara infatti di farlo più spesso che in passato.  Tra le altre iniziative più citate rientrano quelle connesse al tema del risparmio energetico, ad esempio, la scelta di utilizzare maggiormente gli elettrodomestici in modalità ‘ecologica’, o addirittura utilizzarli meno di frequente per ridurre il consumo di energia. Inoltre, il 45% degli italiani dichiara di fare più spesso acquisti in diversi negozi per trovare i prezzi migliori, mentre il 37% ha incrementato l’acquisto di prodotti ‘private label’ rispetto al passato.

Alcolici, dolciumi e cosmetici le categorie più impattate

Le prime tre categorie di prodotto per le quali i consumatori europei dichiarano di voler modificare i propri comportamenti di acquisto sono bevande alcoliche (50%), dolciumi (48%) e cosmetici (42%).
Ma l’effetto del cambiamento delle abitudini dei consumatori si riflette anche sulle tipologie di negozio.
In questa fase, infatti, fattori razionali come la disponibilità di promozioni interessanti, o di prodotti private label a basso costo, condizionano maggiormente i consumatori nella scelta del negozio rispetto a fattori emotivi (cordialità del personale o rapidità del servizio). E a livello europeo, i Discount registrano un incremento del +15% tra chi intende aumentarvi gli acquisti nei prossimi sei mesi.

Come far fronte alla crisi?

L’attuale crisi economica quindi non solo influisce sul sentiment, ma comporta compromessi e strategie di risparmio messe in campo dai consumatori. Per Retailer e Produttori è più importante che mai rimanere al passo con queste tendenze.
“Comprendere le nuove esigenze dei consumatori è fondamentale per elaborare le giuste offerte sui giusti canali – commenta Marco Pellizzoni, Commercial Director Consumer Panel & Services di GfK Italia -. Nel contesto attuale i prodotti innovativi, in grado di soddisfare i bisogni razionali e che offrono allo tempo stesso vantaggi emotivi o sociali per i consumatori, hanno buone possibilità di successo. Ad esempio, Retailer e Produttori possono aiutare i consumatori a non sprecare il cibo, offrendo porzioni più piccole o sconti in prossimità della data di scadenza”.

Varie

In Italia solo il 7% delle aziende sa difendersi dalle minacce informatiche

Posted by Valentina Beretta on
In Italia solo il 7% delle aziende sa difendersi dalle minacce informatiche

Secondo il Cybersecurity Readiness Index 2023 soltanto il 7% delle aziende italiane, contro più del doppio a livello globale, ritiene di essere in grado di difendersi da un attacco informatico.
L’indagine è stata condotta su un campione di 6.700 professionisti provenienti da 27 paesi, fra cui l’Italia, che operano nell’ambito della cybersecurity. Per realizzare il Cisco Cybersecurity Readiness Index sono stati presi come criteri di misurazione 5 pillar, che costituiscono la principale linea di difesa di un’azienda, Identità, Dispositivi, Sicurezza della rete, Carichi di lavoro applicativi, e Dati.

I cinque pilastri fondamentali della cybersecurity

Per quanto riguarda l’Identità, è necessario fare progressi in questo ambito, poiché solo il 13% delle aziende è classificato come ‘Maturo’. Quanto ai Dispositivi, la percentuale più alta di aziende in fase Matura è del 20%. Anche per la Sicurezza della rete le aziende sono in ritardo, con il 72% degli intervistati che si trova nella fase Iniziale o Formativa. Ma è quella dei Carichi di lavoro applicativi l’area in cui le aziende risultano meno preparate, con l’80% delle stesse in fase Iniziale o Formativa, mentre per i Dati il numero di aziende in fase Matura è pari al 14%.

I quattro gradi di preparazione 

Agli intervistati è stato chiesto di indicare quali sono le soluzioni finora adottate e qual è il loro attuale status. Al termine dell’indagine le aziende sono state classificate nei quattro gradi di preparazione: Principiante, Formativo, Progressivo, Maturo. In Italia solo il 7% delle aziende è nella fase Matura, l’8% si trova ancora in quella Principiante e il 61% in quella Formativa. Le aziende italiane mostrano quindi una preparazione in materia di cybersecurity molto inferiore alla media globale. A livello globale le aziende in uno stadio Maturo sono infatti il 15%. Nei prossimi 12-24 mesi, inoltre, il 75% degli intervistati si aspetta un’interruzione della propria attività a causa di un attacco informatico, mentre il 31% dichiara di averne subito uno nel corso dell’ultimo anno.

Essere impreparati può costare caro

Il 25% delle aziende colpite ha dovuto spendere almeno 500.000 dollari per riprendere il controllo della propria attività, riporta Adnkronos. Per questo l’87% degli intervistati prevede di aumentare il proprio budget per la sicurezza di almeno il 10% nei prossimi 12 mesi.
“L’errore più grande da parte delle aziende è quello di difendersi dagli attacchi informatici utilizzando un mix di strumenti – ha dichiarato Jeetu Patel, executive vice president and general manager of security and collaboration at Cisco -. Occorre invece considerare piattaforme integrate, grazie alle quali le aziende possono raggiungere un grado di resilienza sufficiente colmando allo stesso tempo il loro gap di preparazione nei confronti della cybersecurity”.

Acquisti

e-commerce: gli italiani comprano online almeno una volta al mese

Posted by Valentina Beretta on
e-commerce: gli italiani comprano online almeno una volta al mese

Anche nel post Covid il 61% dei consumatori italiani continua a effettuare un acquisto online almeno una volta al mese, e il 24% una volta alla settimana. Purtroppo, però, il 2022 verrà ricordato anche come l’anno del prepotente ritorno dell’inflazione, nonché di una situazione geopolitica internazionale incerta e un conseguente ridotto potere d’acquisto da parte dei consumatori. Non sorprende, quindi, che rispetto al 2021 la quota dei cosiddetti acquirenti intensivi, ovvero quelli che fanno acquisti online almeno una volta alla settimana, sia calata di oltre due punti percentuali.
È quanto emerge dal Report annuale sull’e-commerce italiano pubblicato da idealo, il portale internazionale di comparazione prezzi.

Cosa comprano online i consumatori?

Negli ultimi tre mesi, il 43% degli utenti online ha acquistato un prodotto di elettronica, uno del settore moda & abbigliamento (41%) e uno relativo al comparto delle scarpe (33%).  Oltre il podio, registrano ottimi risultati anche il settore bellezza & profumi (32%), giocattoli & gaming (26%), medicine e prodotti per la salute (25%) e food & beverage (21%). Completano la top ten, il settore pet (20%), sport & outdoor (16%) e arredamento & giardino (15%). Confrontando i dati 2021 con il 2022 si evidenzia come ogni settore abbia fatto registrare una crescita di interesse, a partire da giocattoli & gaming (+78%), bambini & neonati (+59%) prodotti per animali (+52%), elettronica (+35%) e arredamento & giardino (+33%).

L’identikit dell’acquirente digitale

Nell’ultimo mese circa l’80% delle donne ha effettuato un acquisto tramite e-commerce, a fronte del 78% degli uomini. I settori online di maggiore interesse per il mondo maschile sono quello dell’elettronica (53%), scarpe & sneakers (32%) e moda & accessori (32%). Per l’universo femminile, moda & accessori (52%), prodotti per bellezza & profumi (46%) e scarpe & sneakers (34%).
La fascia di età più attiva è quella tra 35-44 anni, di cui oltre l’86% ha fatto almeno un acquisto online nell’ultimo mese. Seguono 44-55enni (85%), 25-34enni (76%), over 55 (75%) e i giovanissimi tra 16-24 anni (65%). L’elettronica di consumo è la categoria con più acquisti online per le persone dai 25 anni in su, mentre gli under 24 danno più importanza a moda e accessori.

Confronto prezzi: il miglior alleato per il risparmio

Analizzando le oltre 2000 categorie di prodotto presenti sul portale italiano di idealo, riporta Ansa, emerge che negli ultimi tre anni circa 1.200 categorie hanno registrato un costo medio più alto. Grazie all’andamento del prezzo di ogni prodotto idealo ha stimato le fluttuazioni per le categorie con il maggior numero di intenzioni di acquisto. In particolare, chi ha acquistato schede video nel 2022 ha ottenuto un risparmio medio superiore al 30% nell’arco di un anno, mentre chi ha comprato televisori e console di gioco ha sperimentato risparmi medi superiori al 20%. Per fotocamere digitali, tablet, notebook, smartphone e lavatrici i ribassi sono stati superiori al 15%, e per giacche, frigoriferi, profumi, stampanti e aspirapolvere superiori al 10%.

Varie

Quali sono i Paesi più felici del mondo secondo il World Happiness Report 2023?

Posted by Valentina Beretta on
Quali sono i Paesi più felici del mondo secondo il World Happiness Report 2023?

Da oltre 10 anni l’Onu realizza il World Happiness Report, che traduce in numeri e grafici il livello di soddisfazione di 137 Paesi del Mondo. E il Rapporto di quest’anno, con al centro gli effetti della pandemia, conferma i Paesi scandinavi come i più felici del mondo. Diversi i motivi: supporto sociale, reddito, libertà e assenza di corruzione. Insomma, sono Paesi che riescono a mantenere alti livelli di benessere soggettivo, e che non hanno perso questa capacità nemmeno durante la pandemia.
Di fatto, i primi dieci Paesi più felici del mondo sono Finlandia, Danimarca, Svizzera, Islanda, Paesi Bassi, Norvegia, Svezia, Nuova Zelanda, Austria e Canada. E l’Italia?

L’Italia è al 33° posto

Il nostro Paese non si colloca benissimo nella classifica dei Paesi più felici al mondo. Siamo infatti al 33° posto su 137, un risultato decisamente non esaltante. Inoltre, abbiamo perso due posizioni dal 2020, e con un ‘punteggio felicità’ pari a 6,4, non molto sopra la sufficienza, l’Italia si inserisce dopo la Spagna e prima del Kosovo, superata anche da Germania (16° con un punteggio felicità di 6,89), Gran Bretagna (19° con un punteggio felicità di 6,79) e Francia (21°, con un punteggio felicità di 6,66). Sopra di noi anche Costa Rica (23°, con un punteggio felicità di 6,6) e Romania (24°, con un punteggio felicità di 6,58).

Etica dei cittadini e affidabilità delle istituzioni

In generale, i Paesi con livelli più alti di fiducia nelle istituzioni e negli altri cittadini, di sostegno istituzionale e sociale, di qualità della governance e dei servizi pubblici, di libertà individuale, di rispetto dei diritti umani e di qualità ambientale sono più felici, e hanno resistito meglio alla crisi pandemica. A contare, insomma, è l’etica di un Paese, ma contano anche le istituzioni, ovvero se sono affidabili e offrono servizi adeguati ai cittadini. Inoltre, contano anche reddito e salute, ma una società in cui cittadini sono più virtuosi è anche più felice, perché il benessere di ognuno è legato a quello degli altri.

Uno stato esistenziale che non prescinde dal benessere collettivo

La pandemia ha portato dolore e sofferenza, ma anche un aumento del sostegno sociale, sottolineando la capacità degli esseri umani di aiutarsi e sostenersi nei momenti di grave difficoltà.
L’esperienza col Covid è servita a molti per riflettere sull’importanza delle cose semplici, spesso date per scontate, e ha portato a una maggiore gratitudine. In questo contesto, la salute mentale sta assumendo sempre maggiore rilevanza, affiancandosi ad altri fattori come rilevante per la soddisfazione di vita. Insomma, il World Happiness Report 2023 evidenzia l’importanza di coltivare relazioni positive con gli altri e con il pianeta. La felicità quindi è uno stato esistenziale che passa per l’individuo, ma che non può prescindere dal benessere collettivo e dalla condivisione.

Economia

Agricoltura 4.0: un mercato da oltre 2 miliardi di euro, +31% 

Posted by Valentina Beretta on
Agricoltura 4.0: un mercato da oltre 2 miliardi di euro, +31% 

La Smart Agrifood consente la riduzione dell’impiego di acqua, concimi, foraggi, nonché dei costi di produzione. Tra i fabbisogni maggiormente soddisfatti dalle soluzioni di Agricoltura 4.0 spiccano infatti quelli legati all’efficienza, poiché riducono l’impiego dei principali input produttivi. Nel 2022 in Italia il mercato dell’Agricoltura 4.0 ha raggiunto 2,1 miliardi di euro, crescendo del +31% rispetto al 2021. Il 65% del valore del mercato è composto da macchinari connessi e sistemi di monitoraggio/controllo di mezzi/attrezzature. In crescita (+15%) anche i sistemi di monitoraggio da remoto di coltivazioni, terreni e infrastrutture. E tracciabilità alimentare, produzione, logistica e controllo della qualità sono le aree dove le aziende stanno innovando maggiormente.

Aumenta la superficie coltivata con soluzioni smart

Secondo i risultati emersi dalla ricerca dell’Osservatorio Smart Agrifood della School of Management del Politecnico di Milano e del Laboratorio RISE (Research & Innovation for Smart Enterprises) dell’Università degli Studi di Brescia, nel 2022 è cresciuta anche la superficie coltivata con soluzioni 4.0, passata dal 6% del 2021 all’8% nel 2022. Una quota, tuttavia, ancora limitata, che evidenzia un ampio margine di evoluzione per il mercato. Nel 2022 l’82% delle aziende della trasformazione ha utilizzato o sperimentato almeno una soluzione digitale, e quasi la metà ne ha implementate quattro o più in contemporanea (+30% rispetto al 2020).

Tecnologie abilitanti e tracciabilità alimentare

Oltre ai software gestionali aziendali, tra le soluzioni più utilizzate quelle basate su tecnologia cloud computing (58%), QR Code (56%), abilitate da tecnologia mobile (45%), ERP e MES (37%) e advanced automation, come robot e cobot (34%). La tendenza all’innovazione è confermata anche guardando all’offerta tecnologica: in Italia, il 75% delle soluzioni digitali per la tracciabilità alimentare è abilitato da tecnologie innovative e il 17% di queste è proposto da startup, che in questo ambito offrono principalmente soluzioni basate su tecnologia Blockchain. I sistemi di tracciabilità alimentare consentono di valorizzare le caratteristiche del prodotto nei confronti del consumatore finale, soprattutto attraverso l’utilizzo di QR Code, e rendere più agevoli i rapporti e i processi di verifica e controllo con gli enti pubblici.

Interoperabilità e interazione dei dati

“Tra le tecnologie abilitanti in ambito agricolo prevalgono quelle atte a raccogliere, memorizzare, analizzare dati, con soluzioni tecnologiche trasversali ai diversi comparti e processi – commenta Chiara Corbo, Direttrice dell’Osservatorio Smart AgriFood -. In questo contesto, l’interoperabilità delle soluzioni diventa sempre più rilevante e prioritaria. È fondamentale consentire l’integrazione di dati raccolti dai diversi sistemi, interni o esterni, e infatti da qualche anno cresce il numero di iniziative e progetti di collaborazione che vanno in questa direzione. Da non dimenticare che la condivisione dei dati si rivela sempre più importante per garantire visibilità su tutta la filiera, per una crescente tracciabilità e sostenibilità delle produzioni agroalimentari”.

Varie

In Italia si mangia bene, ma si fa poco sport

Posted by Valentina Beretta on
In Italia si mangia bene, ma si fa poco sport

Il 4 marzo di ogni anno ricorre la Giornata Mondiale dell’Obesità, istituita nel 2015 dalla Federazione Internazionale per l’Obesità (IFO) con l’obiettivo di invertire la crisi globale dell’obesità. La giornata ha lo scopo di sensibilizzare opinione pubblica e istituzioni sul tema dell’obesità e sui suoi pericolosi effetti sulla salute, di incoraggiarne la prevenzione nonché lottare contro discriminazioni, pregiudizi e l’uso di un linguaggio stereotipato e stigmatizzante nei confronti delle persone che vivono con l’obesità. Il nuovo sondaggio Ipsos ha indagato le principali abitudini alimentari e non dell’opinione pubblica italiana. L’indagine, nonostante rilevi un’alimentazione sommariamente corretta da tutte le fasce di età, mostra una situazione peggiore in tema di attività fisica: 2 persone su 5 dichiarano infatti di fare attività fisica raramente durante la settimana.

Sane abitudini e attenzione a una corretta alimentazione

Per due italiani su cinque il pasto rappresenta un momento di convivialità e condivisione, e il 20% lo descrive come un momento gioioso e felice della giornata. Sul lato alimentazione, gli italiani e le italiane adottano uno stile piuttosto equilibrato. Durante la settimana, a malapena una persona su dieci consuma junk-food /cibo preconfezionato, mentre più frequente risulta il consumo di frutta e verdura. Una persona su due dichiara di mangiare verdura/ortaggi almeno una volta al giorno, e un terzo almeno qualche volta a settimana. I Millenials risultano ‘meno’ inclini al suo alto consumo (solo il 34% dichiara di mangiarla almeno una volta al giorno). Allo stesso modo, due persone su tre dichiarano di mangiare una porzione di frutta almeno una volta al giorno. I Millenials mostrano un consumo giornaliero più basso (36%), seguiti dalla GenerazioneZ (39%).

Ci si sposta in auto e si fa poca attività fisica

Il quadro cambia sul versante dell’attività fisica. In particolare, due persone su cinque affermano di muoversi a piedi, mentre quasi una su due usa la macchina per spostarsi. Invece, i mezzi pubblici (4%) e la bicicletta (6%) non sembrano essere i mezzi preferiti per gli spostamenti. E tutti gli aspetti positivi inerenti all’alimentazione perdono di significatività quando si arriva a parlare di attività fisica sportiva. Risulta, infatti, che più di due persone su cinque pratichino raramente attività sportiva e solo una su cinque afferma di farla due/tre volte alla settimana.

La consapevolezza sull’alimentazione sana

Si può affermare, quindi, che probabilmente in Italia vi è consapevolezza dell’importanza di un’alimentazione corretta. Si tratta di una consapevolezza proveniente, presumibilmente, dalla nostra storia culinaria e dal nostro rapporto stretto con la cucina, ma che può portare con sé una difficoltà maggiore nell’ammettere di non riuscire a seguire una dieta sana. Di fatto, tra coloro che si dichiarano in sovrappeso, il 50% afferma di non praticare attività sportiva anche se le abitudini alimentari risultano sommariamente equilibrate. Forse, allora, è arrivato il momento di iniziare a portare più al centro dell’attenzione l’importanza che l’attività fisica e sportiva gioca nella nostra salute.

Economia

Classe energetica: le case degli italiani sono efficienti? 

Posted by Valentina Beretta on
Classe energetica: le case degli italiani sono efficienti? 

Casa.it ha analizzato l’offerta di trilocali tra gli 80 e i 100 mq in vendita sul portale a gennaio 2023 e le ricerche effettuate da chi ha utilizzato il filtro relativo alla classe energetica. Nonostante la bozza della direttiva proposta dall’Unione Europea per ridurre l’inquinamento generato dagli edifici preveda che entro il 1° gennaio 2030 gli immobili rientrino nella classe energetica E ed entro il 1° gennaio 2033 in quella D, il 75% degli immobili in vendita in Italia appartiene alle classi energetiche meno efficienti, dalla G alla E, con una preponderanza degli immobili in classe G (55%), e solo il 12% in classe A.

Le più virtuose sono Bologna e Firenze

A livello locale la situazione cambia da città a città, con Bologna che risulta la più virtuosa, dove la percentuale di trilocali appartenenti alle classi meno efficienti è pari al 56% (Classe G 27%) e la maggior quota di trilocali in Classe A (28%). Anche Torino mostra una quota contenuta di trilocali in Classe G (28%), ma il 65% dei trilocali appartiene alle classi dalla G alla E, e solo il 7% è in Classe A.
A Firenze il 71% dei trilocali appartiene alle classi meno efficienti, di cui il 54% è la Classe G, ma la percentuale di quelli in Classe A è il 19%.

A Palermo e Genova i trilocali nelle classi meno efficienti sono quasi la totalità

A Milano il 75% dei trilocali è nelle classi meno efficienti (la G rappresenta il 45% dell’offerta) e solo l’11% dei trilocali in vendita è in classe A. Roma ha una quota molto elevata di trilocali nelle classi meno efficienti (84%) con il 72% in classe G, mentre il 12% dei trilocali in vendita è in classe A.
A Palermo e Genova i trilocali in vendita nelle classi meno efficienti sono quasi la totalità, con il 96% nelle classi G, F, E a Genova, e il 95% a Palermo. A Genova i trilocali in classe A sono soltanto l’1% e a Palermo il 2%.

La differenza di prezzo tra le case in classe A o G è del 68%

Per quanto riguarda i prezzi dei trilocali in vendita tra gli 80 e i 100 mq, riporta Italpress, la differenza tra quelli in classe A e quelli in classe G è molto elevata. A livello nazionale, un trilocale di 80-100 mq in classe A costa mediamente il 68% in più rispetto a un appartamento dello stesso taglio e metratura in classe G.
A Torino e Palermo la differenza di prezzo tra i trilocali in vendita in classe A e quelli in classe G supera il +130%: a Palermo +148% e +134% a Torino. A Milano, poi, dove i prezzi medi dei trilocali sono più alti, la differenza è +38%, a Bologna +25%, a Genova e a Firenze +22% e a Roma +14%.

Acquisti

Il 50% dei consumatori del mondo rimanda i propri acquisti per il caro prezzi

Posted by Valentina Beretta on
Il 50% dei consumatori del mondo rimanda i propri acquisti per il caro prezzi

Il 50% dei consumatori di tutto il mondo è “estremamente” o “molto preoccupato” della propria situazione finanziaria. Tanto da rimandare, o in alcuni casi azzerare, i propri acquisti. A dirlo è il sondaggio 2023 di PwC Global Consumer Insights Pulse Survey, che ha coinvolto 9.180 consumatori in 25 Paesi. La crisi generalizzata, l’inflazione e il costo della vita spingono la maggior parte dei consumatori globali (il 53%) a posticipare gli acquisti di beni non essenziali. Il 15%, addirittura, ha smesso completamente di comprarli. E nei prossimi sei mesi la tendenza al risparmio si manifesterà in modo ancora più evidente.

Come il costo della vita modifica gli acquisti?

A livello globale i consumatori stanno modificando le abitudini d’acquisto online e in negozio a seguito dell’aumento del costo della vita, mentre le carenze di materie prime si ripercuotono sulla disponibilità dei prodotti e sui tempi di consegna. Circa la metà (49%) sostiene quindi di acquistare determinati prodotti quando sono in offerta, il 46% di cercare rivenditori che offrono un valore maggiore, il 40% di utilizzare siti di confronto dei prezzi per trovare alternative più economiche, il 34% di acquistare in stock per risparmiare e il 32% di acquistare prodotti a “marchio del rivenditore” per risparmiare. 

La Generazione X è la più attenta 

A livello demografico, la Generazione X è la “più preoccupata” (47%) e ha rimandato l’acquisto di beni non essenziali, i Baby Boomer sono “preoccupati in una certa misura” (33%) e hanno anche loro rimandato l’acquisto di beni non essenziali, mentre i Millennials sono in cima alla lista e sono “preoccupati” ma senza modificare il proprio comportamento.

I prodotti di lusso i più “rimandati”

Il settore dei prodotti di lusso/fascia alta sarà quello maggiormente interessato dal calo degli acquisti da parte dei consumatori. I cittadini prevedono di ridurre nei prossimi sei mesi gli acquisiti in tutte le categorie al dettaglio oggetto del sondaggio: la maggiore riduzione di spesa è prevista per i prodotti di lusso/fascia alta o i prodotti di design (53%), i viaggi (43%), le attività virtuali online (42%) e il settore della moda come abbigliamento e calzature (41%). Persiste comunque un desiderio di spesa futura, con il 40% che indica che cercherà di fare acquisiti per sé stesso o per altri, mentre il 39% li considera di qualità superiore. Il settore dei generi alimentari (24%) è quello che ha registrato la minore riduzione di spesa prevista.

My Blog

TikTok: quali sono le nuove funzionalità contro chi viola le regole?

Posted by Valentina Beretta on
TikTok: quali sono le nuove funzionalità contro chi viola le regole?

TikTok annuncia nuove funzionalità per intervenire in modo più efficace nei confronti di chi viola ripetutamente le policy, ma anche per favorire una maggiore trasparenza su tutte le decisioni relative all’applicazione delle Linee Guida della Community. Il nuovo aggiornamento nell’applicazione delle policy che disciplinano gli account, consente di intervenire in modo più efficace e mirato nei confronti di chi non rispetta le regole, aiutando a rimuovere con più efficienza e rapidità i profili ritenuti pericolosi. Al tempo stesso, fornisce un quadro più chiaro ai creator che invece seguono le regole, senza penalizzare chi non le rispetta involontariamente.

Account recidivi a rischio rimozione permanente

Secondo le analisi di TikTok quasi il 90% dei creator che viola le regole lo fa utilizzando sempre la stessa funzionalità, e oltre il 75% lo fa ripetutamente nei confronti della stessa categoria di policy. Con il nuovo sistema, ogni volta che un utente pubblica un contenuto in contrasto con una delle Linee Guida della Community l’infrazione viene registrata sul suo account nel momento in cui il contenuto viene rimosso. Quando l’account raggiunge il limite di violazioni stabilito per una determinata funzionalità (come commenti o Live) o policy (come bullismo o molestie), l’account viene rimosso in maniera permanente. Le soglie variano a seconda del potenziale danno che la violazione può causare ai membri della community. Ad esempio, il limite può essere più restrittivo per violazioni della policy come la promozione di ideologie d’odio, e meno ‘pesante’ per la condivisione di spam poco pericoloso, riporta Adnkronos.

Una funzione avviserà i creator quando il video è stato rimosso

Va precisato che il ban non dipende dal numero degli strike, ma ne basta anche uno solo particolarmente grave per essere considerati account a rischio. Le nuove funzioni di TikTok saranno disponibili nella nuova sezione ‘Stato dell’Account’, che dovrebbe essere disponibile entro 90 giorni. Questa però non sarà l’unica novità, in quanto è prevista una funzione che avviserà i creator quando il video è stato rimosso dalla funzione ‘Per te’ e di presentare ricorso nel caso in cui il provvedimento sia immotivato.

Un pubblico sempre più maturo 

Il social nato in Cina nel 2014 con il nome Musical.ly, inizialmente doveva avere finalità educative. I suoi creatori Alex Zhu e Luyu Yang volevano creare un’app in grado di insegnare agli utenti più giovani diverse materie scolastiche attraverso brevi video da 3 a 5 minuti.
Finora TikTok, riferisce PassioneTecnologica, è stato scaricato oltre 3 miliardi di volte, e oggi conta un milione di utenti attivi ogni mese, con un tasso di penetrazione del 5,96%. Per la maggior parte gli utenti appartengono ai nati tra 1997-2012, cioè i cosiddetti GenZ, e una piccola parte i nati tra 1981-1996, i GenY. Ma ultimamente il social sta acquistando utenti anche tra un pubblico più maturo. Nel 2022, in Italia, gli utenti unici mensili sono stati 14,8 milioni di età compresa tra 13 e 55 anni.

Varie

I dipendenti italiani sono pronti a un cambio radicale di carriera

Posted by Valentina Beretta on
I dipendenti italiani sono pronti a un cambio radicale di carriera

Secondo la ricerca Transformations, skills and learning realizzata dal Gruppo Cegos in 7 Paesi, 3 dipendenti italiani su 4 (78%) sarebbero disposti a prendere in considerazione un cambio totale di carriera. Direttori e hr manager sono consapevoli del fenomeno, e si stanno attivando per programmi di retraining, ma solo il 24% li ha già implementati. Del resto, lo sviluppo delle competenze è sempre più vitale per adattarsi alle trasformazioni in atto. In particolare per la trasformazione digitale (61%), quella legata alle nuove modalità di lavoro (52%) e sulla sicurezza informatica (39%).
Sono queste le grandi sfide che per gli hr manager avranno il maggior impatto, tanto che il 37% dei programmi di formazione implementati sono di upskilling (36%).

Reskilling: un possibile rimedio alla difficoltà di trattenere talenti

Oltre all’upskilling si stanno però affermando anche approcci di reskilling per la mobilità interna, da interpretare come possibile rimedio alle crescenti difficoltà nel reclutare e trattenere i talenti.
Inoltre, 9 dipendenti su 10 sono disposti ad autoformarsi, e il 64% avverte lo sviluppo delle competenze una responsabilità condivisa tra azienda e lavoratore (59% hr). Ma solo il 40% dei lavoratori ritiene che l’organizzazione soddisfi le proprie esigenze di formazione ‘just in time’, e per il 42% la risposta arriva troppo tardi rispetto a quando si è manifestato il bisogno formativo.

Bisogni di competenze e offerta di formazione dovrebbero coincidere

Il 55% di responsabili hr ritiene che sia difficile far corrispondere i bisogni di competenze dell’organizzazione con l’offerta di formazione. Per costruire i programmi di formazione gli hr director si basano su quattro driver: ruoli e competenze della propria organizzazione, variazione della business strategy, esigenze individuali e delle linee di business. Inoltre, per il 41% degli hr director sono da migliorare soprattutto le competenze digitali e manageriali (39%), oltre le soft skill. Organizzazione efficiente del lavoro, creatività e senso dell’innovazione sono in cima alle priorità dei dipendenti, mentre agilità e adattamento sono al top per i professionisti hr.
L’apprendimento blended e online, riporta Adnkronos, sono ancora favoriti dai referenti hr. Il 60% ha attivato negli ultimi due anni corsi di formazione online, il 49% corsi blended e il 41% corsi in aula.

Ascoltare i “serial learner” per non perdere competitività

“Di fronte ai cambiamenti in atto e al crescente interesse dei dipendenti nello sviluppo delle proprie competenze, le organizzazioni devono essere in grado di offrire una gamma di opportunità di formazione, mobilità e riqualificazione dinamiche e chiare, e devono renderle anche più visibili internamente per incoraggiare un maggiore coinvolgimento dei dipendenti – commenta Emanuele Castellani, ceo di Cegos Italy & Cegos Apac -. Un’attenzione particolare va riservata ai ‘serial learner’ capaci di influenzare positivamente i colleghi, e che potrebbero rappresentare una grave perdita di competitività se non ascoltati, soprattutto alla luce dell’impennata di dimissioni dell’ultimo anno, spesso legate alla ricerca di condizioni più vicine alle proprie aspettative e valori”.